1. La sentenza della Corte Costituzionale 27.4.2022 n. 131
La sentenza della Corte Costituzionale numero 131 del 27 aprile 2022 (Presidente. Amato, Estensore Navarretta), pone fine ad una consuetudine millenaria, tramandataci dal diritto romano e da sempre mantenuta, vale a dire quella dell’attribuzione del patronimico, al momento della nascita.
Infatti, con la sentenza numero 131 del 27 aprile scorso, in commento, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 262, primo comma, del codice civile, “nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto”, con conseguente violazione degli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo (in forma abbreviata CEDU).
L’illegittimità costituzionale è stata estesa anche alle norme sull’attribuzione del cognome al figlio nato nel matrimonio ed al figlio adottato. Inoltre, la Corte Costituzionale ha rimesso alla valutazione del legislatore “l’interesse del figlio a non vedersi attribuito, con il sacrificio di un profilo che attiene anch’esso alla sua identità familiare, un cognome diverso rispetto a quello di fratelli e sorelle”.
La vicenda trae origine dalle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, del codice civile, sollevate dal Tribunale di Bolzano, nella parte in cui, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento contemporaneo del figlio, non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, il solo cognome materno. Infatti, ad avviso del giudice rimettente, la norma censurata si porrebbe in contrasto con gli artt. 2, 3, 11 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), del 4 novembre 1950, nonché agli artt. 7 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE) del 7 dicembre 2000 e adattata a il 12 dicembre 2007.
In particolare, il giudice rimettente precisa che, in sede di dichiarazione di nascita, i genitori le avevano attribuito il solo cognome della madre. Successivamente, la dichiarazione veniva trasmessa all’ufficiale dello stato civile il quale, nell’atto di nascita, riportava il solo cognome materno, come confermato, anche successivamente, essere la volontà dei genitori. In conseguenza di quanto sopra, dunque, il Tribunale di Bolzano solleva questioni di legittimità costituzionale, come meglio sopra ricordato, ritenendo:
a) che la norma censurata, come risultante dalla citata sentenza di questa Corte n. 286 del 2016, permette l’attribuzione al figlio del doppio cognome, mediante l’aggiunta di quello materno, ma non, come voluto da entrambi i genitori, l’attribuzione del solo cognome della madre;
b) che la disciplina sull’attribuzione del cognome applicabile, non sarebbe, innanzitutto, conforme all’art. 2 Cost., sotto il profilo della tutela dell’identità personale del figlio, in quanto il valore dell’identità della persona riflesso nel nome, nella pienezza e complessità delle sue espressioni, e nella sua valenza pubblicistica e privatistica, porterebbe ad “Individuare nei criteri di attribuzione del cognome del minore profili determinanti della sua identità personale”.
c) un contrasto con il principio di eguaglianza riferito al genere, non trovando la disposizione censurata alcun sostegno nell’art. 3 Cost., che deve ispirare i rapporti fra i genitori.
A sostegno delle argomentazioni sopra svolte, il Tribunale di Bolzano richiama richiama la motivazione della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo contro Italia, che avrebbe ravvisato nell’impossibilità per i genitori di attribuire al figlio, al momento della nascita, il cognome della madre, anziché quello del padre, una violazione dell’art. 14 CEDU (divieto di discriminazione), in combinato disposto con l’art. 8 della medesima Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare).
Infine, secondo il Tribunale di Bolzano, la norma censurata si porrebbe in contrasto anche con gli artt. 7 e 21 della Carta Fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea i quali, ad avviso del rimettente, risulterebbero corrispondenti agli artt. 8 e 14 CEDU.
Nel corso del giudizio, la Consulta, solleva innanzi a sé questioni di legittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, cod. civ., in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, nella parte in cui, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori imporrebbe, in mancanza di diverso accordo dei genitori, l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.
