Parafrasando il famoso giudizio di Fantozzi sul film La corazzata Potemkin: «Questa riforma è una cagata pazzesca!».

I problemi del sistema istituzionale/politico italiano sono noti, a cominciare dalla scarsa governabilità e ne ho parlato più volte, si veda Legge elettorale e situazione politica.

Adesso il problema si sposta dalla semplice questione elettorale (legge ordinaria) ad un revisione generale delle istituzioni, per iniziativa del governo in carica. Cerchiamo quindi di analizzarla a fondo.

Si propone l’elezione diretta del premier (chiamarlo Capo del Governo è già di per sé una strizzatina d’occhio al fascismo) a turno unico, con premio di maggioranza dei parlamentari al 55%, ma anche di più come dichiarato da Casellati in conferenza stampa; con votazione su un’unica scheda. Sarebbe una condizione unica al mondo, diversa sia dal presidenzialismo americano in cui il capo di stato e premier coincidono, sia dal semipresidenzialismo francese in cui si elegge il capo di stato, ma il premier è altra persona.

Al che si potrebbe pensare che le brillanti menti abbiano a lungo studiato ed elucubrato, prima di giungere a questa soluzione innovativa… niente affatto! La proposta è il mero scopiazzamento delle norme che eleggono i sindaci dei piccoli comuni (con meno di 15.000 abitanti). Si sostiene che se da trent’anni funziona, in effetti le continue crisi di giunta tipiche della Prima Repubblica sono un lontano ricordo, possa andar bene anche a livello nazionale.

Prima obiezione: l’elezione diretta ha sempre un problema di rappresentatività. Se dieci candidati ottengono il 9% ed uno il 10%, quest’ultimo vince ma non rappresenta affatto la maggioranza dell’elettorato! Tant’è che nei comuni maggiori si è optato per il doppio turno (con ballottaggio dei primi due), in modo tale che chi vince abbia una maggioranza, se non di sostenitori convinti, almeno di elettori che si sono turati il naso (come diceva Montanelli) ed hanno scelto quello che per loro è il meno peggio. Non si può eleggere una carica monocratica così importante a turno unico, se non con una maggioranza qualificata (vedi Presidente della Repubblica). Faccio notare che il Presidente USA non è eletto direttamente dagli americani, ma indirettamente dai grandi elettori e che i francesi hanno il doppio turno.

Seconda, determinante, obiezione: il premio di maggioranza è di fatto una riproposizione della legge Acerbo (21 luglio 1923) che spianò la strada al fascismo (due terzi dei parlamentari assegnati alla lista vincente), ben più generosa della legge truffa voluta da De Gasperi nel 1953 che assegnava il premio alla lista che avesse di per sé avuto il 50% dei voti. Non solo, il fatto che la lista sia collegata al candidato premier porterà ad un parlamento di nominati e non di eletti dai cittadini. I rischi di deriva autoritaria (al regime si perviene per degenerazione, non per scelta, si veda Perché non possiamo non dirci antifascisti) sono evidenti, ma c’è di peggio: collegare il premier, quindi il governo, al parlamento con un unico voto, su unica scheda, unitamente al premio, significa di fatto fondere il potere esecutivo con quello legislativo violando il principio basilare della separazione dei poteri!

Locke e Montesquieu si stanno rivoltando nelle rispettive tombe!

Che Casellati non capisca, o finga di non capire, che il parlamento esercita il potere legislativo ed è ben diverso dal consiglio comunale di un paesino, è vergognoso. Solo per questo dovrebbe considerare l’idea di dimettersi e tornarsene a casa. Fece bene Berlusconi a bruciare la sua corsa al Quirinale (vedi 2022: La rielezione di Mattarella). Se penso che tempo addietro si era vociferato di conferirle il Premio Pannunzio, mi tremano le vene ai polsi!

Negli Stati Uniti non solo l’elezione dei rappresentanti è disgiunta rispetto a quella del presidente, sia nel voto sia nei tempi (dura due anni e si rinnova con le elezioni di midterm), ma la separazione dei poteri è garantita perché il presidente può inviare l’esercito a spianare un paese, ma non può firmare un decreto: il potere legislativo è esclusivo del Congresso. In Italia, invece, la principale attività del Parlamento è discutere e approvare i decreti del governo. Anche in Francia le elezioni della Camera sono ben distinte da quelle del presidente.

Si sostiene poi che il premier, così eletto, risponderà agli elettori del contratto che ha stipulato con loro. Ah sì? Nel bilanciamento dei poteri, quale istituzione si accolla l’onere di verificare se sta effettivamente dando seguito a tutte le panzane che ha sparato in campagna elettorale? Dopo che il Presidente della Repubblica è stato relegato ad umile notaio, rimane forse Babbo Natale? Come diceva Totò … ma mi faccia il piacere!

Il vantaggio sarebbe quello di evitare giochi di palazzo e governi tecnici che non hanno avuto l’approvazione dei cittadini, oltre ad aumentare la vita media dei governi che si attesta sui 14 mesi. Nota bene: le 18 legislature della Repubblica Italia sono durate mediamente 4,12 anni con 3,56 governi ciascuna. Poiché non mi risultano colpi di stato, tutti, tecnici inclusi, hanno avuto la fiducia delle camere. Questo significa che, ogni qual volta si è conclusa l’esperienza della maggioranza uscita dalle urne, invece di andare alle elezioni anticipate, gli onorevoli hanno preferito tenersi stretti privilegi, poltrone e vitalizi tirando a campare, invece di dare la tanto decantata parola agli elettori. La responsabilità è della classe politica, non della Costituzione. Diciamo anche che ha fatto comodo a molti nascondersi sotto l’ombrello di Dini, Ciampi, Monti e Draghi cui sono state delegate (relegate?) scelte impopolari, specie sulla tenuta dei conti pubblici, per poi riprendere a spendere e spandere, passata la buriana. Senza il governo Monti (sempre sia lodato) non avremmo la riforma Fornero (santa, santa subito!) che dà un minimo di speranza a chi ha meno di cinquant’anni e di credibilità in Europa sulla tenuta del debito. Vi siete mai chiesti perché Meloni e Salvini, avendo i numeri semplicemente non la abrogano? Perché poi con i BTP ci potremmo incartare il pesce!

In effetti sarebbe molto meglio se avessimo solo governi tecnici. Come aveva proposto Platone, nella Repubblica, parlando di governo dei filosofi. Il problema è che si presterebbero al rischio di deriva, non essendo all’interno di un bilanciamento dei poteri.

La proposta più accettabile è l’abolizione dei senatori a vita, anomalia unica al mondo, probabile retaggio monarchico ormai obsoleto. Si possono conferire mille onorificenze ai meritevoli, senza turbare delicati equilibri politici.

In conclusione la Costituzione è sì datata e ferruginosa, migliorabile in molti aspetti a cominciare dall’abolizione del Senato e del bicameralismo perfetto. Si può ripartire dal testo di riforma Renzi – Boschi, affossato solo a causa di personalismi, ma non si possono ignorare i principi fondamentali come la rappresentanza o la separazione dei poteri.

Se si arriverà al referendum con questo testo, il mio no è scontato, ma spero interverrà l’Unione Europea a bloccare il rischio di deriva autoritaria. Probabilmente qualcuno dovrà tornare alla sua garbata borgatella.