Il male non è mai straordinario ed è sempre umano.
Divide il letto con noi e siede alla nostra tavola.
W.H. Auden

Se è vero che da tempo la Psicologia sostiene che l’amore sia fondamentalmente una spinta sessuale, seppure sublimata, è pur vero che, nonostante le molteplici possibilità di soddisfacimento in tal senso, l’uomo mostra ancora ed imperitura la nostalgia per questo sentimento. Allora, val la pena riproporsi l’antica domanda: cosa è l’amore?
Platone in questo senso aveva le idee chiare: l’amore era univoco, uno amava l’altro, che, a sua volta, si faceva amare. A volte poteva esserci un amore biunivoco, che Platone spiegava ricorrendo alla teoria del flusso che intercorre tra gli occhi: tra due persone poteva venirsi a creare una situazione di “specchio” e di riflesso: l’amato vede negli occhi di chi lo ama se stesso, vedendo riflessa la propria bellezza.
Ricordo i versi di Dante: “Amor,ch’ a nullo amato amar perdona…”: chi è amato non può che innamorarsi di chi lo ama, perché, in qualche modo si innamora del sentimento stesso dell’amore.
Platone ci parla dell’ “Eros”, che indica l’amore passionale ed irrazionale, mentre l’ “Agapè” è l’amore puro.
Ma nel “Fedro” egli tratta di amore e retorica. Socrate in campagna si imbatte in Fedro, un suo discepolo che ama i bei discorsi a tal punto da trascriverli tutti. I due si siedono sotto un platano e Fedro mostra a Socrate un’orazione di Lisia, riguardante l’amore a carattere “sofistico”, che cerca di dimostrare cose paradossali ed assurde, come, ad esempio, sia meglio concedersi a chi non ama. Lisia parte dal presupposto che l’amore sia una “follia” e che concedersi a chi ama è una stoltezza: si avrebbe un amore troppo complesso, che, se mai si rompesse nel suo incanto, farebbe soffrire terribilmente l’innamorato-amante. Con una persona non amata è chiaro che ci si comporterebbe in modo del tutto diverso, pensando anzitutto alla nostra felicità piuttosto che a quella dell’amato non amato. Ma il “demone” ammonisce Socrate facendogli capire che sta sbagliando: l’amore è una follia ma, a differenza di Lisia, per lui è positiva: le follie possono essere dannose e negative, ma anche positive e benigne.
Nel “Simposio”, Socrate si sta dirigendo verso la casa di Agatone quando incontra un amico, con cui continua il cammino e, quando sono ormai arrivati, si comincia a riflettere sull’amore: c’è chi dice che Eros è la divinità più giovane e più bella, chi dice che è la più vecchia in quanto forza generatrice di tutto, chi sostiene che sia una forza cosmica che domina la natura, chi suggerisce che sia un tentativo da parte di tutti gli enti finiti di rendersi eterni procreando, c’è chi pensa che sia la divinità più valorosa in quanto riesce a dominare perfino la guerra ( Ares, il dio della guerra, si sarebbe innamorato di Afrodite).
Aristofane narra un mito secondo il quale gli uomini un tempo erano tondi, sferici e doppi e si sentivano così forti e perfetti che peccarono di tracotanza e gli dei per punirli li tagliarono a metà e per ricucirli fecero loro un nodo (l’ombelico) sulla schiena. Quindi lo posizionarono sulla pancia perchè si ricordassero di quanto era successo e sentissero il bisogno di ritrovare l’altra metà, cercandola disperatamente. Quando la trovavano si attaccavano e non si staccavano più neanche per mangiare, finendo addirittura per morire di fame: gli dei crearono l’atto sessuale che consentiva di trovare un appagamento da questa unione. Ciascuno di noi è un umano tagliato a metà. La brama di interezza è l’amore.
Questo mito ci spiega, tra l’altro, il tentativo che l’uomo fa, con l’atto sessuale, di ritornare alla situazione originaria e primordiale, quella dell’unione, o meglio, dell’unicità dell’essere: nel mondo greco la forma sferica era sempre stata vista come una unità originaria perfetta.
Eros, nella sua unicità, riveste una posizione di semi-divinità intermedia: non è un dio, ma neppure un mortale: nasce e muore di continuo; è una metafora con cui si vuole dimostrare che non si può mai possedere totalmente l’amore; l’ amore è metafora della filosofia perchè l’uomo non possiede il sapere,ma si sforza per ottenerlo. Può riuscire ad avvicinarvisi,ma non si tratta di una conquista definitiva: il pieno sapere è irraggiungibile.
