La Filosofia pratica di Benedetto Croce: l’Economia e l’Etica, di Guido Gandolfo

La filosofia dello Spirito è il “nucleo cosmico” della teorizzazione del filosofo abruzzese; l’attività teoretica che si occupa della conoscenza e l’attività pratica che si occupa dell’azione, sono due momenti dello Spirito caratterizzati dalla distinzione e non dalla opposizione. Nell’ambito della attività pratica abbiamo l’Economia interessata alla dimensione dell’utile e l’Etica orientata alla realizzazione del bene universale.

Questa argomentazione è stata approfondita da Croce nel testo la Filosofia della pratica, economica ed etica scritto nel 1909. L’attività pratica si identifica con la volontà dell’uomo: “Agire è volere e, così come non c’è intuizione senza espressione, allo stesso modo non c’è volizione senza azione, né azione senza volizione”. L’azione, ossia la volizione del particolare, è riferita al singolo individuo, mentre l’accadimento, ossia la volizione dell’universale rappresenta lo Spirito universale che svolge la sua opera nella molteplicità degli uomini. Con il termine economia Croce intende “tutte quelle multiformi attività umane che non rientrano né nell’arte, né nella filosofia, né nell’etica. Nel loro insieme, tali attività costituiscono la dimensione vitale e naturale dello Spirito, ossia “il pratico processo dei desideri, degli appetiti, delle utilità, delle soddisfazioni e insoddisfazioni risorgenti, delle congiunte commozioni, dei piaceri e dei dolori“.

La finalità dell’economia è l’utile.[1]

Con il termine “Spirito” Croce (con l’intera tradizione idealistica) intende l’attività che dà luogo a ogni realtà, umana e naturale e che, nell’essere umano, si presenta come libertà e come creatività. Nella Logica Croce designa lo Spirito come “Ragione assoluta”.[2]

Le azioni, espressione dell’attività pratica, non sono in grado di esprimere delle conoscenze. Questa tipologia di attività si identifica con la volontà: come precedentemente rilevato l’azione coincide con la volontà, ossia “non c’è volizione senza azione, né azione senza volizione”. L’azione della volontà deve porsi un fine che può essere individuale, nel caso dell’attività economica, oppure un fine universale, nel caso dell’attività etica.[3] 

Attività pratica e attività teoretica si presentano fra loro distinte, se considerate nell’ambito della Logica, tuttavia, esse sono connesse se considerate nell’ambito della realtà. “L’uomo è un soggetto incline alla conoscenza tanto quanto all’azione. Quindi la congiunzione tra conoscenza e volontà va pensata nei termini di una circolarità”.[4]

Emerge una reciproca autonomia fra economia e morale legittimata dal fatto che esse presentano finalità diverse; l’attività economica è orientata sempre ed esclusivamente a fini individuali e l’attività etica è interessata a fini universali. L’autonomia fra le due tipologie di attività è anche sottolineata dal fatto che l’economia non deve sottostare a criteri a carattere morale: su questo punto affiorano sinergie fra Benedetto Croce e Niccolò Machiavelli. L’etica a sua volta rivendica la propria autonomia in quanto è in grado di superare la sfera economica.[5]

Concentrando la nostra attenzione sul problema dell’economia appare utile riportare uno dei pensieri di Croce sull’argomento: “Lo Spirito, nel suo momento economico o naturale che si dica, crea la vita, la vita immediata o naturale; e creare la vita importa insieme creare le condizioni della vita, non come cose distinte dalla vita stessa…, Ma come tutt’uno con essa, poiché ogni atto di vita e insieme condizione di nuova vita, e ogni serie di atti, condizione di altre serie di atti. Queste serie sono gli abiti, la ricchezza capitalizzati, o, come anche si sogliono chiamare, i “beni della vita”, il possesso dei beni, la “proprietà”, con la quale (come dicono senza troppo capire i teorici del diritto) l’uomo afferma il suo diritto sulla natura. Con questo possesso di beni la vita la sua lietezza e la sua consolazione, pur nei travagli e nelle lotte inevitabili”.[6]

Il significato del termine “economia”, come attività che tende a realizzare dei fini particolari, coincide con la ricerca di un bene particolare connaturato agli interessi dell’uomo singolo: l’utile; questo rappresenta il riferimento più qualificante della scienza economica alla quale vanno ascritte altre discipline come la religione, il diritto, le scienze sperimentali; queste, a parere di Croce, non hanno alcun significato metafisico ed epistemologico.[7]

La dimensione dell’utile, nella attività pratica, non appare né morale né immorale: la caratteristica dell’utile è l’a-moralità in quanto l’utile “persegue l’interesse particolare e fornisce perciò le condizioni di fatto alla volontà morale che non è mai disinteressata […], ma impone all’interesse particolare una finalità superiore o “suprema””.[8]

L’attività teoretica fornisce all’uomo la prerogativa di comprendere le cose, mentre l’attività pratica garantisce la possibilità di mutarle; la conoscenza è lo strumento per attuare questa mutazione. Una conoscenza, sia di tipo intuitivo, sia di tipo logico, ossia una conoscenza storica, deve precedere ogni azione dell’uomo.

