Nell’Atene del V secolo A.C. nel campo di quella, che oggi potremmo chiamare la “sinistra”, si confrontarono due personaggi: Cimone e Pericle. Entrambi intendevano perseguire il bene del popolo, ma le loro strategie erano antitetiche.
Cimone riteneva che il bene delle classi popolari si raggiungesse soddisfacendo i loro bisogni e usava, di conseguenza, le sue ricchezze per elargire sussidi e mettere a disposizione dei cittadini ateniesi bisognosi i prodotti delle sue terre. Sfamare il popolo era il suo slogan “riformista”.
Pericle, al contrario di Cimone, quando arrivò al potere ad Atene decise di rispondere ai bisogni popolari introducendo una grande politica di opere pubbliche. Tutti gli ateniesi furono assunti come salariati della città. A Fidia, il grande architetto, fu affidato il compito di presiedere al grande cambiamento. Ingegneri, architetti, muratori, scalpellini, disegnatori e così via, tutta Atene si mobilitò nel costruire quelle grandi opere, molte delle quali ancora oggi testimoniano simbolicamente quella che fu la grande Grecia. Il Partenone di Pericle è ancora in piedi.
Sia Cimone che Pericle guardavano con attenzione ai problemi della popolazione ateniese, ma le loro soluzioni divergevano: Cimone aveva sposato l’assistenzialismo, Pericle perseguiva la politica del pieno impiego.
A distanza di quasi 2.500 anni il tema è sempre lo stesso: come affrontare e risolvere la domanda che viene dalle classi più disagiate del Paese e le risposte sono sempre due: o dare assistenzialismo o creare lavoro.
La politica assistenzialistica dei due governi che hanno colorato la legislatura in atto, con quota 100 e il reddito di cittadinanza (due misure ancora in vita) ha dimostrato con chiara evidenza quanto questa ricetta sia, non solo insufficiente, ma anche estremamente dannosa per affrontare e risolvere i problemi di un Paese sulla via del declino.