Nella tradizione ebraica Gerusalemme è il cuore del mondo, il tempio è il cuore di Gerusalemme, il Santo dei Santi è il cuore del tempio. Con queste coordinate inizia il Vangelo secondo Luca. Per questo evangelista è durante la liturgia che avviene l’annuncio a Zaccaria della nascita del profeta Giovanni Battista: l’offerta quotidiana dell’incenso. Il Salmo 87 canta che tutti siamo nati spiritualmente a Gerusalemme:
“1
Sui monti santi egli l’ha fondata;
2
il Signore ama le porte di Sion
più di tutte le dimore di Giacobbe.
3
Di te si dicono cose gloriose,
città di Dio!
4
Iscriverò Raab e Babilonia
fra quelli che mi riconoscono;
ecco Filistea, Tiro ed Etiopia:
là costui è nato.
5
Si dirà di Sion:
“L’uno e l’altro in essa sono nati
e lui, l’Altissimo, la mantiene salda”.
6
Il Signore registrerà nel libro dei popoli:
“Là costui è nato”.
7
E danzando canteranno:
“Sono in te tutte le mie sorgenti”.
Il terzo vangelo rimarca che il padre Zaccaria è un sacerdote della classe di Abìa e la madre Elisabetta è una figlia di Aronne: questo significa che il figlio Giovanni Battista è un sacerdote al cento percento. Per l’ebraismo il sacerdozio è ereditario, e non vocazionale come presso i cristiani. Attualmente il sacerdozio presso l’ebraismo non c’è più in quanto il tempio è stato distrutto quasi duemila anni fa e il sacerdozio interrotto, mentre i rabbini sono semplicemente interpreti della Legge. Tuttavia oggi i discendenti della classe sacerdotale ricordano con vanto la loro provenienza e possono dare importanti benedizioni durante feste di rilievo.
Da Zaccaria e da Elisabetta proviene Giovanni il Battista, ma l’avvento del Messia non è frutto del loro sangue né viene dalle loro buone opere, Giovanni è solo il precursore del Messia, che è Gesù Cristo. La salvezza che Dio dà agli uomini non è frutto del nostro essere “giusti”, bensì un dono gratuito di Dio, sebbene dobbiamo meritarla con le buone opere.
Il nome Zaccaria significa in ebraico “Dio ha ricordato”. Elisabetta significa in ebraico “Dio ha giurato” e quella donna porta il nome della moglie di Aronne, il fratello di Mosè. Nella mentalità biblica la parola è creatrice, quindi i nomi dei personaggi della Bibbia portano il segno del progetto di Dio. In Luca 1, 68-79 Zaccaria pronuncia un celebre cantico, che ad un certo punto fa così, come se Zaccaria volesse ammiccare al nome suo e a quello di sua moglie:
“… e (Dio) si è ricordato della sua Santa Alleanza,
del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre …”.
Giovanni Battista è l’ultimo dei profeti dell’Antico Testamento e nelle raffigurazioni indica il Messia con il dito. È un ponte tra Antico e Nuovo Testamento. Nel Messia ci sarà il fatto che Dio ricorda la sua alleanza e il suo giuramento, quelli cioè di dare a Abramo una discendenza che sarà numerosa come le stelle del cielo e la sabbia del mare. Dall’ebraismo (Antico Testamento) sorge il cristianesimo (Nuovo Testamento) che porterà la salvezza a tutti i popoli della terra, estendendo all’intero pianeta le promesse antiche.
In ordine cronologico l’ultimo libro dell’Antico Testamento è quello del profeta Malachia, che termina con queste parole (3, 23-24):
“Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga
il giorno grande e terribile del Signore,
perché converta il cuore dei padri verso i figli
e il cuore dei figli verso i padri;
così che io venendo non colpisca
il paese con lo sterminio”.
Tutta la Bibbia ebraica si conclude con l’attesa del Messia, colui che salverà il mondo. Questo avvento sarà preparato da un messaggero, che sarà il Battista. Nella tradizione bizantina il Battista è raffigurato con le ali in quanto in ebraico “messaggero” si dice malak, che vuol dire anche “angelo”, esattamente come il sostantivo greco anghelos.
