Si tratta di una grande novità che sta suscitando interesse e polemiche. Antonio Padellaro ha pubblicato un polemico  libro  dal titolo molto  significativo: “Antifascisti immaginari“ (ed. Paperfirst) che ha  subito suscitato l’aspra critica di Gad  Lerner da poco uscito da “Il fatto quotidiano” di Travaglio autore della prefazione.

Ho letto con una certa diffidenza il libro, notando subito quell’aggettivo “immaginari” che ricorda il titolo del celebre libro di Vittoria Ronchey dedicato ai marxisti immaginari di 50 anni fa, cioè i contestatori violenti e dogmatici dai quali nacque la scintilla del terrorismo rosso.

Non sono libri rapportabili perché quello della Ronchey è inimitabile per la scrittura e l’ironia angosciata con cui affronta il tema della scuola al collasso. Gli “antifascisti immaginari“ di Padellaro sono soprattutto i giornalisti e i commentatori televisivi e della carta stampata (di cui lui stesso fa parte) che esibiscono un antifascismo fatto di slogan, frasi fatte, parole d’ordine che altri urlano nei cortei e nelle piazze dopo aver cantato a squarcia gola “Bella ciao“. Padellaro rivela onestà, ricordando l’eroico (e dimenticato) antifascismo del Colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo vittima delle Fosse Ardeatine, capo della Resistenza romana, che fu contrario al terrorismo dei Gap, responsabile dell’attentato di via Rasella da cui scaturì la rappresaglia bestiale delle Fosse Ardeatine. Padellaro, scrivendo questo libro, si inimicherà sicuramente l’Anpi e tutto l’associazionismo che fa della militanza antifascista ad 80 dalla Liberazione la sua unica ragion d’essere.

Le pagine di Padellaro meritano di essere lette e sono anche un sicuro antidoto al velenoso ideologismo  di Canfora e di  Scurati. Fa piacere ad uno come me (che certe cose le scrive da decine d’anni, trovando spesso indifferenza e ostilità) vedere che molte delle sue riflessioni siano state sdoganate da Padellaro che solo in parte riesce a separare l’attualità politica dalla riflessione storica perché è un giornalista militante.

Infatti il vero punto su cui concentrare l’attenzione è la storicizzazione del fascismo che maestri come Renzo De Felice e Gian Enrico Rusconi hanno avvviato con scarso seguito. Bastano questi due nomi per ridimensionare  Padellaro che resta infatti   un giornalista. Mi domando se anche a lui verrà appioppata l’accusa di revisionismo che è stata affibbiata a tanti come fosse un’eresia meritevole di scomunica. Lerner ha già dato qualche segnale di intolleranza che avrà sicuramente dei seguaci.

Nell’elenco degli “antifascisti immaginari“ aggiungerei anche i piccoli storici torinesi che rinvigoriscono le vulgate pseudo -storiche del passato.

Solo Oliva è riuscito a scrivere con il distacco dello storico vero, partendo dal tema negato delle foibe, per giungere ad essere il vero erede di De Felice e soprattutto di Pavone. Anche lui subì in passato attacchi feroci da parte di una certa accademia settaria  e non è in televisione così di frequente come lo è  Barbero che, invece di limitarsi al Medio Evo, fa continue scorribande nella contemporaneità, prediligendo l’antifascismo.