Il 23 agosto 1820, duecento anni fa, nasceva ad Egna Camillo Zancani (Kamillus Joseph Thomas Zancan, secondo i registri parrocchiali), figlio di Giuseppe/Joseph, gestore dell’Osteria all’Agnello. Figlio del popolo, esponente di una borghesia molto piccola, Camillo non può studiare o dedicarsi all’attività intellettuale. Dopo aver aiutato il padre nella gestione dell’osteria, a vent’anni si trasferisce a Trento, ove lavora per negozi di manifattura e per ditte fornitrici di stoffa. E la stoffa per i fazzoletti bianco-gialli (i colori pontifici) con cui il pubblico di Trento saluta l’esecuzione in pubblico dell’inno a Pio IX nel 1847 (il pontefice era allora considerato un propugnatore dell’unità d’Italia, la prossima delusione sarebbe stata davvero amara…), così come quella per le cravatte tricolori (francesi) ostentate dai giovani liberali di Bolzano l’anno successivo viene fornita proprio da lui! Il 19 marzo 1848 scoppia a Trento l’insurrezione antiasburgica ma il moto, iniziato come una festa, si conclude tragicamente, con morti e feriti. Per sfuggire alla repressione poliziesca il giovane Camillo si rifugia a Vicenza dove si arruolerà nel Corpo Franco di Schio, comandato dal poeta Arnaldo Fusinato, e combatterà contro gli austriaci a Pian delle Fugazze e altrove. Tornato il Veneto in mano austriaca, si recherà a Brescia e si arruolerà nella Legione Tridentina. In ottobre, sopravvenuta l’amnistia, torna a Trento. Dal 1854 si stabilisce a Milano, ove vive accanto all’amico Ergisto Bezzi, di Ossana in Val di Sole (anche lui diverrà una figura di spicco del Risorgimento in Trentino, il 3 agosto ne è ricorso il centenario della morte) e nel 1857 trasformerà il proprio cognome da Zancan in Zancani e con questo cognome è passato alla storia. Nel 1859 partecipa alla seconda guerra d’indipendenza nei Cacciatori delle Alpi e combatte a Varese e a San Fermo . Nel maggio del 1860 parte da Quarto con i Mille al seguito di Garibaldi. Verrà ferito a Calatafimi, Palermo e al Volturno, segno che non era uomo da retrovie o da facili imboscamenti, bensì un valoroso combattente. Dopo la gloriosa impresa diventa difficile per lui reinserirsi nella società. E’ repubblicano, gli ambienti più retrivi tra le classi dirigenti poco stimano i garibaldini, considerati buoni solo quando offrono il petto ai fucili austriaci o borbonici, e ciò fa montare in lui la delusione e crescere l’amarezza. Questi sentimenti lo porteranno ad una clamorosa forma di protesta: il 5 maggio 1861, esattamente un anno dopo la Spedizione dei Mille, si presenta alla gendarmeria di Trento chiedendo di venire arrestato per le proprie idee irredentiste. Viene accontentato e portato ad Innsbruck ma è rilasciato alla fine di novembre: tutto ciò che ha commesso è stato in gran parte lavato via da precedenti amnistie, oppure non era reato secondo la legge austriaca, se compiuto da un cittadino italiano quale era ormai diventato. Nel 1862 è tra gli ambienti che preparano l’impresa di Aspromonte ma non vi partecipa direttamente, e qui devo correggere, anche grazie a notizie fornitemi dall’amico Leandro Mais, lo storico per eccellenza di quell’impresa, quanto ho accennato o scritto in passato al riguardo. Nel 1863-64 partecipa ad una cospirazione mazziniana per la liberazione del Trentino, cospirazione che avrebbe previsto l’uso di bombe ed esplosivi, ma il tentativo fallì prima di nascere e gran parte dei congiurati fu arrestata dalle polizie austriaca ed italiana. Per come la vedo io è andata bene così: sono sempre e comunque contrario all’uso del terrorismo, anche se utilizzato per finalità apparentemente nobili o patriottiche, e mi fa piacere che il “mio” Zancani non abbia avuto, neppure indirettamente, responsabilità nello spargimento di sangue innocente. Partecipa invece alla terza guerra d’indipendenza, nel 1866, arruolato nel 6° Reggimento Volontari Garibaldini. Qui si batte eroicamente a Cimego, il 21 luglio. Il fatto d’armi gli farà guadagnare la Croce dell’Ordine Militare di Savoia, onorificenza che si andrà ad aggiungere a due Medaglia d’Argento al Valor Militare. Quell’esperienza, però, inizierà a fargli perdere la lucidità mentale e spesso, in seguito, i vecchi amici stenteranno a riconoscerlo. Praticamente in miseria e dimenticato da tutti, si spegnerà a Venezia il 26 dicembre 1888 ed i funerali verranno fatti pagare dal suo antico commilitone Crispi, anche lui dei Mille, ma che ebbe l’opportunità di una più luminosa carriera.