Promette di replicare il successo riscosso recentemente a Rovigo la mostra “Henri Cartier-Bresson e l’Italia”, visitabile dal 14 febbraio al 2 giugno 2025 presso il Centro Italiano per la Fotografia di Torino. La rassegna propone 160 opere e documenti d’archivio, provenienti dalla Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi, ed è promossa dalla Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. I curatori sono Clément Chéroux, direttore della fondazione parigina, e Walter Guadagnino, direttore di Camera, i quali hanno selezionato, dalla ricchissima produzione del fotografo francese, una rassegna cronologica delle immagini che scattò nei suoi viaggi in Italia dagli anni ’30 agli anni ’70 del Novecento, che oggi ci consente di compiere un viaggio ideale attraverso il tempo, la storia e i luoghi del nostro Paese. Il percorso narrativo va dall’anteguerra alla ricostruzione sulle macerie del conflitto, al benessere economico negli anni del consumismo, fino all’industrializzazione del secolo scorso. Henri Cartier-Bresson arriva in Italia per la prima volta nel 1932, per un viaggio di piacere con due amici: la pittrice Leonor Fini e lo scrittore André Pieyre de Mandiargues. Ha 24 anni, una solida formazione artistica e una buona conoscenza del Surrealismo, ma si è appena lasciato alle spalle il progetto di dedicarsi alla pittura e inizia a fare i primi passi nel mondo della fotografia con una Leica appena acquistata. Già nei primi scatti di questa esperienza italiana si intravede il percorso che lo renderà celebre. Cartier-Bresson si distingue per la sua capacità di catturare il momento perfetto, trasformando la realtà in una fotografia che va oltre la semplice rappresentazione visiva. La sua straordinaria capacità compositiva gli permette di trasformare gesti quotidiani in narrazioni potenti, unendo intuizione e sensibilità “scenico-drammaturgica” che diventeranno la sua cifra artistica. Tra gli anni ’40 e ’50, dopo aver fondato l’agenzia “Magnum” con Robert Capa, Henri Cartier-Bresson diventa celebre a livello mondiale. Le sue opere vengono esposte in musei prestigiosi come il MOMA di New York, a Londra, in Giappone e al Louvre. È il primo fotografo a essere considerato un artista, contribuendo a far nascere il concetto di “arte” della fotografia. Torna più volte in Italia, fotografando città come Genova, Venezia, Firenze, Roma, Napoli e Ischia. I suoi reportage, realizzati per testate internazionali, raccontano un’Italia affascinante e in cambiamento, tra la rinascita post-bellica e l’inizio del consumismo. L’interesse verso l’Italia, percepita come un paese esotico, è grande. Cartier-Bresson diventa amico di intellettuali come Carlo Levi e Pier Paolo Pasolini, e la sua fotografia documenta il contrasto tra il Sud, ancora arretrato, e il Nord, che si sta allineando con i paesi più progrediti d’Europa. Cartier-Bresson cattura il passaggio dalla tradizione alla modernità e dalla società agricola a quella industriale lavorando, negli anni ’70, per aziende come Olivetti. Nella rassegna torinese, possiamo ammirare diverse fotografie emblematiche della sua cifra stilistica. Una di queste ritrae un uomo in camicia bianca che legge il giornale, con le braccia allargate e una pesante tenda davanti a lui. L’immagine è surreale, con la testa dell’uomo che sembra avere la forma del nodo della tenda che egli ha di fronte. A Venezia, un anziano prelato passa davanti a una colonna bianca, ma ciò che colpisce è la figura di un marinaio in primo piano, che, con il suo sguardo interrogativo, rende la fotografia straordinaria. A Roma, durante le feste natalizie del boom economico, un vigile dirige il traffico, impeccabile e sobrio nella sua divisa nera, ma ai suoi piedi ci sono cestini di doni.
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