Di un garibaldino altoatesino e di alcune amene spiritosaggini, di Achille Ragazzoni

Egna è un grosso e simpatico borgo in provincia di Bolzano, in quella zona chiamata “Bassa Atesina”, mistilingue sin dall’epoca asburgica. E’ facile immaginare che l’attuale Alto Adige, per la sua particolare situazione geopolitica e storica, non abbia potuto fornire chissà quale contributo al Risorgimento. Nel corso dei miei studi sono riuscito a trovare una diecina di personaggi provenienti dall’Alto Adige che hanno partecipato all’edificazione della nostra unità nazionale e, devo dirlo francamente, non mi sarei aspettato di trovarne tanti!

Uno di essi, Camillo Zancani nacque, come Kamillus Thomas Josef Zancan, proprio ad Egna il 23 agosto 1820. E’ stato l’unico altoatesino ad aver partecipato all’impresa dei Mille (in realtà Oreste Baratieri, già Barater, lo sfortunato governatore della Colonia Eritrea era per metà trentino e per metà altoatesino: ecco, se di dovesse scegliere una data simbolica per la fine del Risorgimento, si potrebbe indicare quella della battaglia di Adua, il 1° marzo 1896, che travolse l’ultimo generale e l’ultimo politico provenienti dai Mille, Baratieri e Crispi), così come a tante altre imprese risorgimentali.

Per esempio, nella primavera del 1848 è tra i promotori di moti a Bolzano e a Trento, poi combatte in Veneto e in Lombardia, prima nel Corpo Franco guidato dal patriota e poeta Arnaldo Fusinato, poi nella Legione Tridentina. Sempre sorvegliato dalle autorità di polizia, si trasferirà a Milano e nel 1859, allo scoppio della seconda guerra d’indipendenza, si arruolerà nei Cacciatori delle Alpi, combattendo a San Fermo e a Varese.

Nel 1860 è tra i Mille e verrà ferito tre volte, a Calatafimi, a Palermo e al Volturno.

Nel maggio del 1861, Camillo Zancani varca il confine italo-austriaco, si reca presso il comando della gendarmeria di Trento e confessa di essere un combattente per l’italianità della propria terra, chiedendo di venire arrestato. Viene subito accontentato e trasferito nelle carceri di Innsbruck, donde esce alla fine di novembre, prosciolto da ogni accusa.

Combatte, poi, con i volontari garibaldini nella guerra del 1866. Qui verrà travolto da una carica di cavalleria austriaca, rimanendo grande invalido di guerra e sarà giocoforza, per lui, abbandonare per sempre l’uniforme. Per la partecipazione alla terza guerra d’indipendenza si guadagnerà la prestigiosa Croce dell’Ordine Militare di Savoia, che si aggiungeva alle due meritate Medaglie d’Argento al Valor Militare (all’epoca le Medaglie d’Oro si conferivano, in genere, alla memoria…). Lo Zancani morì a Venezia, in miseria, il 26 dicembre 1888. La somma per il funerale fu messa a disposizione dall’antico commilitone Francesco Crispi, allora Presidente del Consiglio.

