il Cardinale di Torino Repole ha ragione nel dire che i torinesi investono poco. Aggiungerei investono poco anche nelle opere di misericordia e sono più attratti dai Btp e dalle banche che dalle chiese e dal “Cottolengo”.  Lasciatemi raccontare una storia emblematica. Sono abbastanza anziano per ricordare che l’industriale e deputato Renato Altissimo, re dei fari e vicepresidente di Confindustria, decise di chiudere con l’imprenditoria per passare alla finanza. E visse felice e contento tra serate in locali notturni e rendite finanziarie. Forse il primo a fare questa scelta fu lui, con esibita disinvoltura. Alla faccia del liberismo imprenditoriale e del rischio industriale. Non so che fine fecero i suoi fari.

Altissimo aveva anche finanziato in precedenza Zanone per conquistare il partito liberale di Malagodi, riducendolo ad un  mini partito filogovernativo  in cui  la sua parola fosse egemone e il posto da ministro perenne fino a tangentopoli. Si dimise dalla segreteria anche per non pagare i debiti accumulati dal partito. Una storia molto brutta.

Ciò detto, ha ragione il Cardinale nel dire che i torinesi non investono e tengono i soldi in banca, malgrado gli interessi ridicoli. Le rendite finanziarie sono però un’altra cosa. La finanza  ha sedotto anche la Fiat che non solo delocalizza tutto, ma non investe più a Torino e in Italia. Ha ragione anche Giuseppe Russo nel dire che “fare impresa non conviene“. Va detto che la burocrazia frena l’impresa rende complicato investire. L’altruismo sollecitato dal Cardinale è soprattutto una virtù cristiana che cozza con il cinismo di Romiti che diceva che l’etica è il profitto. Al di là di Romiti un investimento deve dare un reddito, altrimenti l’azienda è destinata a chiudere come è capitato e capita non solo a Torino. Si è posto il problema il sindaco e il presidente della Regione, cercando di porre rimedio a una città e a una regione in decrescita  “ infelice“. Poi certo la situazione internazionale e i dazi non facilitano le imprese. Il clima di guerra blocca gli investimenti. Ma il Cardinale ha posto un problema etico importante che potrebbe avere un precedente anche in Luigi Einaudi che non volle mai separare economia ed etica.