Qualche anno fa, quando fui invitato alla Fondazione “Natalino Sapegno” nel castello di Morgex (Aosta) a presentare il mio libro “Figure dell’Italia civile“ ,venni fatto oggetto – al di là della gentilezza nell’accoglienza – di una durissima reprimenda per il mio anticomunismo che appariva dal libro. Fui accusato di essere un vetero seguace di Croce; l’educazione e il cortese invito ricevuto mi impedirono di ritorcere contro il mio illustre interlocutore l’accusa di vetero applicata al suo entusiasta ed esibito “catto-comunismo”, come lui stesso disse, ricordando che si era avvicinato al PCI proprio negli anni in cui Berlinguer propose il compromesso storico con i cattolici, una scelta che forse lo stesso Sapegno non condivideva pienamente. Fu comunque un bel dibattito ricco di spunti conflittuali che di norma mi entusiasmano più dei consensi formali, magari espressi solo per motivi di diplomazia. Io sapevo che Natalino Sapegno (che conobbi di persona insieme al suo amico -ex gobettiano come lui -Mario Soldati che non lo apprezzava particolarmente) da iniziale fervido crociano era diventato comunista ma ritenevo questo passaggio graduale nel tempo. Me lo confermò anche Carlo Dionisotti, amico di Gobetti, che mai cedette alle infatuazioni gramsciane. Ho letto per la prima volta un ricordo di Croce a firma di Sapegno, scritto nel 1978, un anno in cui ,non a caso, sindaco di Roma eletto dal PCI era Giulio Carlo Argan che invece non aveva seguito Gobetti, ma il gerarca fascista De Vecchi di Val Cismon e all’antifascismo comunista si convertì molto tardi. Dallo scritto del commentatore per antonomasia della “Divina commedia“ (dove non c’è traccia di una lettura marxista del testo dantesco) apprendo che ci fu da parte sua un molto rapido distacco da Croce e un accostamento altrettanto rapido al marxismo che spiega le polemiche nate a Morgex, anche se fu lo stesso Sapegno a scrivere che “gli anni della liberazione e del dopoguerra segnarono il maggiore distacco da Croce“. In realtà Sapegno ricorda e quasi rivendica lo spirito di ribellione alla “dittatura intellettuale “crociana che egli ebbe ben prima. Peccato che non abbia mai sentito una ribellione analoga nei confronti della dittatura politica del comunismo. Nel 1956 firmo’ il manifesto dei 101 contro l’invasione dell’Ungheria, ma fu un fatto episodico che non gli impedì di restare nell’area presidiata dal PCI. Nel 1971 fu tra i firmatari del manifesto contro il commissario Calabresi che armò la mano ai suoi assassini, il manifesto che Bobbio rinnegò, provando vergogna per averlo sottoscritto.Un segno dei tempi terribili che abbiamo vissuto negli Anni 70. Tutto quanto ho scritto – sia chiaro – nulla toglie, crocianamente ,al valore dello storico e del critico della nostra letteratura anche perché nel turbine novecentesco delle ideologie furono in pochi a tenere la barra dritta. La distinzione crociana tra politica e cultura consente di salvare lo studioso Sapegno distinguendolo dalle sue scelte politiche.
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