Oggi voglio scrivere una lettera aperta al ministro Bianchi. Non so se la leggerà o se questo articolo aiuterà ad aprire un dibattito. Ma credo che se tacessi non aiuterei la scuola a migliorare. Da un mese i provveditorati sono impegnati con l’immissione in ruolo degli insegnanti. Mai così tanti dicono. Ed è una buona notizia: forse quest’anno ci saranno meno supplenti da nominare in cattedra all’ultimo minuto. Ma c’è un ingranaggio nel gigantesco meccanismo del Ministero dell’Istruzione che cigola e non poco. Peccato sentire questo fastidioso e assillante rumore, mentre al governo ci sono i migliori. Per spiegare ai non addetti ai lavori, devo fare una premessa. L’insegnamento della lingua inglese alla scuola primaria è diventato obbligatorio dopo la Riforma Moratti (Legge n. 53 del 28 marzo 2003). Ovviamente fino a quel momento molti maestri non conoscevano questa lingua. Figuriamoci se avrebbero potuto insegnarla. Così si trovarono due soluzioni: la prima fu istituire dei corsi triennali per abilitare all’insegnamento della lingua inglese chi era già in cattedra, la seconda fu assumere insegnanti specialisti (solitamente laureati in lingue) che avrebbero dovuto insegnare solo inglese. E fino a qui sembrerebbe tutto normale. Ma facciamo un altro passo. Diciamo che negli anni trovare insegnanti disposti a insegnare inglese sulle proprie classi o specialisti laureati non è stato facile. Spesso questi posti sono stati assegnati a supplenti. Ma il supplente poteva accettare il posto solo se abilitato all’insegnamento della lingua inglese. E anche qui sembrerebbe tutto logico. Poi purtroppo al Ministero hanno avuto una splendida idea per coprire i posti di inglese che rimanevano quasi sempre vacanti. Mi spiego meglio: un candidato per entrare di ruolo deve inserire una lista di scuole in cui vorrebbe insegnare. Ipotizziamo che abbia scelto nell’ordine Moncalieri, Collegno e Rivoli. All’atto della nomina l’ufficio scolastico nota che a Moncalieri non ci sono più posti disponibili. Allora passa a Collegno, dove sono finite le cattedre di posto comune (cioè dove si possono insegnare tutte le materie) ma ci sono ancora posti di inglese. Ecco che inizia a cigolare l’ingranaggio: il candidato finisce su inglese. Ha il titolo? Non importa: l’importante è occupare il posto. Ed ecco che il malcapitato deve prendere il posto di inglese anche se non conosce questa lingua. E non può rifiutarlo altrimenti è come se venisse licenziato prima di aver firmato il contratto. L’assegnazione della sede è irrevocabile. Ma il Ministero non lo lascia solo: il neoassunto dovrà seguire obbligatoriamente un corso triennale per abilitarsi. E magari l’aspirante successivo era già in possesso del titolo per insegnare inglese, ma a lui è stato assegnato un posto comune. Cosa volete che vi dica? Non lamentiamoci poi se alle prove Invalsi i nostri alunni daranno pessimi risultati.