C’è una cosa che mi ha sempre commosso ed è la storia di quello che accadde la sera della vigilia di Natale del 1914 nelle trincee delle Fiandre. Siamo quasi al quinto mese di guerra e per la prima volta nella storia milioni di uomini sono schierati l’un contro l’altro e sono là per scannarsi a vicenda. Vivono in condizioni orrende in trincee scavate alla bell’e meglio. In molti punti del fronte, gli eserciti sono separati da poche decine di metri. Possono ascoltarsi, spiarsi, spararsi, ma anche parlarsi. A Ypres inglesi e tedeschi per tutto il giorno si sono scambiati fucilate, ma ad un certo punto arriva la sera e succede il miracolo. Il caporale Leon Harris del 13esimo battaglione del London Regiment in una lettera scritta ai genitori che stavano a Exeter racconta: «È stato il Natale più meraviglioso che io abbia mai passato. Eravamo in trincea la vigilia di Natale e verso le otto e mezzo di sera il fuoco era quasi cessato. Poi i tedeschi hanno cominciato a urlarci gli auguri di Buon Natale e a mettere sui parapetti delle trincee un sacco di alberi di Natale con centinaia di candele. Alcuni dei nostri si sono incontrati con loro a metà strada e gli ufficiali hanno concordato una tregua fino alla mezzanotte di Natale. Invece poi la tregua è andata avanti fino alla mezzanotte del 26, siamo tutti usciti dai ricoveri, ci siamo incontrati con i tedeschi nella terra di nessuno e ci siamo scambiati souvenir, bottoni, tabacco e sigarette. Parecchi di loro parlavano inglese. Grandi falò sono rimasti accesi tutta la notte e abbiamo cantato le carole. È stato un momento meraviglioso e il tempo era splendido, sia la vigilia che il giorno di Natale, freddo e con le notti brillanti per la luna e le stelle». Fu una iniziativa spontanea, organizzata dal basso e senza nessun coordinamento. Interesso più punti del fronte occidentale. Quando la notizia raggiunge i vertici militari suscitò grande scandalo. Si pensò alla corte marziale per chi non si era adoperato per impedire che accadesse. Così, la tregua di Natale finì improvvisamente, proprio come era iniziata. Ma per poche ore, scrive Rifkin, “per poche brevi ore, non più di un giorno, decine di migliaia di soldati uscirono dai ranghi, spezzando non solo la catena di comando ma anche i vincoli di fedeltà alla patria, e dimostrando di essere innanzitutto uomini. Nel bel mezzo del terrore e dei massacri, fecero un coraggioso passo indietro rispetto ai propri obblighi istituzionali, per esprimersi a vicenda un sentimento di compassione e onorare la vita altrui”. Furono poche ore, ma il senso forse è chiaro. Come esseri umani ci è congeniale la cooperazione, mentre la competizione, la lotta sono sentimenti estremi che devono essere imposti con la forza dall’alto o da particolari circostante. Sono l’eccezione, non la regola. Anche la pandemia ha portato morte, isolamento e produrrà disastri economici, ma la cooperazione tra le nazioni, tra i centri di ricerca, tra le intelligenze sparse ovunque ha prodotto in pochissimo tempo un altro miracolo e cioè quel vaccino, che è forse la nostra arma più potente contro una natura che sa essere anche matrigna. O forse no, l’arma più potente che abbiamo è la nostra capacità di sostenerci a vicenda, di cooperare e remare tutti nella stessa direzione. La nostra arma più potente come genere umano è il mutuo appoggio, l’aiuto reciproco, la solidarietà. A nome di Stroncature auguro a tutti voi che ogni giorno seguite quello che facciamo e a quanti fanno di Stroncature un’opera corale che anche per voi questo sia “il più meraviglioso Natale”.
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