A differenza dell’amore eterosessuale, inoltre, di livello più basso in quanto volto al piacere fisico e alla procreazione materiale, quello omosessuale era considerato di più alto livello in quanto volto alla procreazione spirituale: vengono fecondate le anime per procreare nuove idee ed in questo senso Socrate diceva di fare lo stesso lavoro della madre ostetrica: lei faceva partorire le donne, lui le idee.
Platone invece sostiene che ci sia una vera e propria fecondazione delle anime: la ricerca dell’amore combacia con quella della filosofia ed anche nel contesto dell’entusiasmo erotico non è possibile mettere in discussione la natura dinamica inconscia delle emozioni, delle pulsioni sessuali, dei bisogni e delle tendenze che
sono alla base delle umane attrazioni, delle aspirazioni e dei moti dell’animo. Dunque, non si può dire che l’amore “non è altro che…”
E’ per questo che Diane Ackerman chiama l’amore “il grande indefinibile”: tutti sanno cosa è ma nessuno lo sa definire (Ackermann D., Amare, La genesi di un sentimento. Frassinelli, Milano, 1998).
“Se tu non sei l’amore, l’amore non esiste”, scrive Massimo Bisotti e “Se non è amore, dimmelo tu cos’è”, canta con molta più leggerezza Toto Cutugno.
Per definizione l’Amore è forte, ma non effimero, non si nutre solo di sesso, il sesso (o drive) ne costituisce solo una parte, seppure importante, ma include anche protezione e preoccupazione, sollecita comprensione e cura. In questo senso l’incontro con l’altro può essere, e spesso è, una fatalità, ma l’amore in sé è una scelta.
Scrive Bell Hooks che “la passione sessuale reciproca può essere un forte elemento di coesione, ma non è il banco di prova dell’amore” (Hooks B., Tutto sull’amore, Nuove visioni. Feltrinelli, Milano 2000)
Forse è per questa essenza ambigua dell’Eros che la Psicoanalisi ha ritenuto che l’amore evolva dai bisogni libidici e sostiene che esso non sia altro che il grande istinto “sesso”. Ma coloro tra noi che sono nati da un inizio psicoanalitico, e sono passati anche attraverso studi antropologici e biologici, possono dire che l’amore è sesso, è passione, ma che è anche scambio di molecole chimiche, non tutte intercambiabili tra tutti, e che essenzialmente è sempre mutualità, interesse, è prendersi cura, è reciprocità, è co-appartenenza, è dialogo, relazione, intimità.
Ove manchi un alter-ego, ossia un oggetto di relazione dialettica, nel senso di oggetto d’amore, la pulsione sessuale, per quanto intensa, non può transitare nell’amore: e questo lo dimostrano le miriadi di relazioni sessuali che possiamo vivere ma come in modo autistico, privo di dialettica e privo di quella componente narcisistica che è amore autentico per se stessi e non solo amore di sé.
Quando, invece, ci si innamori e quando l’innamoramento divenga amore ( e questo accade senza sostanziali differenze tra l’età giovanile e quella più adulta), allora troviamo due individui che si affrontano e si confrontano con attese e speranze, con tensioni ed inquietudini, che vanno ben al di là della sfera sessuale, che coinvolgono risposte più propriamente “erotiche”, emotive e spirituali di natura molto complessa, personali (come “Le Affinità elettive” di W. Goethe), e socio-culturali, risposte che sono profondamente legate alla realtà dell’altro, percepito come persona irripetibile (ecco perché alter-ego, per l’appunto). Mentre il sesso è possibile esercitarlo con molti ed è anche possibile nell’anonimato, l’ “Io ti amo” è possibile solo con uno, sottintende quel nome, la Deinheit – la tuità di Ludwig Binswanger (Benvenuto S., Binswanger e la Fenomenologia in www.psychomedia.it) ed esclude gli altri, ogni altro. Ed è in questo senso che l’atto sessuale assume un nuovo aspetto, quello meta-sessuale, e diviene simbolo, il simbolo più eloquente di due esseri che si trovano e che confluiscono in un comune progetto di vita, all’insegna del “noi”, in un denso scambio empatico.
