Nessuno può negare il millenario binomio Uomo-Vino che rimanda d una realtà incontestabile: il vino diviene tale solo ad opera dell’uomo, delle sue assidue cure in vigna e in cantina; lo stesso paesaggio vitato senza la costante presenza del vignaiolo si inselvatichisce. Allo stesso tempo il vino restituisce le sapienti attenzioni e diviene nei millenni emblema della nostra civiltà occidentale: si fa simbolo di sacro e profano, religione e licenza, scienza e mercato, medicina e mito, arte e sapienza del saper bere.

Questa intima connessione Uomo-Vino ci conduce a prendere in considerazione, come hanno sottolineato i grandi Maestri della via dionisiaca, da Soldati a Veronelli, l’aspetto della “personalità” del vino, confrontabile con i temperamenti e i comportamenti caratteriali degli uomini. 

Cosicchè, considerando la plausibile interconnessione “personalità del vino – aspetti caratteriali degli uomini”, non sembri improponibile un accostamento, rispettoso, tra talune caratteristiche di un determinato vino e le doti politiche di nostri rappresentanti.

Quale vino, ad esempio, possiamo proporre in degustazione accostandolo alla nostra Premier? Un vino ampio, vellutato, ma di gran nerbo, che potremmo indicare nell’Amarone della Valpolicella, ottenuto da graduale appassimento delle uve prima della fermentazione, l’analogo graduale percorso politico che ha seguito Giorgia Meloni prima del suo incarico alla guida del governo, forgiandosi una tempra in grado di esprimere autorevolezza di gusto e potenziale longevità evolutiva.

Accanto a lei i due vicepremier: Tajani e Salvini. Per Tajani osiamo proporre una tradizionale Barbera, ma con lento passaggio in barrique per acquisire i toni di vaniglia e un sapore più accomodante rispetto alla naturale acidità del vino, pertanto una Barbera più morbida, da consumarsi anche a fine pasto, dopo calme e attente riflessioni, senza picchi vertiginosi di gusto né sconfortanti manchevolezze sensoriali.

Il vice premier Salvini con le sue intemperanze, i suoi voli pindarici, le estemporanee affermazioni, ben si accosta ad un brioso Prosecco con la sua spuma effervescente, con l’immediatezza delle sensazioni e la fragranza delle bollicine, seppure con un finale riconoscibilmente amarognolo.

Sul fronte dell’opposizione Elly Schlein, leader del Partito democratico, ci suggerisce l’accostamento con un vino giovane, un po’ spigoloso, in cui prevale ancora una spiccata acidità a scapito della morbidezza, con note sensoriali peperine e agrumate: un battagliero Sangiovese di Romagna.

Il comparto Cinque stelle esprime Conte, un leader le cui doti caratteriali si possono accostare a vini duttili, di grande versatilità, con una vasta gamma di accostamenti ai vari piatti della tradizione e in grado di esprimersi nella versione fermo, frizzante, spumante, passito, e in ciascuna di queste versioni di proporsi secco, abboccato, amabile, dolce: un Pallagrello campano, forse, che può essere ad un tempo a bacca bianca o nera?

Nel settore Verdi e Sinistra il duo  Bonelli e Fratoianni si presta  a differenti proposte: Bonelli, un finto mite, perciò per lui un vino che sembra abboccato e poi si rivela ruvido e tagliente, un Tazzelenghe, il vino Friulano che taglia la lingua. D’altro canto per Fratoianni un più modaiolo Supertuscan, da sorseggiare nell’incanto di Capalbio.

Carlo Calenda: qui il percorso degustativo si complica, impossibile definire una linea strategica di assaggi e una sola scelta: talora un Primitivo di Manduria, convincente e saporito, talaltra un Raboso del Piave di sferzante tannicità, talaltra ancora un Moscatellone di Pantelleria, tutto miele e sapori mediterranei. Difficile una scelta univoca.

E per concludere l’excursus dionisiaco, Renzi: spirito da Vermentino, di Gallura o ligure non cambia, viperino al gusto, grintoso e mordente, non se ne comprende la complessità se non quando lo si assapora. E allora…