Queste mie riflessioni nascono, in parte, dall’analisi che fa Umberto Galimberti del ‘disagio giovanile nell’età del nichilismo’, ed in parte dall’osservazione degli scenari contemporanei. Ai giovani, oggi, manca spesso uno scopo, si trovano a vivere in un mondo adulto che spesso non sa rispondere alle loro domande. E non rispondere alle domande, seppure fornendo una risposta che potrebbe essere non del tutto corretta, ma comunque la migliore che si ritenga possibile dare in quel momento, insomma pur sempre una risposta ad una richiesta, è una mancanza. Non rispondere alimenta incertezze e l’incertezza alimenta ulteriori dubbi. Una società giovanile, quella odierna, che è fondata su relazioni interpersonali vuote di contenuto o, meglio, prive del significato che noi adulti daremmo ad una relazione, nate spesso tramite chat su internet, espresse non con l’affettività di un abbraccio ma con le emoticons del cellulare, ed anche di dubbia interpretazione. Questo mondo in generale è diventato il mondo della fluidità di Z. Bauman, un mondo che ha un contenuto liquido libero di disperdersi da tutte le parti, perchè privo di un contenitore. I giovani oggi fanno fatica a relazionarsi tra di loro nel senso tradizionale del termine, fanno fatica ad instaurare relazioni vis a vis, acquisiscono presto, forse, con il timore del confronto diretto ed un telefonino perennemente tra le mani da utilizzare per la chat con gli amici, li fa sentire vicini, anche se lontani, perchè chiusi nel loro mondo interiore e quindi protetti. Paradossalmente i ragazzi chattano anche seduti allo stesso tavolo della pizzeria, quando, invece, potrebbero parlare. Cosa succederà dopo il distanziamento sociale imposto in questo tempo ‘ virale’? A qualcuno, si vede già, è andato ‘ stretto’ rimanere a casa, perchè era abituato ad uscire spesso, ad altri non è pesato affatto e si sono apparentemente adattati benissimo alle nuove condizioni, mantenendo i rapporti con gli amici tramite chat o videochiamate esattamente come prima e i rapporti con gli insegnanti tramite le videolezioni scolastiche. Ma dopo, cosa accadrà? Il distanziamento ora imposto li avrà legittimati ad un distanziamento futuro, anche quando sarà possibile riabbracciarsi? Continuerà anche in loro la diffidenza che, per altri versi, caratterizza una parte del mondo adulto, laddove chi osa avvicinarsi poco più di un metro viene visto come potenziale nemico perchè possibile fonte di contagio? La diffidenza giovanile, ovviamente, ha ben altre origini: non è la paura del contagio, per alcuni giovani, quelli che alla chiusura delle scuole si riunivano comunque in grossi gruppi tutti accalcati tra di loro, è la paura della relazione a spaventarli. E’ l’incertezza sul futuro: precarietà nel lavoro, che, purtroppo, è possibile diventi ancora più precario, contratti a tempo determinato che non saranno rinnovati, amori ed amicizie che non avranno retto alla distanza, rapporti tra fratelli e sorelle che, al contrario, costretti a vivere nella stessa casa, saranno ‘esplosi’. Insomma, si vedrà con il tempo se quelle mappe cognitive ed emotive di freudiana memoria, che si formano ai primi anni di vita e che in qualcuno non sono sufficientemente stabili, risulteranno compromesse. Ma non dimentichiamo che i giovani hanno mille risorse ed è in queste che noi adulti dobbiamo confidare.
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