Le Olimpiadi 2024, che si stanno svolgendo in Francia, hanno dato adito a innumerevoli polemiche. A partire dalla purtroppo celebre cerimonia d’apertura, che ha fatto rimpiangere amaramente quella di Londra del 2012. Indimenticabile la regina Elisabetta II, pronta a lanciarsi con il paracadute insieme a James Bond-Daniel Crage per raggiungere l’Olympic Park. Una finzione perfettamente riuscita (link), frutto della geniale fantasia del regista inglese Danny Boyle, autore tra gli altri di Trainspotting e The Millionaire. A conti fatti, se l’attore francese Thomas Jolly, direttore artistico di Parigi 2024, avesse preso qualche ripetizione da Boyle, forse forse, si sarebbe risparmiato qualche critica. Ma andiamo oltre, si sa che Francesi e Inglesi non sono mai andati d’accordo. Direi di saltare, quindi, a pié pari la querelle sulla Senna con l’escherichia coli a km 0. E del rosario di attacchi e difese per la questione della boxe femminile? Meglio oltrepassare terreni tanto spinosi, per affrontarne uno che, stranamente, non ha scaldato gli animi. Mi riferisco a quella degli atleti AIN, sigla che significa atleti individuali neutrali. E chi saranno mai costoro? Gli sportivi russi e bielorussi, che per partecipare alle Olimpiadi 2024 hanno dovuto scegliere tra due opzioni. La prima cambiare nazionalità. C’è chi partecipa con la bandiera francese, chi con quella australiana, e così via. Apro una parentesi. Questo avvenimento mi ha ricordato un racconto di mio padre che negli anni Ottanta lavorava a Tripoli. In piena guerra fredda, i cittadini statunitensi erano considerati ospiti non graditi in Libia. Tuttavia, se servivano ingegneri a stelle e strisce, si potevano superare i problemi burocratici con un bel passaporto canadese. E tutto si risolveva brillantemente. Chiusa parentesi. La seconda possibilità offerta, ora, agli atleti russi è stata dimostrare di non sostenere la guerra in Ucraina. In questo caso, nessuna bandiera. Bisogna aggiungere che nel 2020 a Tokyo, in tempo di pace, gli atleti russi, a causa della squalifica per doping del dopo-Sochi, non avevano potuto esporre i loro colori e si erano presentati come ROC, cioè Russian Olympic Committee. Ma la condanna si sarebbe dovuta esaurire in due anni. Invece, nelle attuali competizioni niente bandiera, niente cerimonia di apertura e niente inno per i russi neutrali. Cosa che a me sembra assurda, Nemmeno ai tempi del muro di Berlino si è mai chiesto agli atleti sovietici di abiurare la madre patria. Si può considerare una persona colpevole di essere nata in un Paese piuttosto che in un altro? Mi sembra difficile interpretare la parte dei liberali chiedendo agli altri di pensarla obbligatoriamente come noi. Vuoi vedere che alla fine queste Olimpiadi più che liberali sono giacobine? Ai posteri l’ardua sentenza.