Tanti modi di vedere i fatti di Ucraina e tante elucubrazioni: qui vorrei proporre qualche considerazione meno sottile, senza confrontarmi con i politologi e cominciando da quella che a me pare un’ovvietà, ma invece è considerata semplicistica (“la situazione è complessa”). In questo momento Putin è il nemico non solo dell’Ucraina, ma del “nostro” mondo nel quale individua (1) il portatore di un sistema politico e di una “cultura” della quale teme il contagio, e (2) lo showroom di un benessere che il “suo” sistema non è riuscito a produrre. Il timore di contagio è lo stesso che nutre l’Ayatollah: diversa solo la radice, politica per l’uno e religiosa per l’altro. Personalmente, mi dichiaro tutto per l’Ucraina, un po’ perché istintivamente si tifa per il più debole, ma soprattutto perché abbiamo un nemico comune; convinto come sono che in politica esistono nemici, ma non esistono amici, al massimo alleati, più o meno temporanei. Fin qui, elementare. Ma i media propongono discorso complessi, con numerose le parole chiave che si prestano a discussione: guerra, pace, libertà, dialogo, informazione, censura… Prendiamo “libertà”. I giovani ucraini si battono valorosamente in difesa della Libertà: questa almeno è la valutazione espressa in Occidente (tranne che dai tifosi di Putin). Orbene, quei giovani hanno dei bisnonni che videro negli anni 30 la strage della classe contadina ucraina realizzata da Stalin ,con lo strumento della fame, per il suo disegno di collettivismo. Il numero dei morti è controverso, ma sempre nel range di qualche milione. Milione di Ucraini! Proprio perduto quel ricordo? Sono bastate tre generazioni a cancellarlo? Più probabile che conti non meno dell’ansia di Libertà! Al tema della libertà ne è legato un altro, quello del supporto popolare per Putin. Che è ampio, anche se questo disturba i più autorevoli commentatori. Mi piace citare un autore che di Libertà (e di Russia) se ne intendeva, il dissidente Andrej Amalrik, che ci diede il famoso “Sopravvivrà l’Unione Sovietica fino al 1984?”. Sentiamolo: “La parola stessa libertà è percepita dalla maggioranza come sinonimo di disordine, come possibilità di abbandonarsi impunemente a qualsiasi azione antisociale o pericolosa”. Si riferiva alla Russia degli anni 80, ma pensiamo che il comune sentire sia molto cambiato? Quanto alla personale ideologia di Putin, c’è una posizione importante, che non ho mai sentito citare, ed è quella dei comunisti russi, raccolti in un partito non trascurabile (vale tra il 10 e il 20% dell’elettorato). Considerano Putin non come un comunista, bensì (udite, udite) come il portatore di un’ideologia nazionalista (sul che convengo calorosamente) essenzialmente borghese e “di destra”. Un altro punto che sarebbe divertente, se il momento non fosse tragico, è anche il confronto tra le valutazioni di Putin e quelle del suo amico, il Primate di tutte le Russie della Chiesa ortodossa. Per Putin gli Ucraini vanno castigati perché sono neo-nazisti, per il Primate invece perché corrompono il popolo con la loro cultura LGBT. Insomma, nazisti e gay ‘sti Ucraini! Per chi ha presente la storia, un’associazione straordinaria. “Pace”, altra parola chiave. La pace regna – sembra ovvio – quando i due contendenti si temono: quando invece uno dei due è prepotente e l’altro un cala-braghe del tipo “morire per Danzica?”, è facile prevedere come va a finire. Ma anche questo è un discorso troppo semplice. Vengo ad un punto antropologicamente interessante: quello dei “tifosi” di Putin, che presentano tipologie molto differenziate. Ci sono ex comunisti duri e puri i quali non si sono accorti della evoluzione del Putin-pensiero. Ma non sono la maggioranza. I più hanno motivazioni altre e molteplici. In cima metterei il fascino dell’Uomo forte, lo stesso per il quale, tra le due guerre, intellettuali eminenti dall’Occidente sciamavano verso il Cremlino a omaggiare il boss. Poi c’è l’anti-americanismo che non ha solo matrice comunista. Esiste un certo cattolicesimo, quello che ha come profeti Giuseppe Dossetti e il “sindaco santo” La Pira (e che rivive nel pensiero dell’attuale pontefice), per il quale il capitalismo è colpito con lo stesso stigma dell’usura, stigma che si estende alla NATO e al Big Mac. Povero è bello, e i Russi sono poveri. Poi ce n’è un altro importante: il disamore per la democrazia inetta. L’Uomo forte “fa” le cose, l’uomo democratico “ne discetta”; a volte finisce come col TAV, che dopo aver discettato vent’anni non sono nemmeno riusciti a scavare il buco. Un punto debole, bisogna riconoscerlo. Per finire: è stato detto in alto loco che le guerre sono “sacrileghe”, e certo non è questa l’impressione che si ricava leggendo nella Bibbia il Libro di Giosuè. Ma i tempi sono cambiati. Quando ero giovane, prima di diventare cinico, mi emozionavano i versi di Tennyson “there’s not to reason why / there’s but to do and die”. Adesso, i 600 della famosa carica sarebbero censurati per scarsa propensione al dialogo.
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