Il 4 agosto 1994 moriva Giovanni Spadolini. Ero in vacanza a Bordighera e andai ai suoi funerali a Roma con un certa difficoltà agostana. Non mi ricordavo più di quell’anniversario caduto nel dimenticatoio , ma a ricordarlo su Facebook è una pagina “Giovanni Spadolini“ espressione forse della omonima fondazione fiorentina presieduta dal segretario e pupillo di Spadolini, Cosimo Ceccuti. Quest’ ultimo si è già prodigato al massimo per celebrare Giovannone, come lo chiamava Sartori, nel centenario della nascita che cade quest’anno. Il fatto di ricordarlo con ritagli di articoli usciti nel 1994 può essere suggestivo, ma è l’esatto opposto di un ricordo storico che andrebbe scritto oggi dopo che gli anni hanno totalmente ridimensionato il mito del segretario fiorentino. Fare un collage di articoli del 1994 può essere addirittura mistificante, specie se consideriamo che nel 2025 non è finora stato ristampato un solo libro della vastissima produzione giovannea. C’è da domandarsi il perché di questo oblio editoriale. Finora, in quest’anno, si sono avuti solo piccoli convegni celebrativi, in uno di questi il ministro della cultura Giuli ha soprattutto evidenziato le radici fasciste e repubblichine del giovane Spadolini che esaltava Gentile, mentre poi, a Liberazione avvenuta, diceva di se’ stesso che andava nei retrobottega delle librerie fiorentine a comprare i libri messi al bando di Gobetti. Il suo giovanile fascismo può essere giustificato dalla morte del padre pittore sotto un bombardamento alleato, ma non può essere ignorato, come avrebbe voluto l’interessato che nel testamento rinnegò gli scritti giovanili senza farne una abiura motivata. Leggere adesso l’articolo del 1994 del segretario del PRI Giorgetto La Malfa che avversò molto Spadolini, fa apparire come l’ipocristia fosse prevalsa già allora in modo quasi imbarazzante. Nel settembre del 1994 ricordai Spadolini insieme a Leo Valiani a Torino, poi, a cinque anni dalla sua morte, lo ricordai nella Sala Rossa del Consiglio Comunale di Torino con il senatore Mauro Marino e lo stesso Ceccuti. Furono atti di gratitudine dovuta ad uno che mi fu amico, generoso e affezionato che quando era a Torino veniva a cena con me al “Gatto nero”.
Ma se oggi dovessi parlare di lui ,metterei in discussione la sua figura di statista e anche quella di storico: la politica assorbì i suoi interessi senza lasciare più spazio per la ricerca storica. Certo, se si paragona la politica odierna con Spadolini egli appare quasi un gigante, ma se il confronto è con gli statisti italiani del ‘900 si stenta a trovare un posto di rilievo per lui. Leo Valiani parlò di lui come di un continuatore del Risorgimento e in effetti certe sue fotografie a fianco di quadri di Garibaldi con la spada sguainata,possono avvalorare a priori la tesi sostenuta da Valiani in morte di Spadolini. Lo stesso Valiani che era un uomo libero e sincero, anni dopo, mi disse di aver ripensato alle cose scritte e dette su Spadolini.
Addirittura Margiotta Broglio, l’allievo prediletto di Jemolo, scrisse che egli fu “uno storico che voleva unire le due sponde del Tevere “ sol perché aveva dedicato un libretto ai rapporti tra Stato a Chiesa che oggi sarebbe impossibile riproporre se non con una introduzione amplissima che contestualizzi il testo spadoliniano più giornalistico che storico. La storiografia era in effetti un’ altra cosa: era quella di Chabod e di Romeo che più che mai oggi sono sorgenti di pensiero storiografico sempre vivo. C’è un titolo del 1994 che lascia sorpresi perché evoca quasi il linguaggio usato per il duce: ”Il ragazzo chiamato ad alti destini“. Forse sono proprio questi esaltatori acritici ad aver impedito una riflessione storica su Spadolini, alternativa all’oblio come reazione alla retorica esagerata e perfino fastidiosa per un laico che non avrebbe dovuto tollerare agiografie. La vanità egocentrica di Spadolini era immensa e temo molto che Spadolini risorto applaudirebbe alle sue celebrazioni orchestrate dal prode scudiero Ceccuti. Con tutti questi distinguo, ho apprezzato il recente libro su Spadolini opera di Federico Bini e Gian Carlo Mazzucca edito da Rubettino che ho letto con piacere; 1Incomincia il processo di storicizzazione e finisce quello della sua canonizzazione.