Ecco, riassunta, per sommi capi, la storia militare di Camillo Zancani. L’ho riportata d’attualità perché, tempo fa, una consigliera comunale di Egna, molto ingenuamente e forse neppure immaginando il vespaio che avrebbe suscitato, ha avuto l’idea di proporre che sulla casa natale del garibaldino venisse apposta una targa commemorativa. Apriti cielo! La mozione della povera consigliera venne bocciata da tutti, compresi i rappresentanti del cosiddetto centrodestra (ad Egna governano la SVP, il partito etnico sudtirolese. in compagnia dei postcomunisti, qualche maligno andava affermando che si rinnovellavano i fasti del patto Ribbentrop – Molotov… non è così, certo, ma il sospetto che a pensar male si faccia peccato senza, peraltro, sbagliare più di tanto, viene per forza…) e alla stessa consigliera comunale è stato rimproverato di voler turbare la pace sociale della tranquilla borgata… Va detto che ad Egna qualche curioso precedente c’è già stato: in passato venne bocciata una mozione  tesa a far sì che la toponomastica cittadina ricordasse le vittime delle foibe. La mozione venne respinta con la motivazione che le foibe (ricordate ufficialmente con la solennità ufficiale del 10 febbraio, Giornata del Ricordo) nulla c’entrano con Egna… Ma quanta sensibilità, quale profondità di argomentazione, un’argomentazione profonda quanto un calice di rosso che – mi si dice – certe persone di Egna amano spesso svuotare e farsi riempire di nuovo, arrivando poi a confondere il salone dell’osteria con qualche sala decisamente più istituzionale. Tempo fa, poi, la preclara amministrazione comunale decise di eliminare il nome del poeta Giovanni Prati dalla piazza principale della ridente frazione di Laghetti. Giovanni Prati (1814 – 1884), poeta trentino, naturalizzato sardo, poi italiano, è stato a lungo il simbolo dell’italianità culturale e letteraria del Trentino, in una sua poesia esortava Carlo Alberto a suggerire all’Austria di rivarcare in pace il Brennero. Non è difficile immaginare, quindi, perché quel nome suonasse antipatico a qualcuno. Il nome venne poi ripristinato a furor di popolo, una volta tanto la vox populi è stata vox Dei

Intendiamoci, apporre, o meno, una lapide da parte di un’amministrazione pubblica è una scelta politica. Non si può però, giustificare una scelta politica falsando, inventando o alterando fatti storici, non è sicuramente corretto. Sentite che poker d’assi hanno calato per la damnatio memoriae del povero garibaldino. Qualcuno ha estratto dal cilindro l’immarcescibile Ventennio, che nulla c’entra, essendo lo Zancani morto quando il futuro Duce stava per compiere cinque anni e mezzo, qualchedunaltro ha tirato fuori che Zancani sarebbe stato riscoperto dal Senatore Ettore Tolomei, che con il garibaldino c’entra assai poco.Il suo primo biografo, infatti, è stato lo storico trentino Antonio Zieger il quale, tanto per la cronaca, combatté la prima guerra mondiale con l’uniforme da ufficiale dell’esercito austroungarico. Qualche altro sapientone, si è spinto ad affermare che lo Zancani – peraltro tirolese anche lui – avrebbe fatto la guerra ai tirolesi (roba da pazzi, egli combatté contro i Borboni e contro l’impero austriaco, non contro quello austroungarico, che si costituì un anno dopo che lo Zancani appese l’uniforme al chiodo); un altro ancora si è permesso di affermare che lo Zancani è stato un soldato qualsiasi, in realtà sempre volontario e pluridecorato, per testimoniare la propria fede politica si fece arrestare; in ciò fu molto diverso dai tanti leoni da tastiera che oggi ci deliziano. Il fatto è sempre quello, io non rimprovero ai vili di essere tali, ciò che rimprovero loro è di voler costruire un alibi alla propria viltà diffamando gli Eroi. Vi risparmio, poi, altre barbine argomentazioni tipo quella che lo Zancani non avrebbe amato il borgo natio, mentre esistono testimonianze coeve, scritte, che indicano proprio il contrario… Ma a che serve discutere con personaggi che starebbero bene solo in un’opera di Ruggero Leoncavallo? E’ tempo perso, mentre aspetto, invece,  il tempo in cui Egna si sveglierà orgogliosa di aver dato i natali ad un così valoroso personaggio, portatore di quegli ideali di Libertà e di Umanità che in certi cervelli, evidentemente, non riescono proprio ad attecchire.

A Bolzano, il capoluogo dell’Alto Adige, esiste una via intitolata a Camillo Zancani. Qui, su un immobile di sua proprietà, l’imprenditore altoatesino Paolo Valenti, ha fatto scoprire, lo scorso 23 ottobre, una targa, ovviamente bilingue, per ricordare ai passanti a chi la via è intitolata. La cerimonia, durante la quale ha parlato anche il sottoscritto, è riuscita molto bene con una certa partecipazione di pubblico, segno che evidentemente c’è ancora gente con tutti i sentimenti a posto…

ACHILLE RAGAZZONI