Dopo aver letto il bell’articolo, pubblicato il 15 agosto su “Il Torinese”, del nostro Presidente, il prof. Quaglieni, sui ristoranti con buon cibo alla portata degli universitari, ho pensato di condividere le mie vacanze romane in famiglia con i lettori del “Pannunzio Magazine”.

Ed ecco per voi la prima puntata. Già alle 6:30 del mattino di lunedì 18 agosto eravamo pronti per imbarcarci a Linate alle 9:00, con in tasca la guida verde del Touring Club Italiano su Roma e Città del Vaticano (2002), presa in prestito in biblioteca. Sul volo il personale gentile e disponibile ci fece sentire come a casa. Una volta atterrati a Fiumicino ci dirigemmo alla stazione, dove comprammo i biglietti del Leonardo Express (€14,00 dai 12 anni in su), treno che in mezz’ora porta a Termini. Da lì imboccammo il tunnel della metropolitana, dove gli altoparlanti ci intimavano ripetutamente di stare attenti ai borseggiatori, mentre acquistavamo l’abbonamento settimanale (€29,00 dai 10 anni in su).

Scesi a Barberini raggiungemmo il nostro hotel in via del Tritone, vicino alla fontana di Trevi. E qui iniziarono i problemi. Mio figlio, che aveva conosciuto Roma grazie al libro “In giro per il mondo” di Richard Scarry, sognava di gettare la monetina nella fontana de “La dolce vita”. Ma, a differenza dei tempi di Anita Eckberg e di Marcello Mastroianni, la folla, accalcata per raggiungere la celebre vasca, era impenetrabile. Archiviato ma non abbandonato il progetto iniziale, cominciammo con il tour del centro: prima di tutto, una bella scarpinata fino al Quirinale, per vedere da fuori la sede del nostro Presidente della Repubblica, poi il Pantheon (27 a.C.) (entrata gratuita per insegnanti e minorenni), piazza Navona, piazza Pietra con il tempio di Vibia, Sabina e Adriano (145 d. C.). Non potevamo poi mancare di visitare – almeno – la chiesa di Sant’Ignazio di Loyola con la celebre finta cupola di Andrea Pozzo. La curiosità è che, sotto la mirabile prospettiva della Gloria dei Santi, è stato collocato un grande specchio: neanche più la fatica di alzare lo sguardo per ammirare un’opera d’arte. Così, il turista, armato di smartphone, si fa un bel selfie mentre si china a rimirare l’affresco. Peccato che non tutti e non tutte entrino in chiesa con vestiti di lunghezza adeguata al luogo sacro, sicché non sia inusuale vedere anche l’underwear degli sprovveduti visitatori impegnati ad ammirare il proprio riflesso e, forse, anche il dipinto del Pozzo.

La camminata era stata lunga e resa ancor più faticosa dal fatto che per le strade e le piazze di Roma, come delle altre città italiane, non esistono più le panchine da anni, dicono per tutelare il decoro urbano. Quindi con il caldo agostano, nemmeno una famigliola Brambilla in vacanza come la nostra poteva trovare ristoro per qualche istante. Tutti in piedi come soldatini, mentre gli homeless ripiegavano sui gradini di entrata dei palazzi privati per sdraiarsi a dormire.

Finito il giro turistico, ormai si avvicinava l’ora di cena per noi lumbard. Quindi, eccoci alle 19.00 in punto al primo ristorante del viaggio: l’Osteria dell’Ingegno in piazza Pietra. Nel locale si potevano ammirare sculture di ballerine e dipinti che erano stati acquistati dal precedente proprietario. Qui ordinammo un pescato del giorno (spigola) con carote viola, una cacio e pepe, le polpette, due dessert e un caffè. Totale sui 60€ con lo sconto del 50%, poiché avevamo prenotato tramite una nota app. Purtroppo, niente foto: i piatti, presentati in maniera curata, sono stati consumati prima di poter essere immortalati, un po’ perché l’appetito era a livelli record, un po’ perché non mi è mai piaciuta l’idea di fotografare il cibo al ristorante.

Dopodiché ci avviammo per le vie della Capitale verso l’agognato riposo.