Nella tradizione orientale c’è spesso Gesù Cristo al centro di una raffigurazione e ai lati il Battista e la Vergine Maria con le mani aperte, rivolte a Cristo. Giovanni e Maria sono le due vie viventi che hanno preparato l’avvento del Messia. Il primo annunciandolo, la seconda dicendo il Sì all’angelo Gabriele così da permettere il divin concepimento per opera dello Spirito Santo.
Facciamo anche un altro riferimento. Nonostante la appartenenza alla classe sacerdotale e il fatto che Zaccaria e Elisabetta sono osservanti scrupoli della Legge, essi non hanno un figlio. Per gli ebrei la mancanza di figli è la peggiore disgrazia che potrebbe mai accadere a essere umano. Anche Abramo e Sara non avevano figli: Abramo era avanti negli anni e Sara era sterile. Quindi l’inizio della salvezza e delle promesse avviene sempre nel bel mezzo di una catastrofe umana e sociale. La prima Alleanza e la Nuova Alleanza corrono il rischio di finire prima di iniziare. Ma Dio è onnipotente e scrive dritto anche sulle righe storte di noi esseri umani. Non per nulla san Paolo rivelerà (1Corinzi 1, 28-29):
“Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio”.
L’entrata di Dio nella storia dell’uomo non è opera umana ma grazia gratuita di Dio. Ed è straordinario constatare che i tre patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe) e le loro mogli erano tutti sterili. La tradizione ebraica cerca una risposta, e la dà in un trattato del Talmud (Yevamot): perché Dio anela alla preghiera dei giusti.
Se nella nostra vita siamo afflitti dalla sterilità e da ogni altro problema, Dio vuole essere pregato. La sofferenza è un richiamo di Dio: Egli vuole che lo cerchiamo affinché ci possa esaudire!
Gesù stesso dice che dobbiamo pregare incessantemente. “Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione” (Matteo 26, 41). “Pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Tessalonicesi 5, 17-18).
Una grande opera di misericordia è pregare per i nostri fratelli bisognosi. Quando l’apostolo san Paolo divenne temporaneamente cieco, riacquistò la vista grazie alle preghiere di Anania. È importante altresì chiamare il sacerdote quando un nostro caro è in punto di morte. In quell’estrema ora i diavoli si affollano attorno al moribondo per strappargli l’anima, ma accanto a lui c’è la Madonna che intercede a suo favore davanti a Dio. Il sacerdote che impartisce l’estrema unzione conferisce con tale sacramento un dono speciale, oltre alla grazia, comune a tutti i sacramenti, cioè il rinvigorire lo spirito dell’infermo per il suo ultimo combattimento. Non chiamare il sacerdote è un grave peccato di omissione. Il prete poi può raccogliere l’ultima confessione e dare la Santa Comunione. In più può conferire una speciale benedizione detta in articulo mortis, che annulla il periodo che l’anima dovrà trascorrere in purgatorio. Bisogna anche riferire che, a detta di molti sacerdoti, dare l’estrema unzione, che non è esclusivamente impartita ai morenti, bensì altresì alle persone molto malate, può ripristinare addirittura la salute del corpo. In alcuni casi la malattia fisica sparisce o va in remissione.
Papa Francesco ci esorta ad essere “messaggeri di speranza”. Ogni cristiano ha l’obbligo di testimoniare la fede, a parole certamente ma soprattutto con l’esempio. San Paolo VI osservava che oggi il mondo non ha bisogno tanto di maestri quanto di testimoni. San Pio da Pietralcina ricordava che salvare un’anima assicura la salvezza della propria. La cosa più preziosa che possiamo donare al prossimo è la salvezza!
Sono tre i modi con cui usare misericordia verso i bisognosi: le opere, la parola e la preghiera. Di esse la più importante è la preghiera in quanto è Dio a tessere le trame della nostra vita.
Le sofferenze umane sono principalmente queste: il peccato (la Regina della Pace dice che Satana ci distrugge con ciò che ci offre), malattie fisiche, malattie psichiche (disturbi psichiatrici), disagi morali (per esempio incomprensione, disagio esistenziale, patimenti da abbandono, solitudine, lutti) e disturbi preternaturali.
