Dopo gli esiti delle elezioni regionali della Lombardia e le successive nomine agli assessorati, sono chiari due fatti: ai lombardi non piacciono né le donne né i filosofi.

Partiamo dalla prima questione. Rispetto alla precedente legislatura, si passa da 23 a 21 donne al Pirellone. E va bene che sono tante quante le Madri Costituenti… eppure, sebbene nel 1946 ci fossero solo 21 deputate su un totale di 556, mentre ora sono 21 rappresentanti del gentil sesso su 80, il risultato è insoddisfacente. Innanzitutto, si perdono due unità rispetto a cinque anni fa, con un calo dell’8,6%. In secondo luogo, nel 1946 non esisteva il voto di genere, cioè la possibilità di esprimere due preferenze, votando sia un uomo sia una donna. E non sembra che, attualmente, questa modalità abbia favorito l’accesso delle donne alla politica attiva, anzi, sembra piuttosto averne ridotto l’incidenza. Se poi si considera che nove di queste elette sono all’opposizione, appare chiaro che avere solo dodici quote rose nella maggioranza non è un grande successo.

Ed eccoci alla seconda questione. Tra le new entry più in vista nel mese di gennaio, c’era la candidatura del prof. Stefano Zecchi, professore emerito di Filosofia Estetica all’Università degli Studi di Milano ed ex assessore alla Cultura della giunta Albertini. Nonché professore con cui, ai tempi, avevo biennalizzato l’esame di Estetica. Malgrado ciò, il noto filosofo ha incassato solo 912 preferenze. E non è stato nemmeno ripescato per un ruolo all’interno dell’Assessorato alla Cultura. Un peccato per la Lombardia, che ha perso così la possibilità di avere un intellettuale di qualità tra i propri rappresentanti.

Ma così hanno deciso gli elettori con il voto e, quindi, il risultato va rispettato. Tuttavia, sul risultato si può pur sempre riflettere.