Cavour fece l’Italia, ma fu Mazzini a fare gli Italiani, di Pier Franco Quaglieni
Mi sono dedicato in tempi recenti a Mazzini come storico del Risorgimento, attento -come lo fu uno dei maestri, Sandro Galante Garrone- ad una figura centrale della storia e della cultura dell’800 italiano ed europeo, cercando quindi di mantenere il distacco critico necessario, senza indulgere a simpatie o antipatie. Ho ripubblicato “I doveri dell’uomo “ di Mazzini perché oggi, in epoca di soli diritti, è indispensabile superare gli individualismi egoistici che rischiano di disgregare la società , sottolineando anche i doveri che molti hanno archiviato in nome di un presunto radicalismo del tutto estraneo alla storia del Radicalismo italiano da Bertani a Pannunzio, da Cavallotti a Pannella. Il relativismo etico non appartiene alla cultura laica, ma all’edonismo senza regole. Le vite dei laici Benedetto Croce e Gaetano Salvemini, ad esempio, furono austere, severe ed esemplari come sa chi sa di giocarsi la vita solo nell’aldiquà, senza speranze di paradisi e senza paure di inferni nell’aldilà. I pregiudizi su Mazzini sono ancora molti. Non è stato considerato abbastanza il suo grande apporto di idee dato al Risorgimento. Fu politicamente un perdente, ma basterebbe la Costituzione della Repubblica romana a farci capire il suo spessore politico. I suoi scritti contribuirono in modo molto significativo, a “fare gli Italiani” come postulava Massimo d’Azeglio. Cavour fece l’Italia, ma non arrivò a tempo a fare gli Italiani perché morì pochi mesi dopo la proclamazione del Regno nel 1861. Mazzini fu un laico direttore di coscienze, come lo fu su altri versanti il cattolico Alessandro Manzoni che con il suo romanzo contribuì all’unificazione morale, civile e linguistica della nuova Italia, come comprese Francesco de Sanctis. Un laico direttore di coscienze di cui l’Italia in modo disinvolto pensò presto di fare a meno, restando in parte “un popolo di levantini e africani”, come diceva Giaime Pintor. Una parte dei suoi oppositori ha combattuto Mazzini perché fu tra i primi che vide nel pensiero marxiano il pericolo di idee autoritarie incompatibili con la libertà . Mazzini ebbe ben presente la questione sociale , ma rifiutò sempre di negare la proprietà privata. I suoi avversari ne fecero sovente un fantoccio polemico, mentre Mazzini è un uno dei pensatori politici italiani dell’800 di respiro davvero internazionale. La strumentalizzazione più vistosa ed eclatante di Mazzini avvenne con Giovanni Gentile e il fascismo che si impadronirono della sua figura carismatica per vedere in lui un antesignano del fascismo visto come punto di arrivo del Risorgimento. Si tratta di una tesi storiograficamente infondata perché il fascismo fu l’Anti Risorgimento, come videro immediatamente Benedetto Croce e Adolfo Omodeo. Il pensiero di Mazzini fu in realtà un pensiero democratico -rivoluzionario, anche se legato ad alcuni punti fermi: Dio, Patria, Famiglia, Umanità. La sua idea di Repubblica unitaria – come quella repubblicana e federalista di Cattaneo- fu nel Risorgimento una grande e bella utopia che venne solo in parte realizzata con la Costituzione del 1948. Anche oggi possiamo attingere da Mazzini spunti molto attuali soprattutto in tema di doveri e di parità tra uomo e donne , tema che Mazzini senti particolarmente. Il limite mazziniano è forse l’intransigenza che pure è una sua virtù che pagò con carcere ed esilio. Garibaldi che certo non possedeva la cultura politica di Mazzini, capì che per fare l’Italia occorreva un compromesso con Cavour e il Piemonte sabaudo. Mazzini rimase sempre intransigentemente repubblicano, anche se dopo il 1861 non boicottò mai il nuovo Stato unitario, dando prova del suo alto patriottismo nazionale.