Donne nella Napoli spagnola. La Rivoluzione silenziosa delle artiste Barocche a Napoli, di Fiorella Franchini

Il Seicento è un secolo di straordinaria intensità per Napoli, un periodo in cui la città, sotto il vicereame spagnolo, raggiunge il culmine della sua espansione demografica e diventa una delle metropoli più popolose e culturalmente vivaci d’Europa. Questo dinamismo si riflette con forza nell’arte, che esplode in forme sfarzose e drammatiche, dando vita a un Barocco napoletano distintivo, intriso di teatralità, pathos e una profonda religiosità, che dipinge le luci e le ombre della città, l’enfasi e la spiritualità, la realtà spesso cruda e la ricchezza dei colori.

È un’epoca di grandi committenze, sia religiose che private, che attraggono a Napoli artisti di fama internazionale e fanno emergere talenti locali eccezionali.

Scrive lo storico britannico Sir Harold Mario Acton: «Il barocco ebbe modo di esprimersi a Napoli con la stessa gioia di un volo di usignoli liberati da una gabbia d’oro…  Il clima stesso la favoriva: il colore esigeva altro colore; l’esuberanza cercava il suo complemento nella più matematica delle arti figurative…Quasi tutti gli scultori ed architetti barocchi che lavorarono a Napoli nel diciassettesimo secolo erano settentrionali, ma una volta arrivati a Napoli essi furono incantati e trasformati dal «vento del Sud», e nel fondere il grandioso col sorprendente parvero voler competere colle forze della natura.»  

In questo crocevia di influenze artistiche, le figure femminili non sono semplici spettatrici, ma protagoniste di questa fioritura culturale. Lo testimonia la mostra “Donne nella Napoli spagnola. Un altro Seicento” ospitata fino al 22 marso 2026 nelle sale delle Gallerie d’Italia-Napoli, museo di Intesa Sanpaolo

L’esposizione, curata da Raffaella Morselli, Eve Straussman-Pflanzer, Giuseppe Porzio e Antonio Ernesto Denunzio, non è solo una rassegna d’arte, ma una vera e propria indagine storiografica che mira a svelare il ruolo cruciale delle donne nelle arti del Seicento partenopeo, un tema finora “poco indagato dagli studi e mai sviluppato attraverso un’organica riflessione espositiva”.

Attraverso 67 opere provenienti da prestigiose collezioni nazionali e internazionali, la mostra si pone come un capitolo autonomo e fondamentale della storia dell’arte barocca. Come sottolinea la curatrice Raffaella Morselli:

«La mostra nasce dal desiderio di restituire uno sguardo nuovo sul Seicento napoletano, raccontando la storia attraverso le sue protagoniste femminili. Non un’appendice alla storia dell’arte barocca, ma un capitolo autonomo, ricchissimo di figure, linguaggi e visioni.»

Il lavoro di ricerca che ha preceduto l’esposizione ha portato alla luce una Napoli vibrante di voci femminili, attive ben oltre i confini domestici. La complessità è data dal contributo di diverse discipline – storia dell’arte, storia sociale, studi di genere e storia delle scienze – necessario per superare la “frammentarietà delle fonti” e l’anonimato che spesso ha celato l’identità delle artiste.

Gli studi hanno rivelato una ricca galleria di figure: mecenati come Isabella della Rovere e Leonor Guzmán, intellettuali come Margherita Sarrocchi e Aurora Sanseverino, e, naturalmente, artiste di fama internazionale e locale come Lavinia Fontana, Artemisia Gentileschi, Diana de Rosa, Giovanna Garzoni e Teresa del Po. Il risultato è la percezione di un Seicento «altro», in cui “La creatività femminile non è eccezione, ma componente strutturale della cultura barocca”.

Il percorso narrativo si articola in sezioni che evidenziano i contributi delle donne alla produzione e alla committenza artistica, nonché la rappresentazione del femminile nella cultura dell’epoca.

La mostra si apre con la forestiera Fede Galizia e con Lavinia Fontana, la prima donna in Europa a ottenere commissioni pubbliche per grandi pale d’altare. Il confronto più emblematico è quello tra il suo «Ritratto di Antonietta Gonzales» e la celebre «Donna barbuta (Maddalena Ventura con il marito e il figlio)» di Jusepe de Ribera. Queste due tele rappresentano il “nucleo concettuale della mostra”, mettendo in dialogo la “curiosità scientifica e la compassione femminile di Lavinia” con la “drammatica monumentalità di Ribera”.

Un focus è dedicato ad Artemisia, già protagonista di una monografica alle Gallerie d’Italia-Napoli nel 2022. Opere come il «Bambino Gesù addormentato» e la «Santa Cecilia» mostrano la sua capacità di confrontarsi con il tema della musica e della spiritualità colta.

Giovanna Garzoni è testimonial della pittura scientifica. L’artista è rappresentata dal suo «Album di miniature con nature morte», un corpus che unisce “botanica, anatomia e contemplazione spirituale”, evidenziando la connessione tra arte e scienza.

«Il Seicento non è solo il secolo dei maestri e dei viceré, ma anche quello delle pittrici, delle religiose, delle scrittrici e delle ceroplaste che hanno trasformato la materia, l’immagine e la fede in nuove forme di conoscenza e di libertà

L’esposizione, infatti, non dimentica le figure di spettacolo, come Giulia de Caro e Andreana Basile. La prima, meretrice e poi impresaria teatrale, rappresenta uno straordinario esempio di riscatto sociale e di emancipazione femminile; la seconda, soprannominata la sirena di Posillipo, fu la più famosa cantante del suo tempo, contesa da corti e salotti, mecenate dell’insigne fratello Giovanbattista Basile.

Chiude il percorso una sezione dedicata alle scultrici di terracotta e alle ceroplaste, come Caterina De Julianis e Luisa Roldán. Le loro sculture in cera e terracotta, materiali “vivi e vulnerabili”, testimoniano una forma d’arte che unisce “spiritualità e conoscenza anatomica”, elevando l’arte domestica a capitolo fondamentale della scultura barocca.

La mostra eccelle per la qualità dei prestiti e per l’ampiezza del dialogo internazionale, riunendo opere da musei come il Prado di Madrid, il Museum of Fine Arts di Boston, e il Victoria and Albert Museum di Londra. Questo confronto sottolinea la mobilità delle artiste e la circolazione delle iconografie femminili a livello europeo.

L’esposizione, arricchita da uno splendido catalogo, non si limita a celebrare il passato ma invita a leggere la storia dell’arte “attraverso gli occhi delle donne”, testimoniando la rivoluzione silenziosa delle artiste barocche e restituendo al Seicento la sua vera pluralità, la consapevolezza del contributo femminile alla fondazione della modernità.

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