L’attività economica è “la volontà che ha per oggetto l’individuale, cioè l’utile; l’utile non deve essere confuso con l’egoistico, perché questo rientra nell’ambito della morale, mentre la sfera economica è autonoma e non soggetta a giudizi morali: è possibile, infatti, perseguire coerentemente un fine economico, che sul piano etico giudicato immorale”.[9]

L’atto della volontà, la volizione, non affonda le proprie radici nel nulla, in quanto in quanto la sua origine si trova in un terreno determinato; il filosofo scrive: “tale la situazione tale la volizione” la volizione, cioè il volere si riferisce sempre a una situazione concreta, fenomenica, quindi esso reca le tracce precise della situazione alla quale si riferisce. La libertà concreta, dunque, si manifesta proprio nel processo che conduce dal volere all’agire; sicché non è corretto contrapporre la libertà dell’agire alla necessità oggettiva, costrittiva, perché libertà e necessità, nell’azione concreta sono la medesima cosa.[10]

Croce distingue tra “azione” e “accadimento” cioè tra l’agire e il suo risultato; l’accadimento non è l’esito di una volontà individuale ma è il risultato di molte volontà individuali che convergono verso un obiettivo oppure che contrastano con quell’obiettivo; l’accadimento quindi è sempre una risultante di azioni individuali e di azioni di gruppo. L’accadimento, quindi, proprio perché non è opera di un singolo, e opera dello spirito che si manifesta nel divenire collettivo.[11]

Nell’ambito della attività economica il filosofo inserisce anche la conoscenza scientifica della natura, che si avvale dei suoi pseudo concetti, il diritto e le leggi, la politica e la vita stessa dello Stato.

Diritto e politica sono altra cosa rispetto all’etica; Croce sostiene l’autonomia della sfera morale rispetto alla politica e al diritto, della sfera politica e del diritto rispetto alla morale. Lo Stato è la risultante della tensione tra forza e consenso e tra autorità e libertà.[12]

La politica rientra nella sfera dell’Economia; l’attività economica tende all’utile il quale è sempre individuale e perciò alla base della politica stanno le azioni individuali di carattere utilitario. Differenze rispetto a Hegel: per lui, in politica, il primato spetta allo Stato, in cui si risolve l’eticità; Croce, in politica, sostiene che il primato spetta agli individui, secondo i principi del liberalismo; lo Stato non esiste come realtà superiore agli individui stessi, né può pretendere di porsi come soggetto etico assoluto. Perché lo Stato rappresenta il principio dell’utilità, non il principio del bene.[13]

Per quanto concerne il problema dell’Etica, che, con l’Economia, è parte integrante dell’attività pratica della filosofia dello Spirito, Croce scrive che l’attività economica è fondata sul volere e sul realizzare quello che l’individuo nella concreta situazione in cui si trova desidera realizzare; l’attività etica, invece vuole attuare, vuole realizzare, un obiettivo che supera le condizioni concrete nelle quali l’individuo si trova. Quindi l’attività economica è calibrata su il conseguimento di fini particolari, mentre l’attività etica è calibrata sul conseguimento di finalità universali, al di sopra dell’individualità.[14]

 “L’etica presuppone l’economia”: tale tesi non può essere applicata alla attività economica in quanto è possibile orientare la propria azione verso scopi economici che si caratterizzano per la loro immoralità in ambito etico. Non è giusto proporre l’antitesi morale-economia: la morale “risulta valida solo se incorpora l’istanza economica, cioè se persegue un bene che risulta anche (umanamente) utile”.

La separazione tra bene e utile non è filosoficamente accettabile in quanto “in tal caso si ometterebbe il nesso che li lega, dall’altro non si può identificare l’utile con il bene, poiché si ometterebbe la loro necessaria distinzione.[15]

In riferimento alla tesi dell’Etica che presuppone l’Economia, il filosofo abruzzese, in polemica con tutte le argomentazioni ascetiche della vita morale, afferma che non esiste moralità se essa non viene incorporata nell’utile: “volere economicamente è volere un fine; volere moralmente è volere il fine razionale”, cioè il bene.

