Vestire gli ignudi è una delle sette opere di misericordia corporali, un gesto di carità incarnato da figure come San Francesco, che donò il suo mantello ai poveri, e San Martino di Tours, che lo divise per soccorrere un bisognoso. Questo spirito di carità ispirò l’Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi, che divenne una storica istituzione napoletana. Nata il 6 gennaio 1740, il suo fondatore, Francesco Cerio, su consiglio del padre spirituale Giuseppe Maria di S. Carlo, diede vita a questo pio sodalizio con l’obiettivo di dare sollievo ai tanti poveri che affollavano la città partenopea.

La prima donazione, di appena sette abiti, fu assegnata per sorteggio durante una solenne cerimonia nell’omonima chiesa. Ben presto l’associazione ottenne il sostegno di gentiluomini napoletani e l’adesione di Carlo di Borbone che, il 30 giugno 1740, le permise di fregiarsi del titolo di “Regal Monte e Congregazione di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi e Vergognosi“. L’attività principale dell’ente, la vestizione dei poveri, si espanse notevolmente nel corso del tempo; nel 1907, la confraternita era in grado di vestire seicento persone. La sua storia è segnata dal sostegno non solo della casa borbonica, ma anche da quella sabauda, e dall’appoggio perpetuo della Chiesa.

La confraternita non si limitava all’assistenza materiale, ma perseguiva un fine religioso: dare abiti ai bisognosi affinché potessero uscire di casa e assolvere i loro obblighi di credenti come la confessione e la comunione. Un atto di carità che possiede un profondo significato spirituale, come sottolineato spesso nelle Scritture. Vestire chi è nudo non è solo un atto materiale, ma un gesto che si prende cura sia del corpo che dell’anima. Il vestito simboleggia la protezione dell’uomo dalle intemperie e, al contempo, lo difende dall’umiliazione, restituendogli identità e dignità. Dio stesso, nella Genesi, si preoccupò, di coprire la nudità di Adamo ed Eva, a seguito della loro trasgressione, con tuniche di pelli poiché “ama e protegge la creatura umana e le usa misericordia accogliendola in tutti i suoi limiti e le sue fragilità”.

Le confraternite, come quella di San Giuseppe, sono state un fenomeno ampiamente diffuso, soprattutto nel Mezzogiorno, e hanno caratterizzato la topografia cittadina e la struttura sociale. Le loro origini risalgono al tardo Medioevo, quando i laici iniziarono a organizzarsi in associazioni per perseguire obiettivi di vita religiosa in comune e praticare la carità. Tuttavia, alcuni storici le fanno risalire a un periodo ancora più antico, addirittura alla fondazione di Neapolis. Conosciute nel gergo popolare napoletano come “Congreghe” si ritiene che fossero già presenti nei primi insediamenti greci del Sud Italia, in particolare a Napoli. Con il nome di “fratie”, questi gruppi solidali avevano l’obiettivo di salvaguardare e integrare credenze religiose, usanze, tradizioni e interessi economici delle diverse comunità.

Le confraternite hanno rappresentato nei secoli una risposta alle esigenze spirituali dei laici che non trovavano piena espressione nella rete parrocchiale. Servivano come centri di aggregazione sociale e religiosa, offrendo ai propri membri la possibilità di partecipare a pratiche devozionali specifiche e di assicurarsi assistenza e sepoltura. Esse offrivano anche un senso di identità e un percorso di mobilità sociale per i confratelli, svolgendo un ruolo cruciale nella storia urbana e sociale. I loro beni, frutto di donazioni e lasciti, costituivano un patrimonio importante che contribuiva all’economia locale, permettendo la gestione di ospedali, scuole e altre opere di assistenza.

Non a caso, ancora  l’Arciconfraternita di San Giuseppe dell’Opera di Vestire i Nudi possiede anche un notevole patrimonio artistico, che include dipinti, sculture e reliquie, sebbene la provenienza di molte opere non sia del tutto chiara, trattandosi spesso di donazioni. Tra i pezzi più importanti vi sono una galleria di 52 ritratti di benefattori illustri e una collezione di paramenti liturgici e reliquari. Un elemento di grande rilievo è la reliquia del bastone fiorito di San Giuseppe, oggetto di culto da quasi tre secoli, la cosiddetta “Mazzarella di San Giuseppe”, che ha una storia tutta da scoprire.  L’ente ha, inoltre, un prezioso archivio musicale con manoscritti di autori della Scuola Musicale Napoletana, tra cui Giovanni Paisiello.

Nel 2005, il Real Monte e Arciconfraternita dell’Opera di vestire i Nudi è diventata una Fondazione impegnata, secondo lo Statuto fondativo del 1740, a promuovere assistenza e solidarietà alle fasce più povere della popolazione, agli anziani, all’infanzia abbandonata, agli indigenti inabili al lavoro. Al tempo stesso si è attivata nel recupero dei beni storico-artistici, come il ripristino del giardino settecentesco e la musealizzazione del Complesso Monumentale, impegnandosi nella promozione della ricchezza culturale e antropologica del suo patrimonio storico.

Un’eredità inestimabile di fede, cultura e devozione popolare. La carità, come afferma lo scrittore Bernard Malamud, non è altro che “quella sorta di intelligenza che fa nascere il rispetto per i più infelici”.