La Consulta, quindi, nel ritenere fondata la dichiarazione di illegittimità costituzionale, il 27 aprile scorso, si esprime nel senso che il cognome del figlio “deve comporsi con i cognomi dei genitori”, nell’ordine dagli stessi deciso, fatta salva la possibilità che, concordemente, i genitori attribuiscano soltanto il cognome di uno dei due. Infatti, secondo i Giudici della Consulta, si porrebbe in palese contrasto con i principi costituzionali invocati impedire “ai genitori di avvalersi, in un contesto divenuto paritario”, dell’accordo per rendere un unico cognome segno identificativo della loro unione, capace di farsi interprete di interessi del figlio.
Di conseguenza, l’accordo tra i genitori diventa presupposto imprescindibile per poter attribuire al figlio il cognome di uno soltanto dei genitori. In mancanza di tale accordo, devono essere attribuiti i cognomi paterno e materno, nell’ordine deciso dai genitori. Qualora vi sia un contrasto sull’ordine di attribuzione dei cognomi, si rende necessario l’intervento del giudice, già previsto in relazione alla risoluzione delle questioni relative al disaccordo su scelte riguardanti i figli.
Il primo principio espresso dalla Consulta, dunque, è quello della tutela dell’interesse dei figli, e non della madre, a poter portare il cognome di quest’ultima, se ciò costituisca un completamento del loro diritto all’identità personale. Diritto, quest’ultimo, riconosciuto dalla Costituzione e riportato nel codice civile. Peraltro, il Giudice delle Leggi, in una precedente sentenza, e precisamente la numero 13 del 3 febbraio 1994, aveva già precisato che il legame tra tutela del diritto alla personalità e cognome come segno distintivo della persona è dato dal diritto all’identità personale, da intendersi come diritto di godere della propria identità nel contesto sociale, principio che trova tutela nell’articolo 2 della Costituzione.
Inoltre, il punto di contatto tra diritto al nome e automatismo della trasmissione del cognome, come anche espressamente rilevato dalla giurisprudenza comunitaria, alla quale la Consulta fa richiamo, consiste proprio nell’impedimento dell’attribuzione di un cognome diverso da quello paterno, in forza di un vincolo di legge insuperabile, che proprio perché non derogabile può porsi in contrasto con l’interesse del minore a portare anche il cognome materno.
La sentenza in commento, in particolare, recepisce e dà continuità ai principi espressi dalla CEDU, e, a tal fine, richiama, anzitutto, la sentenza Cusan – Fazzo contro Italia del 7 gennaio 2014, sopra citata, secondo la quale “L’impossibilità per i genitori di attribuire al figlio, alla nascita, il cognome della madre, anziché quello del padre, integra violazione dell’art. 14 (divieto di discriminazione), in combinato disposto con l’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della CEDU, e deriva da una lacuna del sistema giuridico italiano, per superare la quale «dovrebbero essere adottate riforme nella legislazione e/o nelle prassi italiane». Secondo la Corte di Strasburgo, tale impossibilità non può essere compensata da una successiva autorizzazione amministrativa, finalizzata a cambiare il cognome dei figli minorenni aggiungendo a quello paterno il cognome della madre.
Inoltre, la posizione assunta dalla Consulta il 27 aprile scorso, si pone in continuità con il proprio orientamento, espresso, in particolare, dalla sentenza n. 286 del 8 novembre 2016, relativa all’automatismo dell’attribuzione del patronimico, nella quale si evidenziava già la necessità di dare rilevanza ad entrambe le figure genitoriali, come impone il principio di eguaglianza, di cui all’articolo 3 della Costituzione :”La previsione dell’inderogabile prevalenza del cognome paterno sacrifica il diritto all’identità del minore, negandogli la possibilità di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome materno”.
La sentenza della Consulta adegua, dunque, il diritto interno, non solo, come detto, alla giurisprudenza della CEDU ed alla Costituzione, ma anche alla legislazione sovranazionale, ed in particolare:
* alla Convenzione di New York del 1979 (ratificata con legge italiana del 1985 n. 132) che assicura gli stessi diritti personali al marito ed alla moglie, anche in relazione alla scelta del cognome;
* alla Risoluzione del Consiglio di Europa n. 37 del 1978 ed alle raccomandazioni del Parlamento europeo n. 1271 del 1995 e n. 1362 del 1998, in cui si afferma che il mantenimento di previsioni discriminatorie tra uomo e donna riguardo alla scelta del cognome viola il principio di eguaglianza;
* al Trattato di Lisbona del del 2007, che impone di adottare tutte le misure per eliminare le discriminazioni di genere in tutte le questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari, compresa la scelta del cognome.
