La psicoterapeuta Almut Schmale-Riedel ci spiega perché esplode e come sfruttare il suo potenziale nascosto.

Normalmente, per cultura e per fama, la rabbia non gode di buona considerazione e viene valutata in maniera negativa come una emozione sgradevole di cui avere timore. Probabilmente in un contesto sociale in cui si aspira all’ armonia e all’equilibrio vicini alla perfezione  e dove prolificano, giustamente, attività e pratiche per ritrovarli  come lo yoga, la mindfulness, la meditazione e affini, di cui abbiamo parlato anche tra le pagine virtuali di questo giornale, riconoscere  gli aspetti positivi della rabbia o dell’ira non è semplice e soprattutto non è immediato. Sì, la rabbia nelle sue espressioni funzionali, quindi nei casi in cui  non arrechi danni a se stessi e alla comunità, in piena consapevolezza delle motivazioni e del perché si manifesta può avere una connotazione e un valore positivi. Reprimerla, creando un carico emotivo pericoloso, o farla esplodere in maniera irrefrenabile, non sono modalità sane e adeguate per sfruttarne appieno le facoltà; comprenderla ed accoglierla invece è il primo passo da compiere per canalizzarla nella maniera corretta superando così  anche la comune e limitante credenza  che la considera  il più delle volte con un tratto distintivo negativo, soprattutto per il mondo femminile a cui, sempre secondo tradizioni sociali e culturali, non si addice affatto. Ne La Rabbia delle Donne, edito da Feltrinelli, la psicoterapeuta e coach Almut Schmale-Riedel ci racconta con una analisi approfondita e chiarificatrice come la rabbia e l’irritazione, nelle sue forme più mitigate e consapevoli, possono aiutarci a fissare limiti ben definiti e ci insegna soprattutto che l’insorgere di queste emozioni è il probabile sintomo di bisogni importanti che non ricevono una attenzione adeguata, inascoltate e ignorate quindi almeno in parte. Il libro è un viaggio alla scoperta di quelle emozioni e sensazioni pertanto che affiorando costituiscono una spia utile a rintracciare le nostre vere necessità, una bussola, come dice l’autrice, determinante per individuare i valori insiti nella nostra personalità e nella nostra identità. Dalla terminologia, alle spiegazioni neurobiologiche dell’elaborazioni delle emozioni, ai modelli di rabbia femminile per concludere con i suggerimenti per farne una risorsa, l’autrice con un linguaggio comprensibile e chiaro, ci aiuta a legittimare la nostra “buona” collera, a farne un alleato e, altrettanto importante, ci conduce in un percorso di legittimazione che ambisce ad eliminare tutti i spiacevoli sensi di colpa legati a giudizi ed affermazioni che oramai dovrebbero essere superati. Nell’ultima parte,  in una lettera aperta agli uomini, l’autrice esorta gli stessi a prendere più sul serio la rabbia delle donne, a non sottovalutarne gli effetti e a darle più attenzione con l’ambizioso obiettivo   di  addolcire i conflitti e creare un confronto più aperto e costruttivo. Ascoltare e comprendere le nostre emozioni dunque, anche quelle che ci fanno più paura, costituisce un atteggiamento positivo e proficuo , un metodo per non subirle passivamente, un orientamento favorevole per utilizzarle al meglio.