Una vasta mostra retrospettiva a Ferrara, a palazzo dei Diamanti, riflette su Achille Funi, l’artista che Boccioni definì ‘tra tutti, il pittore più solido’.
Ferrara tributa a Palazzo dei Diamanti, aperta fino al 25 febbraio 2024, una mostra a Achille Funi, l’artista umanista moderno, con l’esposizione di ben 120 suoi capolavori.
Per Achille Funi la pittura era un fatto magico e la sua storia risulta sicuramente complessa, soprattutto nel secondo decennio del Novecento, a partire dell’adesione al Futurismo, dal dialogo con Cézanne e gli Impressionisti e poi, negli anni Venti, quando nacque il Movimento Novecento, a partire dal rapporto con Picasso, Braque e Derain.
Una delle migliori definizioni dell’arte di Virgilio Socrate Achille Funi, nato a Ferrara nel 1890 e spentosi a Appiano Gentile nel 1972, è quella data da Umberto Boccioni nel 1916 quando lo definì “il pittore più solido, più sincero, l’unico preoccupato di dare, attraverso pure forme e colori, una emozione plastica”, sicuramente uno degli artisti più interessanti del Novecento italiano.
Intorno al 1917 il percorso di Funi cambia, probabilmente influenzato dalla ricerca di Giorgio De Chirico, mentre appare un linguaggio diverso, una costruzione più solida delle forme, che quasi risultano bloccate nella loro fissità. Lo dimostrano opere come il ‘Ritratto di Margherita Sarfatti’ del 1917 e ‘Margherita Sarfatti con la figlia Fiammetta’ del 1919/20, o opere come ‘Eva’, ‘Ragazza dormiente’ in cui è presente un dialogo preciso con Picasso e Derain, con il cubismo sintetico, senza per questo dimenticare Cézanne.
La mostra ferrarese ne ripercorre tutte le tappe in un viaggio affascinante attraverso i decenni controversi della storia italiana.
Appena diplomato a Brera, come altri suoi colleghi, Achille Funi avvertì l’esigenza di superare i limiti dell’accademismo e per questo guardò con interesse a Cézanne, il padre di tutte le avanguardie del Novecento e di lì sviluppò una sorta di “cubismo futurista”, in cui i contrasti volumetrici costituivano il nerbo della scena, che veniva declinata sulla base dei cromatismi di August Macke e della pittura orfica di Robert Delaunay. Al Futurismo Funi preferì Cézanne e le avanguardie francesi, si lasciò suggestionare da quel dinamismo delle emozioni plastiche introdotto da Boccioni.
Funi visse la parentesi della grande guerra, cui partecipò come volontario nel Battaglione Ciclisti Automobilisti fino al dicembre 1915 e quindi come Tenente dei Bersaglieri. Questa esperienza gli diede la possibilità di cimentarsi con acquerello e disegno, per produrre bozzetti di vita militare, dall’espressivo tratto cézanniano. Gli anni Venti furono un decennio che Funi inaugurò sotto l’egida del realismo magico, contraddistinto dal richiamo al Quattrocento ferrarese di Tura e di Cossa, dal geometrismo, dai colori smaltati e figure femminili sospese tra cielo e terra. La sua si può definire una pittura intrisa di sensualità, malinconia, erotismo, che racconta la complessità dell’uomo, attraverso quel realismo che Robert Capa definì “leggermente fuori fuoco”. Il primo Rinascimento quattrocentesco si fonde con l’austerità della scultura romana, accostati al Picasso ‘classicista’ e a Derain e al suo sintetismo.
Profondamente affascinato dai miti classici, Funi li rilesse in chiave metafisica e, attraverso la figura umana, riuscì a celebrare l’’eternità della vita nell’arte’, attingendo ai valori della tradizione classica, come il linguaggio più attuale di Cézanne, Picasso, De Chirico e Derain.
Gli anni Quaranta videro l’artista ripiegato dal veder svanire quelle speranze che il fascismo aveva suscitate, come dimostra la tela dal titolo “Ferrara ferita”, dove Achille Funi pianse i tanti soldati ferraresi caduti sui vari fronti europei e africani.
Il rapporto di Funi con la sua città natale risulta sublimato in un ciclo di affreschi realizzato tra il 1934 e il 1937 su commissione dell’amministrazione comunale ferrarese, per la sala dell’Arengo del palazzo Municipale. In mostra sono visibili diversi bozzetti preparatori che ripercorrono la storia della città secondo i miti e le leggende dell’Ariosto e del Tasso. Ne emerge una Ferrara eroica e passionale, in linea con l’immagine che dell’Italia voleva Mussolini. Guerrieri e dei, angeli e santi sono immortalati secondo i canoni della statuaria greco romana, con quella virilità che Funi tempra di uno spirito delicato e poetico venato di elegia.
La mostra dedicata ad Achille Funi è promossa dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara, curata da Nicoletta Colombo, Serena Redaelli e Chiara Vorrasi.
Il percorso prende avvio dalle prime prove accademiche del giovane Funi che lasceranno presto spazio a una fase futurista scaturita dalla frequentazione di Boccioni, Carlo Carrà, Russolo e Bonzagni, testimoniata da opere come “Uomo che scende dal tram” e “Il motociclista”.
Il visitatore viene poi accompagnato attraverso le tappe del ritorno all’ordine che si sviluppa nell’Europa del Dopoguerra e di cui Funi si fa interprete, dalle opere di transizione, nel segno di Cézanne e della metafisica, come “Genealogia” del 1918/19, per giungere ai capolavori del realismo magico, quali “Maternità”” La terra” e anche ‘L’acqua’, esposta in questa occasione dopo oltre un secolo, fino alle pietre miliari di Novecento, il movimento guidato da Margherita Sarfatti. Si ricordano l’Autoritratto del Museo della Svizzera Italiana di Lugano, la picassiana Saffo, l’androgena Venere conservata al Museo Cantonale di Losanna.
Il percorso prosegue con le opere degli anni Trenta e Quaranta, dove l’artista affronta con uno stile del tutto personale i generi della storia dell’arte, dal ritratto alla pittura storico mitologica, testimoniata da Publio Orazio che uccide la sorella, dalla natura morta al paesaggio.
L’esposizione si conclude con la stagione della pittura murale. Funi, insieme a Sironi, dà nuovo slancio alla tradizione italiana dell’affresco e del mosaico impegnandosi nella decorazione di nuovi edifici pubblici sorti nell’ambito dell’attività urbanistica e edilizia promossa dal regime.
La rassegna è anche l’occasione per riscoprire il mito di Ferrara, imponente impresa decorativa che Funi realizza per la Sala dell’Arengo della Residenza Municipale della città estense.
Il ciclo rappresenta la summa dei numerosi progetti murali che egli affrescò negli anni Trenta e Quaranta a Milano, Trieste, Roma e Tripoli, di cui in mostra è presente una superba selezione di cartoni preparatori.
Palazzo dei Diamanti corso Ercole I d’Este 21 Ferrara
Apertura dalle 9.30 alle 19.30