Questo scenario non si potrebbe realizzare se il fine universale che si identifica col bene “non fosse anche voluto come fine particolare”: se questa eventualità non si concretizzasse “l’azione sarebbe moralmente indifferente per l’individuo che la compie, ma l’azione non è disinteressata, essa travalica l’interesse puramente individuale per connetterlo alla volontà universale del bene”. In altri termini, il bene universale deve essere sentito, ed essere, il bene di ciascun particolare; se così non fosse, al particolare, all’individuale, niente importerebbe del bene universale. Il bene di tutti deve essere anche il mio bene, altrimenti universale e particolare sono in conflitto; il mio bene deve essere inserito nel bene universale, perché io possa considerare il bene universale anche mio bene.[16]

È possibile volere l’utile senza volere il bene, secondo Croce, ma non è possibile volere il bene senza volere anche l’utile; solo quando la moralità diventa essa stessa supremo interesse e punto di riferimento per tutti, essa riesce a trionfare sugli interessi particolari.

Emerge la critica nei confronti delle etiche ad impronta materialista che vedono il bene coincidere con l’utile e delle etiche formali, come quella di Kant, che diversificano completamente il bene dall’utile.[17]

L’etica identificata con la ricerca del bene universale è completamente diversificata dal significato di bene proposto dalla giurisprudenza e dalla religione: il bene a cui fa riferimento la ricerca etica coincide con il progresso umano in sé stesso: da questa tesi si desume che il bene è una derivazione dall’Etica interpretata come un “attività pura dello Spirito”.[18]


[1] Abbagnano N., Fornero G., La filosofia 3A. Da Schopenhauer a Freud, Paravia Paravia Pearson Bruno Mondadori Editore, Milano, 2009, p. 327

[2] Croce, B., Logica, 1920, pp. 26 ss.

[3] Reale G., Antiseri D., La filosofia nel suo sviluppo storico. 3 Dal Romanticismo ai giorni nostri, Editrice La Scuola, Brescia, p. 323

[4] Bontempelli M., Bentivoglio F., Il senso dell’essere nelle culture occidentali, Trevisini Editore, Milano, p. 339

[5] Occhipinti F., Uomini e idee 3. Dal Romanticismo ai dibattiti attuali, Einaudi Scuola, Mondadori Education S.p.A, Prima edizione: gennaio 2010, Milano, p. 595

[6] Croce B., Etica e politica, A cura di Giuseppe Galasso, Adelphi Edizioni, Milano, 1994, p. 24

[7] Perotto A., Storia della filosofia 3, Società Editrice Internazionale, Torino, 1969, p. 237

[8] Sini C., Mocchi M., Leggere i filosofi 3B La filosofia del Novecento, Casa Editrice G. Principato, Milano, Prima edizione aprile 2003, p. 45

[9] Cambiano G., Mori M., Storia della filosofia contemporanea, Editori Laterza, Roma-Bari, 2014, p. 251

[10] Giannantoni G., Le filosofie e le scienze contemporanee 3, Loescher Editore, Torino, I edizione 1968, pp. 446

[11] Giannantoni G., Le filosofie e le scienze contemporanee 3, op. cit., pp. 447

[12] Sacchetto M., Desideri F., Petterlini A., L’esperienza del pensiero. La filosofia: storia, temi, abilità. 5 Il Novecento, Loescher Editore, 2006, p. 37

[13] Occhipinti F., Uomini e idee. Dal Romanticismo ai dibattiti attuali, Einaudi Scuola, Mondadori education, Milano, 2010, pp. 595-596

[14] Bontempelli M., Bentivoglio F., Il senso dell’essere nelle culture occidentali, Trevisini Editore, Milano, p. 340

[15] Abbagnano N., Fornero G., La filosofia 3A. Da Schopenhauer a Freud, Paravia Paravia Pearson Bruno Mondadori Editore, Milano, 2009, pp. 329-330

[16] Cambiano G., Mori M., Storia della filosofia contemporanea, Editori Laterza, Roma-Bari, 2014, pp. 251-252

[17] Giannantoni G., Le filosofie e le scienze contemporanee 3, Loescher Editore, Torino, I edizione 1968, p. 447

[18] Perotto A., Storia della filosofia 3, Società Editrice Internazionale, Torino, 1969, p. 237