Questi ultimi sono opera del demonio. Il diavolo compie una azione ordinaria (tentazione, che spinge al peccato) e quattro azioni straordinarie (preternaturali): vessazione, ossessione, possessione, infestazione di luoghi e oggetti. La vessazione è un disturbo come la percossa, per esempio san Pio da Pietralcina veniva preso a sediate dal diavolo, oppure malattie fisiche o psichiatriche prodotte non da cause naturali bensì dal Nemico. L’ossessione è un insieme di pensieri ricorrenti e invasivi. La possessione è la più grave, quando il diavolo prende possesso del corpo della vittima.
L’esorcismo maggiore può essere compiuto unicamente dal sacerdote delegato appositamente dal vescovo. Le preghiere di liberazione possono essere fatte anche da laici, ma sotto la guida di un esperto. Anche la confessione e la Santa Messa sono forme di esorcismo. Quest’ultima prevede infatti l’embolismo:
“Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l’aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo”.
Gesù stesso praticava esorcismi e riconosceva la esistenza personale dei diavoli, che è verità di fede. Le persone soggette a disturbi preternaturali sono dei veri sofferenti e gli esorcismi e le preghiere di liberazione sono vere e proprie opere di misericordia. In questi casi offrono giovamento anche altre attività. Innanzitutto stare in grazia di Dio: chi non ha peccati sulla coscienza non riceve nocumento nemmeno dai malefici. Poi pregare molto, fare opere di carità, leggere la Bibbia, leggere i documenti del Papa, leggere le vite dei santi. Mai frequentare sette esoteriche né fare riti magici né ricorrere a medicine alternative, che sono tutte esche che il demonio usa per penetrare nella vita delle sue vittime. Stesso discorso per l’uso di stupefacenti e i tatuaggi. Gli esorcisti, infatti, raccontano che a volte il diavolo si può insinuare nella vita delle persone dopo essersi drogati o anche dopo aver fatto un semplice tatuaggio sulla pelle (sulla nefandezza che si nasconde anche dietro quest’ultima pratica ricordiamo che il sacerdote di Satana deve consacrarsi con un tatuaggio).
L’esorcismo maggiore è raccomandato per le possessioni, le vessazioni, le infestazioni, per persone soggette a malefici. Ma sono sempre casi rari. Spesso invece per scacciare una semplice presenza demoniaca è sufficiente il segno della croce. Contro l’ossessione si dice la formula del mandatum: “In nome di Cristo ti ordino, diavolo maledetto, di accettare il mandatum e di smetterla di influenzarmi”. Una buona confessione, la frequenza alla comunione e il ritorno alla vita di preghiera sono barriere contro ogni tipo di male demoniaco. Il diavolo non molla la presa quando vede che siamo indecisi; se invece si accorge che continuiamo a pregare e a resistere, dopo un po’ se ne va scoraggiato impiegando le proprie forze verso una vittima più facile da colpire. San Paolo ci ricorda che “la nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti”: quindi la nostra arma più potente contro il Nemico è la preghiera. Isaia 54, 27: “Nessuna arma fabbricata contro di te riuscirà; ogni lingua che sorgerà in giudizio contro di te, tu la condannerai. Questa è l’eredità dei servi del Signore, la giusta ricompensa che verrà loro da me”.
Gli spiriti del male adottano innanzitutto tre tattiche per colpire la vittima:
- Nascondono la loro vera natura, quella demoniaca, e si spacciano per benefattori con lo scopo di ingannare meglio. Il diavolo è lento nei movimenti, si sa dove vuole andare a parare, ma è pericolosissimo se non viene scoperto. 2Corinzi 11, 14-15: “Ciò non fa meraviglia, perché anche Satana si maschera da angelo di luce. Non è perciò gran cosa se anche i suoi ministri si mascherano da ministri di giustizia”.
- Gettano discredito su Dio e la chiesa. Al tempo di Gesù girava la falsa voce che Egli compiva le opere prodigiose grazie a Belzebù.
- Fanno fare un passo dietro l’altro: prima spingono a dubitare riguardo la vera fede, quindi fanno allontanare la vittima dagli strumenti di salvezza (preghiera, sacramenti, buoni consigli) e per finire la spingono prepotentemente al peccato.
