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Papa Francesco ha revocato con il Motu Proprio “Traditionis costodes” le concessioni dei suoi due predecessori relative ad una certa “liberalizzazione“ della celebrazione della Messa in Latino secondo il Messale del 1962, precedente al Concilio Vaticano II. Tra le principali novità – scrive” Avvenire”, voce della CEI- viene affermato il ruolo esclusivo del vescovo nell’autorizzare l’uso del Messale precedente alla riforma liturgica voluta da Paolo VI. Il Pontefice è preoccupato che vere e proprie comunità di credenti vedano nella Messa in latino una forma di contestazione non solo del Concilio ma addirittura della stessa autorità del Papa attuale, sollevando la questione della sua illegittimità. Esistono infatti sacerdoti e credenti che ritengono che l’unico vero Papa sia Benedetto XVI. Si tratta di posizioni estreme volte a sconvolgere l’intera Chiesa in nome di un tradizionalismo che va persino oltre quello di mons. Lefebre che fu promotore di un piccolo scisma contro il Concilio e la nuova liturgia che non si limitava a tradurre nelle diverse lingue il Messale ma cambiava anche radicalmente la Messa, partendo dall’altare dal quale essa veniva celebrata. Ci fu chi disse che la nuova liturgia ribaltava una visione teocentrica (con il sacerdote che dava le spalle ai fedeli e restava rivolto verso l’altare) in una visione antropocentrica in cui l’assemblea dei fedeli era coprotagonista del rito. Un modo si disse per riavviare un dialogo verso il mondo protestante. Non ho la cultura sufficiente in materia liturgica per dare dei giudizi ma ricordo di aver vissuto da studente liceale tutta la vicenda. La Messa di Pio V e del Concilio di Trento fu archiviata come un’eredità della Controriforma che, quando frequentavo il liceo alcuni miei professori definivano la Riforma , disconoscendo quella di Martin Lutero. Quella Messa era storicamente anche il punto di arrivo di una storia che partiva dalle prime comunità cristiane che vedevano in Pietro il fondatore della Chiesa romana. L’ebraico, il latino e il greco erano riferimenti non solo culturali e linguistici. Per tanti anni sono andato alla novena di Natale nella chiesa di San Lorenzo di Torino dove fino ad un anno fa si faceva uso della lingua e dei canti in latino. Incontravo anche tante persone che erano lontane dalle pratiche religiose ma erano affascinate dalla tradizione. La Chiesa cattolica romana preferì abbandonare o almeno ridimensionare la tradizione .La lingua latina venne considerata superata .Quasi contemporaneamente in Italia incominciò lo smantellamento dello studio del latino, diventato il “latinorum“ di Renzo nei “Promessi sposi“ e non la lingua della Chiesa tramandata dalle sue origini. Forse la via obbligata della Chiesa era quella di aprirsi al presente e al futuro, guardando al terzo e al quarto mondo. La questione sociale affrontata nell’800 dal riformismo di Leone XIII divenne una questione centrale e l’attuale Papa, anche per le sue origini, appare assai concentrato sui temi sociali, sulla povertà evangelica, sulle disuguaglianze sociali. Questa stretta molto ferma sulla possibilità di celebrare la Messa di Pio V ha sicuramente delle ragioni che vanno oltre la sua celebrazione che alcuni hanno utilizzato come una clava contro l’attuale Pontefice, che ha risposto in modo duro e anche comprensibile, mettendo sotto il controllo dei vescovi la possibilità di celebrare la Messa precedente al Concilio. Se devo essere sincero , la Messa voluta da Paolo VI non mi ha mai entusiasmato, mentre ho sentito rimpianto per la vecchia Messa che ragazzino andavo a servire, come si usava in quell’epoca. Ricordo le solenni Messe cantate nelle grandi festività che davano il senso della festa religiosa. Mi rendo conto che il latino è ormai un patrimonio culturale di pochi. In un articolo recente ho fatto una facile citazione di Cicerone senza tradurla e subito due lettori mi hanno scritto che dovevo tradurla. Solo più tra una esigua minoranza si citano sentenze latine che erano quasi di uso comune o comunque allargato. Oggi l’inglese spadroneggia e si usano parole inglesi senza necessità, forse per dimostrare la conoscenza di una lingua che spesso non c’è. Ma ,se andiamo avanti così , prepariamoci ad imparare il cinese. Io non mi preoccupo di questa evenienza perché sembra che ci vogliano vent’anni per impararlo. Mi accontento del mio latino, dei miei classici antichi a cui non rinuncerei per tutto l’oro del mondo. Una pagina di Tacito e Seneca o i versi di Catullo e di Virgilio mi appagano la mente. Il conte Nicolò Carandini passò gli ultimi anni della sua vita a tradurre le “Lettere a Lucilio” di Seneca, un otium letterario oggi impensabile. Da laico credente vorrei osare di chiedere al Papa di trattare da cattolici adulti quelli che amano la Messa che profuma di antico e che di per se ‘ non può procurare danni a nessuno. Capisco che i nostalgici siano considerati dei reazionari . Io che non mi sento affatto un reazionario , ma un liberale sento il valore di una tradizione che viene da lontano . Vivere immersi nel presente a volte è cosa miserevole specie in tempi di nichilismo più o meno totale. Mi sarà consentito di riprendere in mano il Messalino di quando andavo a scuola e che ho conservato ed a volte riprendo in mano? Mi sarà consentito di rileggere i miei classici latini? Quelli greci non sono più in grado perché ho dimenticato la lingua di Omero e dei grandi tragici. Io preferirò sempre una pagina di Seneca o di Agostino ad una pagina di Vattimo. Sopporto il bancario che infilza nel suo eloquio parole inglesi orecchiate. Ma lasciatemi libero di seguire una Messa in Latino. Il Papa metta in riga i preti dissenzienti , ma non privi praticanti e non praticanti di seguire una Messa nell’antico rito. Stamattina ho sentito sul pc una predica in cui si sosteneva che il vero cristiano deve essere eretico, ricuperando il suo significato etimologico. Un mio grande amico della mia giovinezza don Alberto Prunas Tola diceva alla fine degli Anni 60 che la Chiesa doveva avere la sua guida nel Papa, pur essendo uomo apertissimo al confronto delle idee. Credo che avesse ragione. Allora veniva confuso il comunismo con il Cristianesimo. Oggi in una società scristianizzata e profana in cui gli stessi valori laici di tolleranza sono stati cancellati da un relativismo etico senza confini, la Messa di Pio V non può nuocere a nessuno. Capisco le ragioni del Papa, ma vorrei che venisse compreso anche chi non giudica il mondo come una tabula rasa ma come un insieme di radici profonde che costituiscono quella civiltà“ laica o non laica che sia“, come diceva Croce, a cui non mi sento di rinunciare. Sarebbe bello che anche i laici affrontassero questi temi senza pregiudizi. Il laico è colui, mi disse una volta Bobbio, che rifiuta i pregiudizi.