2. Lo stato attuale della legislazione europea in materia di cognome dei figli
La sentenza in commento, come sopra precisato, adegua la disciplina dell’attribuzione del cognome alla disciplina sovranazionale di seguito, si darà conto delle linee fondamentali della disciplina della trasmissione del cognome nei principali stati europei occidentali.
Circa la Francia, in forza della legge n. 304 del 2002 ( Loi relative au nom de famille), dal 2003 il cognome paterno non viene più trasmesso dal padre ai figli legittimi e non è più correlato allo stato matrimoniale.
Infatti, ai sensi della nuova disciplina, applicabile ai figli nati a partire dal 1 gennaio 2005, la prole può assumere, indifferentemente, il cognome dell’uno o dell’altro genitore, o quello di entrambi separati da un trattino, affiancati a scelta, purchè sussista l’accordo dei genitori. In assenza di tale accordo, il figlio assume il cognome del padre.
Diversa la situazione nel Regno Unito, paese di common – law, che non prevede alcuna normativa scritta, né specifica, in materia di attribuzione del cognome.
Nel suddetto paese, la scelta è rimessa integralmente alla libera decisione dei genitori, i quali possono attribuire il cognome di entrambi, anche se tradizionalmente, anche oltremanica, si privilegia l’attribuzione del cognome paterno.
Anche in Germania, come nel Regno Unito, la scelta del cognome del figlio è rimessa alla volontà comune dei genitori, sia che il figlio sia nato all’interno di una coppia coniugata che all’interno di una coppia di fatto (paragrafo n. 1355 del BGB – Burgerliches Gesetzbuch).
In assenza di scelta,da parte dei genitori, di un cognome “coniugale”, i coniugi possono mantenere il proprio cognome originario e scegliere, eventualmente, un cognome coniugale da attribuire alla prole. Qualora la responsabilità genitoriale spetti ad entrambi i genitori congiuntamente, ai figli viene assegnato il cognome paterno o quello materno, a seconda dell’accordo dei genitori, mentre se la suddetta responsabilità spetta ad uno solo dei genitori, al figlio sarà attribuito il cognome che porta il genitore al momento della nascita del figlio.
In sintesi, la coppia può scegliere il cognome coniugale al momento del matrimonio o, in assenza di tale scelta, anche in caso di coppia di fatto, il cognome viene deciso al momento della nascita.
In caso di disaccordo dei genitori, può intervenire il Tribunale della famiglia, il quale non assegna il cognome, bensì il diritto ad uno dei genitori di sua scelta.
Infine, in Spagna, l’articolo 109 del codice civile, così come modificato dalla legge n. 40/99, nel caso di coppia coniugata, consente l’attribuzione del doppio cognome, vale a dire di quello paterno e di quello materno, secondo l’ordine deciso di comune accordo dai genitori.
In caso di disaccordo tra i genitori, ai sensi della legge 20/2011 sull’ordine dei cognomi, sarà l’ufficiale di stato civile ad attribuire un ordine ai medesimi, entro il termine di tre giorni, con possibilità di inversione dei cognomi medesimi, un volta raggiunta la maggiore età.
Riguardo la filiazione al di fuori del matrimonio, invece, la normativa iberica prevede che il figlio riconosciuto assuma il primo dei cognomi paterni e il primo dei cognomi materni. Se il figlio è riconosciuto da un solo genitore, il figlio assume il cognome di questi.
3. Il disegno di legge n. 1025/2019
Il percorso di adeguamento dei principi in materia di trasmissione del cognome è ripreso, dopo un lungo intervallo, nel 2019, con la presentazione, in Senato, di un disegno di legge, da parte dei senatori Maiorino e Dessì, comunicato alla Presidenza in data 28 gennaio 2019.