Nell’amore l’atto sessuale esce dall’impersonale, si serve del meccanismo-coito, ma non si esaurisce in esso, divenendo l’atto più intimo dello scegliersi, del vicendevole darsi ed accettarsi, del tentativo di superare l’angoscia di separazione tramite quel continuo ritrovare l’altro e ritrovarsi nell’altro.
Qui il dilemma sartriano del possedere o essere posseduto perde il suo significato conflittuale.
Agostino parla molto dell’Amore, sostenendo che abbiamo a che fare con l’amore assoluto: Dio ci ha amati per primo e questo ci spinge verso di Lui, verso l’assoluto. l’amore di Dio per noi ci costituisce come “desiderantes”. Compito del cristiano è esercitarsi nel desiderio, l’anima deve essere sempre più vuota del mondo, per essere riempita da Dio. Noi acquisiamo solo donando amore ed è l’amore la strada per diventare noi stessi, per condurci nel nostro luogo naturale dove poter stare. L’amore tra gli uomini è, allora, anche testimonianza dell’amore di Dio. L’amore consente un “reinitium”. Non è “cupiditas”, “ libido dominantis”, non è caratterizzato dalla paura di perdere, dal desiderio di avere.
L’amore di Feuerbach, il fondatore dell’ateismo dell’Ottocento, postula che l’uomo sia un essere sensibile, cioè proteso al sentire per eccellenza. L’amore, quindi, fonda l’essere.
Allora mi domando se questi caratteri possano essere propri anche dell’ “amore malato”. Potrei rispondere spontaneamente “sì”, se cambiati di segno. L’amore malato è un amore che vuole dominare la vita dell’altro, anch’esso ha a che fare con la mancanza, ma l’altro è il dominato, è un territorio che appartiene che viene posseduto in un imperialismo, non è “altro da sé”. In ogni coppia c’è rispetto per l’ “alterità” in una relazione intersoggettiva di stampo psicoanalitico e di heideggeriana memoria. Anche se uno dei due membri traina l’altro, comunque, il rapporto rimane alla pari, non c’è chi domina e chi viene dominato, in un vero e proprio delirio di potenza sia per chi lo esercita sia per chi lo subisce. L’amore è “abbandonarsi all’altro”, dall’etimo francese “abandoner”, “a bandon”, alla mercé dell’altro, essere esposti a qualcuno che, in fondo, è a noi sconosciuto. L’amore malato è ossessione, dal latino “obsessio”, assedio, entrambi i membri della relazione sono ossessionati ed assediati. L’amore sano, invece, non può essere possesso.
“L’amore aiuta a vivere, a durare, l’amore annulla e dà principio” (Luzi M. da: Poesie d’amore, Milano, BUR, 2001).
Secondo lo psicoanalista Massimo Recalcati (Recalcati M., La perversione come cifra del nostro tempo, www.youtube.it), l’amore umano di per sé è malato, con la sua gelosia, l’angoscia di essere sostituiti, la perdita del confine, lo smarrimento. Ma tutto questo fa parte solo del regno umano, non di quello animale.
Fa scandalo che si oltraggi e si uccida per amore non per odio.
L’amore è l’espressione dell’oltrepassare un limite, è ritrovarsi, ma anche perdersi, non è una esperienza di padronanza, di controllo.
Siamo messi in moto da qualcosa, per Freud dalla “Befriedigung”, la soddisfazione. Amore come rottura di un equilibrio, fino al disorientamento, allo smarrimento.
L’amore è una esperienza che ci fa tracimare, oltrepassare, sbandare. Questo è un aspetto strutturale dell’amore o è amore malato?
Saremmo ben lontani dal concetto di Amore, così come concepito da Sternberg nel suo triangolo equilatero, un equilibrio tra Drive (sessualità), Committement ( razionalità) ed Intimacy ( intimità) ( Cociglio G. (prima ristampa 2009) a cura di, Il Manuale del Consulente sessuale, Franco Angeli, Milano).
Nulla di “equilibrato”, qui, ma l’impossibilità per una coppia di reggersi sulle proprie basi, intercambiabilmente.
Dunque, Amore come Passione? Ma Passione viene dal latino patior, soffrire, allora Amare è cercare la sofferenza? Amare l’Amore più che l’oggetto dell’Amore. Oppure l’Amore è quello che ci viene propagandato, mercificato dai mass media, svalutato e sminuito nella sua più intima essenza, come fosse oggetto di scambio o merce acquistabile?
L’amore “intersoggettivo non può avere strategie: si dona essendo semplicemente se stesso. L’amore “dipendente” è tutta una strategia.