Chi è soggetto a un disturbo preternaturale si trova leso molte volte nella propria libertà e anche nella capacità di relazionarsi con gli altri. Si sente incompreso, quindi preferisce tenersi tutto dentro, cosa che, se alla lunga logora, è deleteria anche perché non permette di chiedere aiuto o non di chiedere quello giusto.
Quando una persona sente il peso della paura, deve sapere che essa non viene da Dio. Il Nemico usa la paura e il dubbio per attaccarci, egli sa bene che “la gioia del Signore è la vostra forza” (Neemia 8, 10). La Regina della Pace avverte: “Figlioli, senza la pace non avete né futuro, né benedizione, perciò ritornate alla preghiera perché il frutto della preghiera è gioia e fede, senza la quale non potete vivere” (Messaggio del 25 dicembre 2021). Durante la passione di Cristo, san Pietro ebbe paura dell’accusa di una donna e tradì il Divin Maestro, ma dopo la Pentecoste, allorché ricevette lo Spirito Santo, testimoniava senza paura, sfidando folle numerose e subendo numerosi tormenti.
Allora non bisogna mai chiudersi in sé stessi, ma sempre cercare aiuto presso un sacerdote e la comunità cristiana. Cristo assicura che quando più persone pregano insieme, lì c’è Egli stesso: la preghiera comunitaria è un mezzo potentissimo che abbiamo per scacciare il Nemico e anche per chiedere a Dio che ci illumini su situazioni poco chiare. La confessione lava via le amicizie e gli atti sbagliati che ci hanno sporcato e con essi il potere che il Male esercita sulla nostra vita.
Ricordiamo che esistono fenomeni naturali nomali (una malattia da causa naturale), fenomeni naturali paranormali (facoltà paranormali latenti nell’essere umano, il cosiddetto Fattore X, come la telepatia), fenomeni preternaturali (opera degli spiriti inferiori, come i diavoli), fenomeni soprannaturali (opera di Dio, degli angeli buoni e dei santi).
“Sono molte le sofferenze del giusto ma da tutte lo libera il Signore” (Salmo 34, 19). Il tempo nel quale viviamo è ricolmo di prove, infatti san Paolo dice: “Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi; profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi” (Efesini 5, 16). Ma “il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria” (2Corinzi 4, 17). Infatti il “lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito”, di cui parla san Paolo in Tito 3, 5 è la grazia battesimale che ci ha rivestiti come di una armatura: per grazia di Dio “tutto concorre al bene per coloro che amano Dio” (Romani 8, 28). L’olio con il quale veniamo battezzati richiama quello con il quale i lottatori romani si ungevano la pelle in preparazione del combattimento.
San Basilio Magno dice che il peccato dell’uomo è quello di non ricordarsi di Dio durante la giornata. Dio ci ama come una tenera madre e vuole che i suoi figli gli parlino mediante la preghiera. Sia quella liturgica sia quella personale. Ma tutta la vita del cristiano deve essere una preghiera. È per questo che Dio entra nella storia: per essere amato a sua volta.
Dio ci ama creandoci e salvandoci, poi Egli ci mette in cuore il desiderio di cercarlo. Egli è un padre tenero di amore, non è il giudice spietato che si immaginano molti. Egli ama i suoi figli e li perdona se, pentiti, accorrono alla sorgente del suo amore, che è la chiesa. Salmo 78, 38:
“Ma Egli, che è pietoso, perdona l’iniquità e non distrugge il peccatore. Più volte trattenne la sua ira e non lasciò divampare tutto il suo sdegno”.
Dio non entra nella storia per condannare l’uomo ma per salvare i peccatori. Egli è il medico e il medico è necessario per i malati. La Santa Vergine è invocata come Rifugio dei Peccatori. Sant’Antonio da Padova scriveva (Sermone per la Domenica II dopo Pasqua, 8):
“L’arco, composto di corda e di legno, simboleggia la misericordia e la giustizia di Dio. Infatti, come la corda piega il legno, così la misericordia piega la giustizia. Dice Giacomo: La misericordia trionfa sul giudizio (2, 13). Nella sua prima venuta Cristo portò con sé la corda flessibile della misericordia per conquistare i peccatori, ma nella seconda venuta colpirà con il legno della sua giustizia, e renderà a ciascuno secondo le sue opere”.
