“Strana bottega d’antiquario, antro oscuro, bottega dei miracoli, studio d’artista. Tanti nomi per un luogo unico. A Mario Cerne, anima della libreria antica e moderna di Umberto Saba nel centenario dell’apertura”. E’ il messaggio, inciso nella targa ufficiale del Comune di Trieste che venne consegnata nel 2019 in occasione del centenario della celebre libreria antiquaria. Volendo essere precisi la libreria iniziò la sua attività nel cuore di Trieste, al numero 30 di via San Nicolò, già nel lontano 1904, agli albori del “secolo breve”, riportando sull’insegna il nome del libraio-editore Giuseppe Mayländer. Quindici anni più tardi venne rilevata dal poeta Umberto Saba che ne fece uno dei più importanti luoghi d’incontro gli intellettuali triestini. In quei locali, tra scaffali gonfi di libri e antiche carte, Saba s’incontrava con gli scrittori della “città dei venti” come Italo Svevo, Giani Stuparich, Virgilio Giotti e altri grandi della letteratura come Carlo Levi e Giovanni Comisso. Fu così che quella “strana bottega d’antiquario che s’apre, a Trieste, in una via secreta dove d’antiche legature in oro variol’occhio per gli scaffali errante allieta” , come la definì lo stesso Saba nel suo Canzoniere, entrò a far parte della storia letteraria della città dalla “scontrosa grazia”. Un luogo magico per chi ama i libri e la storia. Varcarne la soglia e incontrare Mario Cerne, il figlio di Carletto, storico socio di Umberto Saba dal quale ereditò la Libreria alla morte del poeta nel 1957,ascoltarne i racconti e perdersi tra i libri è un’emozione straordinaria, intensa. La libreria oggi raccoglie un patrimonio importante, offrendo un’ampia scelta di libri antichi e rari, stampe e carte geografiche. La storia della Libreria Antiquaria Umberto Saba, il suo cammino “atipico, complesso e complicato, ma a suo modo estremamente affascinante” è stato raccontato in un libro curato da Elena Bizjak Vinci e Stelio Vinci. Dall’arrivo a Trieste del croato Mayländer che intraprese l’attività di libraio, acquistando la sezione antiquaria della libreria Quidde fino al trasferimento al pianoterra dello stabile in via San Nicolò e alla successiva cessione a Umberto Saba ( pseudonimo di Umberto Poli), le vicende di quello che il poeta descrisse come “l’antro oscuro” si affiancano alla complessa storia di questa città mitteleuropea sempre contesa dopo la caduta dell’Impero asburgico. Tra le pareti della libreria e l’andirivieni degli “strani clienti” (Saba definiva così i frequentatori dell’Antiquaria), le chiacchiere  o ancor meglio ciacole, le ricerche di volumi e documenti, prese forma buona parte della vita intellettuale triestina. Da Mayländer al signor Stock ( imparentato con il fondatore della nota ditta di liquori che Saba accettò come socio al cinquanta per cento all’inizio degli anni ’30) fino al “commesso” Carlo Cerne, che riuscì a gestire con talento e oculatezza la libreria, l’originalissima mescolanza di persone e storie ne ha fatto ben più di una casa dei libri in direzione della quale sembra incamminarsi la statua del poeta, opera dello scultore Nino Spagnoli, collocata poco distante dalla porta a vetri dell’entrata. Tra libri antichi, vecchie storie e arguti aneddoti ascoltati dalla viva voce di Mario Cerne, concedendosi una “babada” ( una chiacchierata in triestino) c’è davvero da perdere la testa dal tanto ben di Dio che circonda il visitatore. Qualora esistesse un paradiso per i bibliofili, questa antica libreria ne rappresenta senz’altro un primo assaggio. Tra i volumi sparsi su un tavolo si ammira anche la vecchia macchina da scrivere Olivetti usata da Saba e avuta in prestito ( e successivamente donatagli) da Alberto Mondadori nel ’46. Non ci si può esimere dall’acquistare la poesia “Trieste”, testimonianza letteraria dell’inscindibile legame tra il poeta e la città sospesa tra il mare e l’asprezza delle colline del Carso. Scritta tra il 1910 e il 1912, tradotta in una moltitudine di lingue, Trieste rappresenta la quintessenza di questa città giuliana dalla triplice anima italiana, slovena e mitteleuropea. E’ il giusto modo per concludere una visita alla libreria di Saba, nutrendosi l’anima con questi versi che raccontano piazze e vie, le rive e il mare dove soffia la bora e “s’infrange l’ultima onda del Mediterraneo”. Il testo, accompagnato da bellissime foto storiche, aiuta a comprendere come Trieste fu per Saba una specie di “ombelico del mondo”, un luogo ferito “ da intensi squarci di cielo” e segnato da “fenditure di mare”. Scrisse tempo fa su Il Piccolo, lo storico quotidiano triestino fondato nel 1881, il responsabile delle pagine culturali Alessandro Mezzena Lona: “Dall’inglese al russo, dallo sloveno al portoghese, dall’olandese al croato, al cinese, al giapponese, senza dimenticare la lingua madre dell’autore, cioè il triestino, questo libro diventa monumento indistruttibile alla Trieste di Saba. Dove ancora si respira quell’aria strana e tormentosa che lo ha nutrito e inquietato per tutta la vita. L’aria di un luogo dell’anima, dove il dolore si lascia illuminare da una scontrosa grazia”. Un atto d’amore per questa città che, come scriveva Saba, “se piace, è come un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore; come un amore con gelosia”.