Poveri sempre più soli? Servono micro comunità solidali in tutte le città, di Giovanni Ferrero – Vita

Un fenomeno silenzioso ma in rapida crescita attraversa le città italiane: è quello dell’Isolato Sociale Urbano, profilo delineato dalla Consulta per le Persone in Difficoltà (l’organizzazione di volontariato di cui sono direttore) sulla base dei dati raccolti attraverso il servizio Mercato Solidale a Torino. Si tratta di uomini tra i 40 e i 65 anni, spesso italiani, che hanno perso lavoro, legami familiari e fiducia nel sistema. Vivono soli, malati, indebitati, ai margini della città e della società. Non sono (ancora) senzatetto, non hanno un’etichetta riconosciuta dalla burocrazia, ma rappresentano una nuova fascia di povertà urbana. «È una povertà non solo economica, ma relazionale, affettiva, burocratica, sanitaria. Una condizione che non trova risposte nei modelli di welfare esistenti».

Una storia che racconta tante altre

Dietro i numeri si celano volti e vite concrete. Come quella di un uomo di 40 anni, arrivato recentemente alla Cpd: divorziato, con figli e obblighi di mantenimento, la sua azienda ha chiuso per fallimento. Da allora trascorre le notti tra la propria auto e il divano di qualche amico. È precipitato in una forte depressione, spesso confessa di non avere più voglia di andare avanti.
Per lui, l’intervento non può ridursi a un sostegno alimentare: serve una presa in carico totale, che comprenda il supporto psicologico, l’accompagnamento sociale e la ricerca di nuove prospettive lavorative. Una sfida che racconta quanto fragile possa diventare la vita di una persona quando la rete familiare, lavorativa e sociale si spezza tutta insieme.


Una generazione senza reti

I quarantenni di oggi vivono una solitudine diversa da quella che toccava ai loro coetanei di qualche decennio fa. Allorambastava una partita a carte o una chiacchierata tra amici per cogliere che qualcuno era in difficoltà. L’aiuto arrivava in modo spontaneo, naturale, quasi immediato. Oggi invece le nostre vite scorrono in una corsa frenetica e spesso isolata. Le relazioni sembrano moltiplicarsi online, tra “follower” e contatti virtuali, ma quando si cade davvero, quella rete non riesce a reggere. Un quarantenne che non ha più un euro in tasca non può sempre accettare una birra offerta, e senza quei piccoli gesti di socialità non trova più appigli per risalire. Ieri c’erano “allerta” e protezioni naturali, oggi devono essere ricostruite artificialmente: spazi, comunità, luoghi in cui le persone possano di nuovo essere viste e riconosciute.

Secondo l’Istat, oltre 13 milioni di persone in Italia sono a rischio di povertà o esclusione sociale (22,8%), con punte che sfiorano il 40% in alcune regioni del Mezzogiorno. La povertà urbana cresce, si frammenta, e assume volti sempre più sfuggenti: non solo famiglie numerose o anziani soli, ma persone di mezza età escluse dai circuiti produttivi, relazionali e istituzionali.

Dalla risposta quotidiana a un nuovo modello

La Cpd, attiva in particolare nei quartieri periferici di Torino, sostiene centinaia di queste persone con interventi materiali e relazionali: pacchi alimentari, ascolto, accompagnamento burocratico e sanitario. Ma oltre alla risposta quotidiana, lanciamo un messaggio forte alle istituzioni: serve una nuova visione nazionale, che affronti questo tipo di marginalità non riconosciuta con soluzioni innovative. «Non possiamo più affidarci solo ai servizi individuali e frammentati. Serve una presa in carico collettiva e una nuova prossimità urbana», come sottolinea Maurizio Montagnese, presidente della Cpd.

La proposta della Cpd è la creazione di micro-comunità urbane, luoghi diffusi in città dove persone isolate possano ritrovare contatto umano, orientamento, dignità. Non centri assistenziali tradizionali, ma piccoli poli di inclusione, capaci di restituire a chi è caduto nell’ombra una possibilità di rinascita.

In questi spazi l’Isolato Sociale potrebbe:

  • ricevere aiuto alimentare e sanitario, ma anche partecipare attivamente;
  • trovare occasioni di lavoro di comunità, formazione, relazioni;
  • essere ascoltato e orientato, in modo umano e non burocratico.

«Una città davvero giusta è quella che sa riaccendere la luce su chi oggi vive nell’ombra. Le micro-comunità possono essere la risposta concreta di prossimità, umanità e diritti», conclude Montagnese.