San Tommaso d’Aquino (Summa Theologiae I q6 a3) così scriveva riguardo la bontà di Dio:
“Soltanto Dio è buono per essenza. Infatti ogni cosa è detta buona in quanto è perfetta. Ora, ogni cosa ha una triplice perfezione. La prima consiste nella costituzione del suo essere [sostanziale]. La seconda nell‘aggiunta di alcuni accidenti richiesti per la sua perfetta operazione. La terza nel raggiungimento di qualcosa come proprio fine. Come la prima perfezione del fuoco consiste nell‘essere medesimo che ha in virtù della sua forma sostanziale; la seconda nel suo calore, nella sua levità e secchezza, ecc.; la terza nel cessare dal suo moto di ascesa, raggiunto che abbia il suo luogo. Ora, questa triplice perfezione a nessun essere creato compete per essenza, ma soltanto a Dio: poiché solo in lui l‘essenza si identifica con il suo essere, e in lui non sopraggiungono accidenti, ma le stesse cose che degli altri esseri si dicono accidentalmente a lui convengono essenzialmente, come essere potente, sapiente e così via, secondo quanto si è detto [q. 3, a. 6]. Egli inoltre non è ordinato ad alcun fine, ma è egli stesso il fine di tutte le cose. Quindi è chiaro che soltanto Dio ha l‘assoluta perfezione nella sua essenza, e perciò egli solo è buono per essenza”.
Ma la bontà infinita di Dio non esclude la giustizia perché il peccato degli uomini è una realtà terribile, che grida vendetta verso il cielo, come il sangue di Abele ingiustamente ucciso da Caino.
Ma solo Dio può essere giudice in quanto solo Dio conosce veramente il cuore degli altri. gli uomini possono solo condannare una azione e mai giudicare l’intenzione. È Satana che spinge ad accusare i fratelli seminando in giro zizzania. Zaccaria 3, 1:
“Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè, ritto davanti all’angelo del Signore, e Satana era alla sua destra per accusarlo”.
Ancora nel Nuovo Testamento Apocalisse 12, 10 dice la stessa cosa:
“Allora udii una gran voce nel cielo, che diceva: «Ora è venuta la salvezza e la potenza, il regno del nostro Dio e il potere del suo Cristo, perché è stato gettato giù l’accusatore dei nostri fratelli, colui che giorno e notte li accusava davanti al nostro Dio”.
Quindi l’accusa da parte del demonio non ha più motivo di essere: infatti Cristo “ci sciolse dai peccati con il suo sangue” (Apocalisse 1, 5). Quindi adesso è soggetto al potere del demonio solo colui che lo sceglie liberamente, opponendosi al progetto di Dio. I teologi dicono che Dio non manda nessuno all’inferno, ma è l’uomo che vuole andarci: l’uomo è libero di rifiutare fino alla fine dei suoi giorni terreni l’amore di Dio, cadendo così nella morte eterna, cioè l’infedeltà irrevocabile nei confronti di Dio e del suo regno.
Mente umana non può comprendere i pensieri di Dio. sappiamo solamente che Dio prende terribilmente sul serio la libertà dell’uomo, anche quella di poter rifiutare per l’eternità Dio. Santa Teresa d’Avila scriveva alle monache delle riflessioni che possono andare bene per ogni cristiano (Pensieri sull’amore di Dio, cap. 1):
“Quando leggete un libro, ascoltate una predica o pensate di misteri di nostra santa fede, se v’incontrate in qualche cosa che non sapete comprendere, non affannatevi, né sforzate l’intelletto: non sono cose per donne. Anzi, molte neppure per uomini. Quando Sua Maestà ce ne vuol dare l’intelligenza, lo fa senza alcuna nostra fatica”.
Dio è la nostra vita perché è la somma perfezione su cui tutti noi ci reggiamo. Nel Credo si dice che lo Spirito Santo è Dominum et Vivificantem, “Signore e dà la vita”. Sant’Ireneo di Lione scrive che “la gloria di Dio è l’uomo vivente, la vita dell’uomo è la visione di Dio”.
