Il chiodo fisso, Pier Franco Quaglieni

Il consigliere comunale Silvio Viale ha un chiodo fisso, se non una vera  e propria ossessione: da decine d’anni tenta a più riprese, quasi cicliche, di trovare il modo di  eliminare dalla Sala rossa del Comune di Torino il Crocifisso. Ancora quest’anno è stato smentito dal voto d’aula. Adesso ha lanciato una petizione on line che almeno in questa fase iniziale non ha fornito al consigliere un adeguato sostegno. Anzi, le contumelie  nei suoi confronti appaiono prevalenti.

L’obiezione principale  riguarda l’irrilevanza della questione in un’epoca di forti contrasti, di odi razziali e di guerre. Quel piccolo crocifisso appeso al muro – dicono in molti – non fa male a nessuno. Il crocifisso fa parte  della storia del mondo, in particolare dell‘umanità sofferente.

Magari Viale potrebbe tentare con la versione “ebrea“ del Cristo: magari in un certo contesto troverebbe adesioni in passato non ipotizzabili. Ma non va neppure dimenticato, per altri versi,  che gli Ebrei furono accusati di deicidio, una delle accuse più volgari dell’antisemitismo. Quella dei laicisti è la vecchia rancida tesi secondo cui in un luogo pubblico il Crocifisso offende la laicità dello Stato. E’ un’opinione che tanti laici hanno rifiutato perché, per dirla con le parole di un filosofo laicissimo, Benedetto Croce, ”non possiamo non dirci cristiani“ al di delle credenze religiose. Il piccolo saggio di Croce andrebbe letto e conosciuto- Io stesso l’ho pubblicato due volte.

La storia non si cancella, mettendo in un cassetto il Crocifisso perché esso non è simbolo identitario della Chiesa cattolica o delle chiese riformate o ortodosse che siano, ma di una storia che fa parte non solo dell’Occidente, ma assume una valenza universale. E’ il simbolo della sofferenza, della passione e della morte di un uomo che, al di là del fatto di essere figlio di Dio, riassume un pensiero, quello dei Vangeli, con cui non è possibile non confrontarsi  nel corso della vita umana. Solo una visione molto ignorante o nichilista o cinica  potrebbe considerare la figura di Cristo un qualcosa di irrilevante. Laico non significa ateo: l’ateismo di Stato ha rappresentato un momento di grave negazione della libertà come già prima dimostrò il terrore giacobino che voleva cancellare il Cristianesimo perfino dal calendario. Portare la propria croce è diventato un modo di dire che anche gli atei adoperano.

Ci sarebbero tante altre riflessioni che potrebbero essere scritte e che in passato ho condensato in una voce di enciclopedia dedicata alla laicità. L’iniziativa di Viale non merita altro tempo. Vorrei concludere, dicendo che deve essere  lasciata  la libertà di considerare quel pezzo di legno nei modi più intimamente diversi. Lo affermava  già trenta e più anni fa l’atea filocomunista  di origine ebrea Natalia Ginzburg, scrivendo che “e’ tolleranza consentire ad ognuno di costruire attorno ad un crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri”.

La contro crociata contro Gesù Cristo nell’Aula del Consiglio comunale di Torino potrebbe portare per coerenza a dare la caccia ai crocifissi, un’azione priva di senso e fortemente carente di senso della storia. Nella crisi di tutte le fedi ideologiche il Cristianesimo resta la più duratura lezione di amore, fratellanza e pace tra gli uomini. Il rimedio all’odio e alle violenze fanatiche che sembrano prevalere .