A distanza di un anno dal bicentenario della morte di Napoleone, 5 maggio 1821,  si sta costituendo sotto la presidenza di Philippe Daverio un comitato nazionale presso il Ministero dei Beni Culturali per celebrare l’anniversario dell’Imperatore dei Francesi.
A formare il Comitato c’è il Consolato francese di Milano, l’Assessorato alla cultura di Milano, la Biblioteca Nazionale Braidense, ma anche il Centro studi residenze reali sabaude.
Lo ho ha denunciato in un articolo l’assessore regionale lombardo alla cultura prof. Stefano Bruno Galli ,storico e docente universitario di chiara fama.
E’ giusto valutare a due secoli di distanza con il più assoluto equilibrio la figura di Napoleone che sicuramente, almeno per la Francia,ha rappresentato una pagina importante di storia.
Anche Manzoni ,scrivendo “Il Cinque Maggio” comprese la grandezza dell’uomo che riuscì a conciliare ” due secoli l’un contro l’altro armati”, lasciando comunque “ai posteri l’ardua sentenza”.
Oggi, a distanza di due secoli, il momento dell’ardua sentenza  è sicuramente arrivato e il giudizio storico per il Corso non può essere positivo almeno per noi italiani.
Se lo si vede sotto un profilo europeo, egli sconquassò l’Europa, imponendo dappertutto l’egemonia francese con la scusa di portare sulle sue bandiere le parole e le idee  della Rivoluzione Francese.
Fu responsabile di guerre con milioni di morti, combattute  soprattutto per un suo personale delirio di onnipotenza. Non ci sono dubbi sulle sue grandi doti di condottiero militare capace di entusiasmare i suoi soldati e inventare  strategie e tattiche militari geniali. Si può anche considerarlo uno statista e un legislatore innovativo che contribuì a rinnovare la vecchia Europa.
Ma non si può dimenticare che il dominio napoleonico, specie in Italia, significò un periodo di furti, violenze e saccheggi senza precedenti.
Egli è il resxponsavile del più grande furto di opere d’arte ,come scrive Galli,avvenuto in Italia e non solo.
Furono saccheggiate Milano, Roma, il Vaticano, Parma, Modena, Napoli e tanti altri centri.
Il giovane Foscolo che acclamò Bonaparte come un un liberatore, si convinse quasi subito, dopo il trattato di Campoformio, che egli era un tiranno.
Torino e il Piemonte vennero annessi alla Francia e subirono le stessa spoliazione di opere d’arte ;il re dovette rifugiarsi in Sardegna fino al 1815 durante tutto il periodo napoleonico. Napoleone fece abbattere le porte e una parte cospicua dei bastioni di Torino,salvando solo la cittadella e Palazzo Madama. Per sue utilità fece costruire il ponte in pietra sul Po davanti a Piazza Vittorio. 
In sintesi si presentò come liberatore d’Italia, ma gli italiani che furono  soprattutto carne da macello per le sue guerre, subirono un regime di stampo giacobino accentratore che peggiorò ulteriormente quando Napoleone divenne imperatore. A partire dal 1796 una parte del popolo italiano si oppose all’invasione francese e diede vita a quelle che vengono definite le insorgenze, quando cominciò la campagna d’Italia napoleonica. Le insorgenze furono numerose in tutta Italia.
Comunque, basterebbe pensare al saccheggio e ai furti di opere d’arte, per esprimere un netto parere contrario alla costituzione di un comitato nazionale per il onoranze del bicentenario napolenico presso il ministero dei Beni Culturali Sicuramente si terranno  delle manifestazioni in Francia, ma non ha senso che l’Italia celebri un uomo che fu un dominatore senza scrupoli che, tra l’altro, come disse Foscolo, vendette Venezia all’Austria.
E fa specie che uno storico dell’arte come Daverio non si sia accorto della vistosa contraddizione rappresentata dalla sua presidenza al Comitato napolenico. In ogni caso con le ristrettezze che ci caratterizzano in questi tempi calamitosi, si tratterebbe di una spesa superflua. Se si vuole fare qualcosa, ricordiamo invece  nel 2021 il bicentenario dei moti  carbonari del 1821, che ebbero protagonista il grande patriota Santorre di Santarosa, ingiustamente dimenticato.