La cronaca della testimonianza del prof. Gianni  Vattimo al  processo per circonvenzione di incapace nei confronti del suo badante e assistente  con cui ebbe anche un rapporto “sentimentale“ (così scrive “La Stampa“) rivela un modo un po’  barbaro e inumano di intendere e praticare la cronaca. Vattimo è un uomo molto anziano e malato. Il solo fatto di mettere in piazza le sue malattie è un’evidente violazione della sua privacy. Ed anche tutto il resto che attiene la sua vita privata ,non dovrebbe essere oggetto di un articolo stampato con tanta evidenza. Non si chiede nessun privilegio. Vattimo è stato anche deputato europeo ed è stato un uomo pubblico, ma esistono confini precisi che vanno rispettati. Io che non sono mai stato un amico di Vattimo e neppure un estimatore del suo pensiero filosofico mi ribello all’idea di vederlo trattato così. Non chiedo censure, sia chiaro, ma ci sono anche delle regole non scritte che travalicano il diritto di cronaca e che riguardano l’umana pietà. Vattimo era testimone, non imputato. Sembra che il riguardo sia stato usato per quest’ultimo. Il pezzo è firmato da una delle migliori giornaliste di Giudiziaria anche molto coraggiosa , capace di non fermarsi davanti al conformismo. Ma questa volta la testimonianza di  Vattimo riportata in quella maniera, magari anche fedele a quanto è accaduto, non  mi pare opportuna. Così come un interrogatorio in tribunale di tre ore per un uomo che è trasportato in carrozzella, mi sembra un po’ esagerato. Per fortuna sua, Vattimo passerà alla storia per il suo pensiero “debole“ e non per le  sue debolezze senili.