Sassolini-La Cina è vicina, anzi presente, potente, esplosiva, di Giancarlo Lehner

Da sempre i peggiori nemici dei comunisti sono i comunisti.

E’ l’eterna tragedia dell’Abele rosso massacrato dal Caino leninista o maoista, sempre più puro, ortodosso ed a sinistra della sinistra.

Dopo la totale solidarietà senza “se” e senza “ma” al collega Sigfrido Ranucci, è tempo di spremere le meningi.

Purtroppo, “Cogito ergo sum” degrada spesso a preventivo “Accuso ergo sum”. In luogo dei neuroni, spunta fuori  lo sferruzzare delle tricoteuses.

Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni (Avs), ad esempio, criminalizzano hic et nunc quanti hanno criticato le inchieste a senso unico della trasmissione “Report”, come se contestare sia sinonimo di attentare o di favorire azioni criminali.

 Un grillino – evito di citarne il nome, perché i forcaioli compulsivi meritano l’anonimato – arriva a dire che Istituzioni repubblicane, Governo, Politica sono i veri responsabili. A ruota, Gad Lerner e Roberto Saviano insistono sulla grave “delegittimazione” di Ranucci da parte del centrodestra. Si tratta di storditi o di infingardi, dimentichi che fu Giovanni Falcone ad essere l’unico sanguinosamente “delegittimato” da gente come loro, da “compagni”, professionisti dell’antimafia, toghe “democratiche” e vari altri forcaioli, che l’accusarono financo di nascondere prove nei cassetti. Fa testo Ilda Boccassini che gridò: «Voi avete fatto morire Giovanni Falcone… Non potrò mai dimenticare quel giorno a Palermo… quando a un’ assemblea dell’Anm le parole più gentili per Giovanni, soprattutto da sinistra e da Magistratura Democratica, erano di essersi venduto al potere. Mario Almerighi lo disse: “Falcone è un nemico politico”…». 

Per le persone più consapevoli ed aduse alla proprietà linguistica, il verbo “delegittimare” non è per nulla adatto nei confronti di un giornalista, il quale, non essendo il Verbo, nè un esponente delle Istituzioni o un Santo subito, può e deve essere normalmente esposto a valutazioni critiche e contestazioni. Penso al mio maestro, Natalino Sapegno, che bollava il linguaggio di certe tesi di laurea col marchio peggiore possibile: prosa da giornalista.

 Del resto, Ranucci sembra essere di parte e quasi sempre lo è. Ed è pure un suo diritto, quasi un dovere, essendo nel team di teleKabul.

   Uno spunto razionale, dopo tanto sragionare e alludere all’odiato avversario politico sempre da criminalizzare, proviene da una breve nota di Carlo Calenda,  che, in qualche modo, invita, appunto, a riflettere:

«Atto molto preoccupante anche nelle modalità che non si vedevano da tempo». 

In effetti, non si vedevano simili “esplosive” intimidazioni ad un giornalista dal 14 maggio 1993 in via Fauro, Roma.

Ecco, proprio dalle modalità è necessario partire per arrivare ad individuare chi e perché ha fatto saltare in aria le auto di Sigfrido e della figlia Michela, la brava psicoterapeuta che si occupa amorevolmente dei bambini disabili.

La prima domanda: queste modalità a chi rimandano?

Risposta: alla mafia.

Quale tipo di mafia?

Quella siciliana, napoletana, calabrese, pugliese?

Vanno escluse perché usano gli esplosivi generalmente per uccidere (anche a Via Fauro, il progetto era di eliminare Maurizio Costanzo), talvolta fanno saltare in aria macchinari o aziende per estorcere danaro, ma nel nostro caso si tratta piuttosto di minaccioso monito: Se ci tieni alla pelle, smettila con certe inchieste.

Quale inchiesta può aver disturbato una delle mafie non indigene, ma ben radicata nella Penisola?

Quella albanese, la nigeriana oppure l’interètnica criminalità capitolina?

Ipotesi attendibili, ma, forse, esiste un altro percorso investigativo, benché fin qui ignorato per  un trilione di ragioni tutte da spiegare.

