Un pensiero moderno che pochi oggi sarebbero culturalmente idonei a comprendere. La capacità di anticipare la necessità della nascita di un terzo polo, una “terza forza” liberale e liberalista come da lui chiamata, per inserirsi nella lotta tra “rossi e neri” prima, poi tra centro clericale e partito comunista. Esigenza quantomai attuale, necessaria per poter superare l’odierna dicotomia centrosinistra/centrodestra, oramai sempre più vicina agli estremi che alla componente moderata, ed una visione europeista molto lontana da quello che oggi rappresenta l’Unione Europea alla Von der Leyen, visione che immaginava il nostro paese come elemento trainante della politica continentale.

Voglio pormi una domanda. Come reagirebbe oggi Mario Pannunzio, alla barbarie politica e culturale propria della nostra attuale classe politica? Sicuramente con quella che è stata una delle sue più riconosciute qualità, peraltro oggi in disuso: la coerenza.

Quella coerenza che lo portò ad abbandonare prima il partito liberale da lui ricostituito quando virò verso destra, ed a lasciare poi il partito radicale da lui fondato, quando iniziò a subire l’influenza della componente più vicina ad una certa sinistra, che scelse di apparentarsi con la corrente socialista piuttosto che con quella repubblicana.

Molto bella una definizione che gli fu dedicata al momento della sua morte dall’amico e “suo” giornalista de “Il Mondo” Vittorio Gorresio: “intransigentemente anticomunista in nome della libertà, intransigentemente antifascista in nome dell’intelligenza, intransigentemente anticlericale in nome della ragione”. Un autentico liberale e liberalista, che, come tale, rifuggiva da qualsiasi forma di autoritarismo.

Dunque, quanto sarebbe utile una figura come la sua nel nostro attuale, desolante panorama politico?

A ben guardare, con interpreti diversi, di qualità culturali e politiche infinitamente inferiori a quelli di un tempo (immaginate l’impietoso paragone tra i Croce, i Salvemini, i Gentile, i Saragat di allora con gli attuali protagonisti della nostra vita politica, di sinistra o destra che siano) la necessità di un terzo polo che unisca i vari moderati, di estrazione liberale o comunque di idee liberaliste, che ad oggi potrebbero rappresentare la moltitudine degli scontenti, sarebbe quantomai attuale.

Credo che molti, come il sottoscritto, facciano una fatica enorme a recarsi a votare, dovendo purtroppo scegliere, tra un centrosinistra che oramai di centro non ha più nulla e di sinistra solo più i difetti, ed un centrodestra la cui vera connotazione politica ad oggi non è ancora ben chiara ai più, e forse neanche a loro stessi.

Da una parte una componente politica che nel nome dell’uguaglianza, sta abbracciando ideologie distorte ed estremiste, scusatemi il paradosso, proprie di un autoritarismo degli opposti, ove per tutelare faziosamente (per mera opportunità elettorale) minoranze di ogni sorta, si vorrebbe uno stato forte nel reprimere qualsiasi dissenso all’ipocrita politically correct oggi tanto di moda, a scapito di chi voglia mantenere posizioni più moderate e legate alla nostra storia culturale, politica e religiosa.

Dall’altra parte una forza politica che si sta consolidando, ma che anche volendola epurare dalle sue sinistre (non in senso politico…) origini, non sta ancora dimostrando reali capacità di governo, e che ad oggi in tutta verità, non mi sento ancora pronto a giudicare.

Ho voluto pormi la sovracitata domanda, scrivendo su un magazine a lui dedicato, chiedendomi per l’appunto, cosa avrebbe potuto rappresentare oggi Mario Pannunzio in questo panorama politico, e come si sarebbe comportato al suo risveglio, se invece di morire fosse, fantascientificamente, entrato in un coma che ne avesse preservato la tempra intellettuale di allora.

Potrei immaginarmi lo shock, ma soprattutto la delusione nel non riuscire a trovare contraddittori adeguati. Cosa avrebbe potuto fare, mi chiedo. Contribuire a creare un nuovo partito che provi a rappresentare la tanto agognata terza forza? Questo sì, la necessità, a mio parere, è la stessa di allora. Ma non troverebbe gli interpreti necessari con i quali rapportarsi, con il rischio di dover sgomitare con i vari partitini di Renzi, magari quello futuro di Vannacci, e che altro ancora.

Ho scritto all’inizio che avrebbe reagito con coerenza. Preso atto del livello della nostra politica, impossibilitato a trovare interpreti della sua levatura, magari dopo aver assistito ad un dibattito culturale televisivo tra Vladimir Luxuria ed Antonio Razzi, con interventi da Bruxelles dell’eurodeputata Salis, coerentemente ai suoi principi, credo avrebbe abbandonato ogni velleità politica per un ritorno alle originarie passioni giovanili, chissà, magari divenendo sceneggiatore cinematografico.

E forse sarebbe stato un peccato. Perchè di personaggi pubblici che mettano al centro della loro politica l’uomo, il rispetto delle libertà individuali nell’esercizio dei propri diritti costituzionali, combattendo la figura di uno stato forte coi deboli e debole con i forti, ce ne sarebbe proprio bisogno. Per aiutarci a voler tornare a votare.