Pertanto Dio non va mai giudicato, così come non va giudicata la nostra vita, bensì va accettata. È Satana che riempie la nostra mente di accuse verso Dio e verso i fratelli, ma anche verso noi stessi. È stato detto che il peccato originale è consistito nel pensiero distorto.
Carl Gustav Jung, psichiatra svizzero, uno dei padri della psicoanalisi, scriveva che “la risposta alla vita umana non si trova entro i confini di questa vita”. Noi non siamo creati dal caso, come sentenziava invece Monod. Dire che nasciamo dal caso sarebbe come affermare che pigiando a caso i tasti della tastiera del computer esce la Divina Commedia.
Siamo frutto dell’amore di Dio, il quale permea tutta la nostra vita mediante la Provvidenza, che è Dio che “provvede” alle nostre necessità, anche se non ce ne accorgiamo o fingiamo di non accorgercene. Lo stesso Jung dice che il caso non esiste.
È per questo che Dio entra nella storia: per dire all’uomo la verità sulla sua origine e sulla sua destinazione. Noi nasciamo per non più morire. Abbiamo un’anima immortale, che è fatta per Dio in quanto da Lui creata. Il senso della nostra vita sta solo in Dio. Come dice sant’Agostino, il nostro cuore è inquieto fino a che non riposa in Dio.
Meditiamo il Salmo 86:
“1
Signore, tendi l’orecchio, rispondimi,
perché io sono povero e infelice.
2
Custodiscimi perché sono fedele;
tu, Dio mio, salva il tuo servo, che in te spera.
3
Pietà di me, Signore,
a te grido tutto il giorno.
4
Rallegra la vita del tuo servo,
perché a te, Signore, innalzo l’anima mia.
5
Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi ti invoca.
6
Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce della mia supplica.
7
Nel giorno dell’angoscia alzo a te il mio grido
e tu mi esaudirai.
8
Fra gli dei nessuno è come te, Signore,
e non c’è nulla che uguagli le tue opere.
9
Tutti i popoli che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, o Signore,
per dare gloria al tuo nome;
10
grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.
11
Mostrami, Signore, la tua via,
perché nella tua verità io cammini;
donami un cuore semplice
che tema il tuo nome.
12
Ti loderò, Signore, Dio mio, con tutto il cuore
e darò gloria al tuo nome sempre,
13
perché grande con me è la tua misericordia:
dal profondo degli inferi mi hai strappato.
14
Mio Dio, mi assalgono gli arroganti,
una schiera di violenti attenta alla mia vita,
non pongono te davanti ai loro occhi.
15
Ma tu, Signore, Dio di pietà, compassionevole,
lento all’ira e pieno di amore, Dio fedele,
16
volgiti a me e abbi misericordia:
dona al tuo servo la tua forza,
salva il figlio della tua ancella.
17
Dammi un segno di benevolenza;
vedano e siano confusi i miei nemici,
perché tu, Signore, mi hai soccorso e consolato”.
“Nella tua verità io cammini”, che nell’originale ebraico così suona: ‘ahallek ba’amitteka. Nell’Antico Testamento la verità è detta in ebraico ‘emet, etimologicamente “fedeltà”, “stabilità”, quindi “fiducia”. Essa trascende la semplice aderenza alla realtà, ma esprime prima di tutto una prerogativa divina, si tratta infatti della fortissima fedeltà di Dio al suo amore per il proprio popolo, come detto in Esodo 34, 6:
“Il Signore passò davanti a lui proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà (‘emet)”.
A tanto amore fedele da parte di Dio il suo popolo deve corrispondere con la fede, infatti in Giosuè 24, 14 è scritto:
“Perciò ora temete l’Eterno e servitelo con integrità e fedeltà; e togliete via gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume e in Egitto, e servite l’Eterno”.
Invece nel Nuovo Testamento la verità, in greco alētheia, altro non è che Cristo. “Io sono Via, Verità e Vita” (Giovanni 14, 6). Sant’Agostino dice che Cristo è Persona Veritatis. Questa Verità va vissuta in due maniere:
- Guidati dallo Spirito (Giovanni 14, 17: “… lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi”);
- In unione con la chiesa, servitrice della verità (1Timoteo 3, 15: “ … ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità”).