Dal 20 febbraio al 7 settembre 2025, le Gallerie d’Italia di Torino rendono omaggio all’arte di Olivo Barbieri, uno dei fotografi più innovativi della contemporaneità. L’evento si inserisce nell’ambizioso progetto “La grande fotografia italiana”, curato da Roberto Koch per Intesa Sanpaolo, che dal 2022 ha già celebrato le opere di Lisetta Carmi e Mimmo Jodice. La mostra “Olivo Barbieri. Spazi Altri”, curata da Corrado Benigni, costituisce la prima rassegna organica sul lavoro dell’artista in Cina, documentando il suo sguardo su un Paese in piena trasformazione all’indomani della “Politica della porta aperta” di Deng Xiaoping. Barbieri si trovava là nel 1989, quando i tumulti di Piazza Tienanmen segnarono un momento di cesura storica. Con lucidità e intuito, seppe cogliere i segni di un mutamento epocale: un’economia in accelerazione, un’arretratezza millenaria che cedeva il passo alla modernità, il rapido avanzare di un Paese destinato a ridefinire gli equilibri mondiali. Quel primo viaggio fu una rivelazione. Tornò più volte in Cina, nell’arco di trent’anni, testimoniando la vertiginosa corsa del gigante asiatico verso la contemporaneità. L’industrializzazione, l’urbanizzazione senza freni, il progresso tecnologico e l’innalzamento del benessere economico: tutto scorre nei suoi scatti come in una narrazione visiva in cui il tempo si contrae e le trasformazioni si fanno tangibili. Non c’è intento documentaristico nel lavoro di Barbieri. Le sue immagini non si piegano alle regole del reportage, non inseguono una verità giornalistica, non cedono alla fascinazione esotica. Non giudicano, non denunciano. Piuttosto, esplorano i meccanismi della percezione, interrogano lo sguardo stesso. La realtà non viene restituita nella sua immediatezza, ma tradotta in una visione che gioca con il senso dell’illusione e della costruzione. Barbieri non fotografa la città, ma il modo in cui essa può essere vista. L’obiettivo diventa strumento di selezione e manipolazione della realtà. “Il soggetto della fotografia è la fotografia stessa”, afferma l’artista. Le città moderne e la luce artificiale sono tra i suoi soggetti prediletti. L’uso del colore saturo e la ricerca sulle prospettive generano visioni urbane stranianti, in cui i grattacieli si dissolvono in bagliori irreali e i quartieri sembrano modellini in scala piuttosto che luoghi vissuti. La sua tecnica dello “sguardo verticale”, ottenuta fotografando le città dall’alto, rivela pattern geometrici inattesi e strutture invisibili a uno sguardo terrestre. Una delle innovazioni più riconoscibili di Barbieri è la messa a fuoco selettiva: una porzione dell’immagine emerge nitida, mentre il resto si dissolve in una sfocatura suggestiva. Un approccio che non solo conferisce un’estetica peculiare ai suoi scatti, ma guida lo sguardo dell’osservatore, imponendo una gerarchia visiva e una precisa lettura della scena. Barbieri non si limita a registrare il mondo, lo riscrive. Il suo metodo assomiglia a quello di un narratore, che seleziona, omette, enfatizza dettagli per costruire un racconto coerente. Non è un caso che, prima di dedicarsi interamente alla fotografia, fosse attratto dalla scrittura. Il linguaggio fotografico diventa, per lui, un mezzo per dare forma alla realtà, per trasformare lo sguardo in racconto. Attraverso le sue immagini, la Cina di Barbieri appare come un luogo sospeso tra passato e futuro, tra ordine e caos, tra illusione e concretezza. Un territorio in cui il visibile è solo un punto di partenza per indagare le infinite possibilità della visione.
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