Torna allora alla mente uno dei migliori servizi di “Report”, luglio 2025, quando venne evidenziata la geografia delle reti criminali cinesi in Italia, mastodontica struttura mafiosa, una sorta di Stato di Xi Jinping dentro quello italiano, in grado di riciclare miliardi di euro, attraverso estorsioni, azioni banditesche, attentati, omicidi, ma soprattutto con l’apparente legalità di commerci, negozi,  fabbriche, nonché i commissariati clandestini, i porti strategici, le zone franche aeroportuali. 

Lo stesso luglio 2025, guarda caso, è la data del furto dell’ auto rinvenuta in questi giorni proprio nei pressi dell’abitazione di Ranucci.

Da fonte autorevolissima, apprendo che nel 2000  ad un funzionario delle dogane, messosi di traverso agli affari della mafia cinese, fecero saltare in aria l’auto privata. Non fu toccata – e l’omissione induce a pensare – l’auto di servizio.

Chissà? Forse, per evitare il peggio, il funzionario fu rimosso e spedito fuori Corpo. Venne preservata l’incolumità, ma il gesto umanitario non fugò perplessità e sospetti su possibili collusioni o almeno, nella migliore delle ipotesi, sulla vigliaccheria e l’ignavia indotte dal potere “persuasivo” della mafia cinese.

Coloro che, in piena emergenza nazionale per il Covid, si recarono  in pellegrinaggio nei sottoscala di piazza Vittorio a Roma a pietire  milioni di mascherine cinesi, quantomeno furono colpiti da anosmia – in effetti, il naso chiuso fu una delle conseguenze del coronavirus -, non percependo l’odor di mafia traspirante anche da quei pezzetti di stoffa.

Tornando all’attentato, è un dato di fatto che la mafia cinese è solita “avvertire”, prima di uccidere, spesso attraverso il danneggiamento di automobili.

“Report”, luglio 2025, si apre con voce fuori campo di Daniele Autieri, l’autore del servizio:

« Gli spiriti maligni popolano le notti di Prato. Nella comunità cinese li chiamano “Gei”, creature malvagie capaci di possedere una persona. Sono spiriti invisibili ma alcune volte le telecamere di sicurezza riescono a rubar loro l’anima. Qui trasportano una bara e la depositano fuori dall’abitazione di un imprenditore tessile. Pochi istanti dopo una bomba esplode sotto l’automobile dell’imprenditore… ».

L’indagine prosegue, enumerando ed illustrando il modus operandi:

–      gli affari soprattutto e con ogni mezzo;

–      sicari che arrivano dalla Cina;  

–     bambini addestrati all’uso delle armi, in patria e anche a Prato;

–      sulla via della Seta «corrono oggi merci, schiavi, droga ma soprattutto soldi…Miliardi di dollari e di euro che viaggiano dall’Occidente all’Oriente e finiscono nelle banche cinesi per assicurare al governo di Pechino la più potente delle armi non convenzionali: il ricatto economico».

Ranucci dallo studio:  «…4 banche cinesi in un solo anno hanno riciclato 22 trilioni tra euro e dollari…come hanno fatto a drenare tutto questo denaro? Ecco, grazie all’esistenza di uno stato parallelo, una rete che è presente in tutti gli stati del mondo, una serie di filiali di banche clandestine, le cosiddette “stash house”, solo in Italia ce ne sarebbero 400, come funzionano? Insomma, tu entri in un esercizio cinese, nel retrobottega c’è un broker che raccoglie denaro in contanti ed è in grado di smistarli in qualsiasi altro punto nel mondo e poi a fianco a queste filiali, opererebbero anche dei commissariati di polizia clandestini… Servono per dirimere le controversie nella comunità cinese per lavare anche i panni sporchi in famiglia, poi se sgarri vai davanti a un tribunale penale cinese, anche quello clandestino».

Uno di codesti tribunali opera in un retrobottega di Piazza Vittorio a Roma.

Insomma, verrebbe da dire che da noi la sharīʿa in formato giallo o, meglio, la legge di Xi Jinping,  è ramificata e vigente.

In più,  da “Report” notizie sul business dei flussi migratori dalla Cina, le Overseas, gli attentati, le evasioni fiscali continue,  gli orari di lavoro da schiavi, i rapporti con la criminalità romana, affari di tutti i tipi, dalla prostituzione allo spaccio,  etc. etc.

Di sicuro la mafia cinese non deve aver gradito “Report” del luglio scorso. Sarebbe utile rimandarlo in onda. 

Sarebbe opportuno anche liberarsi dai 22 trilioni di torpori nell’approfondire la pista cinese.