Valerio Castronovo,  grande storico dell’economia, dell‘industria e del giornalismo  è stato membro del Comitato scientifico del Centro Pannunzio per decine di anni. Scrisse anche su Pannunzio e sul “Mondo“ in cui lui vide prevalere l’anima salveminiana, mentre io lo ritenni sempre crociano: due idee non incompatibili perché il giornale di Pannunzio mise insieme Croce, Einaudi e Salvemini. Gianni Oliva ha scritto un ricordo così esaustivo su Valerio Castronovo  che mi esime dallo scrivere di lui, ritrovandomi pienamente nell’articolo di Gianni.  Mi limiterò a qualche ricordo personale. Con Valerio non ho avuto una consuetudine assidua di frequentazione ma in parecchie  occasioni c’è stata la concreta possibilità  di  un incontro  molto proficuo. Era sì uomo di sinistra, ma fu sempre socialista assolutamente non marxista. Per certi versi si poteva considerare un salveminiano  che non aveva dimenticato il Salvemini anticomunista collaboratore con Pannunzio al “Mondo“, un  periodo spesso ignorato da alcuni che dovrebbero conoscerne la vita, ma in cui la faziosità filo gramsciana spesso prevale sempre. Valerio con la visione egemonica gramsciana non ebbe nulla da spartire. Era un uomo che amava il pluralismo e la libertà di pensiero . Ricordo che ci scambiammo una telefonata quando il Muro di Berlino e mi colpì il suo entusiasmo. Anche sul fascismo non ripeté mai le vulgate e collaborò anche con Renzo De Felice. Volle che collaborassi con lui ad una colossale storia di Torino che non ebbe il successo che meritava proprio perché  era uscita in un clima culturale dominato dalla sinistra egemonica torinese che voleva subordinare tutto ai suoi dettami arroganti. Lo si inserisce  nella triade composta da  Tranfaglia e Salvadori, ma Castronovo non fu mai un militante e non aspirò mai al seggio parlamentare come gli altri due. A parte le faziosità di Tranfaglia, Salvatori vide nell’euro comunismo lo sbocco della storia contemporanea che svoltò invece  in tutt’altra direzione: un errore no  da poco. Valerio si dedicò anche alla biografia, un genere che gli storici marxisti giudicano non storicamente adeguato. Io ricordo che quando con il Sindaco Piero Fassino decisi di ricordare – tra l’oblio generale – il centenario della nascita di Franco Venturi, non ritenendo idonei nessuno degli ex allievi diretti a ricordare il maestro da cui si erano discostati, telefonai a Castronovo, che aveva insegnato anche storia moderna, chiudendogli se sarebbe venuto nell’Aula del Consiglio comunale di Torino a ricordarlo. Valerio accettò subito  e tenne su  Venturi una grande lezione. Furono assenti gli allievi accademici di Venturi, ad eccezione di Adriano Varengo che fu stretto collaboratore di Franco alla “Rivista  storica italiana“ e di Walter  Barberis. Il figlio di Venturi Antonello forse allusivamente mi regalò un libro sul socialismo del padre che Venturi, quando lo conobbi e frequentai ,aveva del tutto abbandonato. Castronovo storico di fama internazionale come Venturi non ebbe l’accoglienza dovuta dal solito clan torinese . Che fosse stato il Centro “Pannunzio“ (che si impegnò nel 1994  per il conferimento della cittadinanza onoraria al nostro storico più importante) a ricordare il centenario della sua nascita, invitando Castronovo non piacque, anche se la Sala Rossa era affollata. Una piccola notazione sui titoli  usati da due quotidiani: hanno confuso  la biografia di Giovanni Agnelli fondatore della Fiat scritta da Castronovo con il nipote, l’Avvocato. Valerio non fu lo storico dell’avvocato, come appare. In un titolo si legge anche “lo storico vercellese“ che appare una definizione davvero un po’ angusta e provinciale. Valerio nacque a Vercelli, ma fu storico di sconfinati orizzonti. Meritava di più. Ma basta il ricordo di Oliva a farci capire che sia stato e sarà lo storico mancato ad ottantotto anni che ha dedicato la vita agli studi storici in modo davvero esemplare.