C’è chi, pur di ignorare il Centro Pannunzio, tace che la cena che si tenne al “Cambio” tra Spadolini e Galante Garrone e circa un centinaio di persone, fu il Premio “Pannunzio“ 1982 con Mario Soldati e chi scrive. Ci sono registrazioni e persino libri che rivelano il falso giornalistico di ieri pubblicato da “Repubblica”. Ma queste sono inezie da piccoli cronisti un pò servili. Vorrei evidenziare invece quattro punti di questo centenario che è fallito, malgrado i senili sforzi di Cosimo Ceccuti, vestale e correttore di bozze dell’amato maestro.
Il primo punto è Gobetti. Checchè ne dicesse Bobbio, Giovannone – come lo definiva il grande scienziato fiorentino Giovanni Sartori per la voracità nel mangiare – non fu mai un gobettiano. Non lo fu nella giovinezza quando era gentiliano e repubblichino, non lo fu da uomo maturo quando vedeva nel Pri “il centro del centro. Gobetti era di sinistra. Non basta un tardivo libro su Gobetti per diventare Gobettiani.
Il secondo punto è lo statista Spadolini. Non lo fu. Prima di essere repubblicano fu saragattiano, ma questo poco importa. Come ministro della Difesa fu pessimo a detta del generale Incisa di Camerana e dei vertici militari di allora. Come ministro per i Beni Culturali non fece nulla di straordinario perché accorpò parti del ministero della P.I. e si servì di cosa avevano fatto i ministri Croce e Bottai. Lasciò demagogicamente anche troppo spazio alle Regioni nella gestione dei beni culturali andando oltre l’articolo 9 della Costituzione.
Come presidente del Consiglio, smisurato italo Amleto del ‘900, non fece nulla se non tentare di galleggiare il più possibile a Palazzo Chigi. Neppure contro la P2 fu efficace: la massoneria restò sé stessa e anzi crebbe.
Come presidente del Senato consentì a energumeni della Lega di esibire in aula il cappio: un’offesa alle istituzioni parlamentari che neppure Mussolini osò fare alla Camera.
Come storico, distratto dalla cc politica non ha lasciato libri importanti: essi da molto tempo ormai non sono più ristampati, neppure per uso didattico. Me lo confessò Ceccuti. I libri di Giovannone spesso furono raccolte di articoli autobiografici, salvo alcuni saggi giovanili dimenticati. Gli storici sono stati Croce, Volpe, Romeo, De Felice. Fu superato anche da Burzio e Sslvatorelli. Tra i grandi storici non c’è Spadolini che scrisse molto soprattutto di sé stesso. Era un innamorato di sé, privo di sentimenti veri che confuse con le isteriche e famose scenate verso i suoi collaboratori, in primis Ceccuti Fu un professore poco presente in Università a Firenze, perché in contemporanea fu direttore a Bologna del “Resto del Carlino” e poi a Milano del “Corriere“ dove nel 1972 non fu “cacciato” dalla Crespi come venne fatto credere. Ci fu chi sollevò a ragione la sua incompatibilità tra giornalista professionista direttore di un quotidiano e professore ordinario. A Firenze non ha lasciato una sua scuola, ma neppure un continuatore perché Ceccuti non si può certo considerare tale. Aveva visto lontano Sartori, l’unico scienziato di fama internazionale di origini fiorentine proveniente dsll’Istituto “Alfieri“.
Resta l’amico del Centro Pannunzio ma Ceccuti nel 2010 decise diversamente e tradì il Centro proprio nel centenario di Pannunzio, dopo aver sottoscritto a Firenze dei patti non onorati. Una pagina squallida che non merita essere di ricordata. Può sopravvivere il ricordo del giornalista, ma chi è Giovannone rispetto ad Frassati, un Albertini, un Missiroli, un Pannunzio, un Ronchey, un Montanelli? Soprattutto Ceccuti deve smettere di voler vedere in Pannunzio un maestro di Spadolini il quale scrisse pochi articoli sul “Mondo“ e passò quasi subito molto poco “gobettianamente“ al “Borghese“ di Longanesi, dove scrivevano tanti ex fascisti come Giovanni Ansaldo.