Nella premessa illustrativa del lavoro, i senatori proponenti, non dopo aver citato espressamente la sentenza della Corte Costituzionale 21.12.2016 n. 286 e della sentenza CEDU 7.1.2014 Cusan e Fazzo c. Italia, danno atto, in modo esplicito che “Nonostante siano stati compiuti passi in avanti in tal senso, a seguito della citata sentenza della Corte Costituzionale e della conseguente circolare del Ministero dell’interno n. 1 del 19 gennaio 2017, il Parlamento è dunque tenuto a colmare il vuoto legislativo ad oggi esistente nel nostro ordinamento, riconoscendo espressamente ad entrambi i genitori la possibilità di attribuire il proprio cognome ai figli, nati sia all’interno che al di fuori del vincolo matrimoniale.
Tale annosa questione, a ben vedere, è stata ogetto di diversi disegni di legge, che dal 1979, in poi, si sono susseguiti nelle diverse legislature, senza aver mai però terminato il proprio iter di approvazione”
Successivamente, rilevano che “Com’è noto, la consuetudine di assegnare al figlio il cognome paterno costituisce un retaggio culturale ormai non più in linea con le mutevoli trasformazioni subite negli anni dall’attuale tessuto sociale, come attestato – tra l’altro – dalla Corte di Cassazione, sezione I civile, n. 14.878 del 15 giugno 2017, volta a disporre la non contrarietà all’ordine pubblico internazionale della rettifica, in Italia dell’atto di nascita di un minre registrato come figlio originamente solo di una donna cittadina italiana e, successivamente, anche di un’altra, anch’essa di nazionalità italiana, che pur non avendo con lui alcun rapporto biologico aveva contratto matrimonio all’estero con la prima.
Il Parlamento, pertanto, non può più rimanere inerte al riguardo: è di fondamentale importanza sancire finalmente la formale e sostanziale uguaglianza dei genitori in materia di diritto di famiglia”.
In coerenza con la premessa illustrativa di cui sopra, il disegno di legge, prevede, all’articolo 1, l’aggiunta dell’articolo 143 – bis c.c., secondo cui, in particolare, ciascun coniuge mantiene il proprio cognome e può trasmetterlo al proprio figlio.
L’articolo 2 disciplina il caso del cognome del figlio di genitori coniugati e prevede, espressamente, che il figlio, in tal caso, assuma il cognome di uno o di entrambi i genitori, affiancati secondo l’ordine scelto dai genitori stessi, previa esibizione all’ufficiale di stato civile di un documento comprovante tale accordo, come nel sistema francese. In caso di disaccordo, il cognome del figlio è quello di entrambi i genitori,in ordine alfabetico, così come per i figli nati successivamente, purchè riconosciuto contemporaneamente da entrambi.
Di particolare importanza l’articolo 3, relativo alla modifica dell’articolo 262 c.c., secondo cui nel caso in cui il riconoscimento sia stato effettuato da entrambi i genitori contemporaneamente, si applica quanto previsto dall’articolo 143 – bis c.c., di cui sopra.
Il figlio infraquattordicenne può altresì chiedere di assumere il cognome del genitore che lo abbia riconosciuto per secondo, a prescindere dal sesso, sia aggiungendolo, sia anteponendolo, sia posponendolo a quello del genitore che per primo ha operato il riconoscimento.
Il successivo articolo 4 propone la modifica dell’articolo 299 c.c .nel senso di consentire all’adottato con due cognomi di indicare quale dei due intenda mantenere.
Infine, l’articolo 5, prevede l’emanazione di un regolamento di modifica delle disposizioni in materia di stato civile, al fine di adeguare tale sistema a quanto previsto dal disegno di legge.
Lo scrivente auspica un rapido e fattivo intervento legislativo immediato, come richiesto dalla Corte Costituzionale, finalizzato ad attuare in modo concreto i principi espressi dalla sentenza in commento.
Peraltro, a quanto consta al sottoscritto, i principi della sentenza 131/2022 risultano già essere stati applicati nel primo caso di attribuzione di doppio cognome, a Lecce, ad una bambina di nome Linda Cocciolo Franchini: dalle notizia di stampa si apprende che il primo dei due cognomi, è quello della mamma, Eleonora Cocciolo, e non quello del papà, come sino ad oggi sempre avvenuto.