1. Il sospetto verso l’autorità costituita

Mai come oggi in Italia il sospetto si fa motivatamente strada nella mente di tanti. Le informazioni che vengono diffuse dai giornali sono lacunose, spesso affrettate, poco circostanziate, vaghe. Perché? Chi sa leggere si accorge quando si sorvola per brevità e quando lo si fa o per mancanza di dati o per  non sollevare questioni che è poi difficile approfondire, tanto sono imbarazzanti. In questi casi è più il non dire del dire. Di qui le dietrologie diffuse, la diffidenza verso tutto quello che sa di ufficiale.

Come mai succede?

Io credo che questo succeda essenzialmente perché la cronaca politica è spesso affidata a giornalisti che sono scelti dal politico quale canale preferenziale rispetto ad altri. Non parlo di qualcosa di losco, ma di un fatto naturale, Chiunque venga intervistato e leggendo poi il giornale abbia la sensazione d’essere stato frainteso, si guarda dal farsi intervistare un’altra volta da chi non gli ha reso giustizia. Perciò, alla fine, il politico preferisce rivolgersi a Tizio anziché a Caio. Finisce però che Tizio possa cadere nel tranello di cedere al “politichese” del politico e del suo partito e si guardi dal “tradurre” il messaggio che resta criptico.

Ciò non toglie che  il sospetto abbia una sua volgarità intrinseca. È tipico di chi non si fida. E chi non si fida tante volte è uno che non ha coraggio, nel senso che non volendo cadere nella trappola, vede trappole anche quando non ci sono.

D’altronde la situazione è questa ed è tale da legittimare un atteggiamento sospettoso verso l’autorità. Ho detto la parola chiave, quella che autorizza a svoltare l’angolo: autorità, parola dura e spiacevole per chi ami la democrazia. In democrazia l’autorità, che deve pure esserci, deve avere il manto della semplicità e dell’umiltà.

2. L’esigenza di vuotare il sacco

Per parlare fuori dai denti, chi, come tanti di noi, ignora i dettagli del naufragio di Cutro, spera vivamente che non ci siano state negligenze o valutazioni superficiali indotte magari da una colpevole volontà di sottovalutare rischi che sono però evidenti.

Il fatto però che si sia tenuto in quella località un Consiglio dei ministri e che i mnistri non abbiano reso omaggio alle vittime e incontrato i parenti dei morti e dei dispersi, lascia perplessi tanti di noi. Perché andare a Cutro? Questo gesto come va interpretato? Vuol dire che a Cutro c’è stato veramente lo Stato? Ma che cos’è lo Stato quando in certi momenti non dialoga con i cittadini? I pescatori di Cutro hanno pianto per avere soccorso come potevano alcuni dei sopravvissuti, assistenso impotenti alla morte di tanti. Non dico che si dovesse dare una medaglia a Tizio e a Caio, eroi che, nel loro anonimato, hanno una grande dignità.

I ministri sono rientrati velocemente a Roma, dopo aver preso le loro decisioni, e alcuni di loro sono accorsi a una festa di compleanno che, in quel momento, avrebbe potuto rinviarsi di qualche giorno. Trovandosi a pochi chilometri dalla spiaggia della tragedia, avrebbero potuto andare incontro alla popolazione, stringere qualche mano, fare qualche sorriso imbarazzato, manifestare la partecipazione a un lutto vissuto come lutto cittadino. Oltretutto come non pensare che con ben altra sollecitudine s’era mosso giorni prima il Capo dello Stato? E non si poteva prendere esempio da quel che il Presidente della Repubblica aveva fatto?

Piace ai cittadini vedere che le Istituzioni si muovono come per intesa, specie se l’intesa sia silente e non nasca da accordi espliciti. È questo comportamento che “accusa” i componenti del governo in carica, a cominciare da quelli che sono ai vertici dei ministeri preposti alla soluzione del problema.

3. Le domande che vengono da sole

Io non voglio accusare perché so che mi potrei sbagliare, ma in un clima di sospetto è veramente difficile evitare di porsi certe domande che vengono da sole.

La prima è questa: posto che sappiamo tutti che il politico deve avere “pelo sullo stomaco” e non è persona che possa facilmente commuoversi per fatti che invece scuotono le persone semplici, è pure vero che oggi il politico non può pretendere, in democrazia, di assumere il volto duro del duca Valentino, perché seicento anni non passano invano. Oggi i cosiddetti “nobili” semplicemente non esistono più, esiste una classe dirigente, che nel dirigere, deva fare attenzione a non sbagliare, perché oggi il “potere” è tanto impersonale e sovrano che chiunque lo eserciti lo fa precariamente. La nostra Costituzione riferisce la sovranità al popolo proprio perché, io credo, chi lavora nei Palazzi sappia che deve lavorare anche lui, sforzandosi di concorrere all’utile collettivo. Ciò significa che non esiste un lavoro che consista nel far lavorare gli altri, che è roba da Medioevo. Chi “comanda” (verbo per me orrendo anche nel suono) si presenta per primo al posto di lavoro e, all’occorrenza, si sporca le mani, ma non in senso metaforico, in senso proprio. Per chiarire, a me piacerebbe molto un ministro che, dopo un’alluvione, va a stringere la mano a chi con la zappa rimuove i detriti, un ministro che si sforzi di trasmettere voglia ed entusiasmo di far e in chi già fa. E questo indipendentemente dal fatto che ci sia una telecamera che riprende la scena (ridicola) di un Mussolini redivivo che taglia il grano o un fotografo che immortali, a fini di propaganda, il gesto “democratico”. In democrazia il fatto che i ministri lavorino mirando a una corretta e saggia amministrazione delle ricchezze della nazione non dovrebbe fare notizia, ma essere considerato “normale”!

Tornando al sospetto e dovendo a questo punto dirla tutta, arriva una seconda domanda: come interpretare le dichiarazioni del Presidente del Senato circa l’eccidio delle Fosse Ardeatine?

Nasce veramente il sospetto che quelle dichiarazioni siano servite a creare un polverone utile a coprire qualche difficile passaggio in cui si trovano implicati i nostri governanti. Dispiace dirlo ma qualsiasi mente si fa perversa in un clima di sospetti. Né il sospetto può essere condannato, essendo legittimo per definizione e legittima altresì l’ammissione che si tratti solo di sospetti. È un fatto che giornali e giornalisti si buttano sul succoso affare delle esternazioni dell’onorevole La Russa, distogliendo l’attenzione dei cittadini da questioni come l’abolizione del reato di tortura, che, a quanto si legge, nascerebbe da una distinzione tra “tortura” da un lato e “maltrattamenti” dall’altro, dove a me pare chiaro che la tortura sia un maltrattamento e un maltrattamento inflitto a un prigioniero sia una tortura. In questo senso direi che gli abusi compiuti in casa sui minori potrebbero configurarsi come “tortura” non essendo la vittima posta in condizione di sottrarsi a quei maltrattamenti.

4. Concludendo

Venendo di nuovo al governo in carica e alle legittime preoccupazioni che possono assillare i nostri governanti, si aggiunga il comrensibile timore di “incidenti” che possono maturare per la pretesa di aver fatto la voce grossa circa la questione dei migranti che ha sostanzialmente lasciato indifferenti i paesi super-alleati dell’Europa Unita nonché gli alti consessi di Bruxelles e di Strasburgo, per cui ci è stato concesso qualche soldarello, forse per consentire al governo in carica di scongiurare altri annegamenti. E c’è poi la vicenda del 41 bis, dei figli delle coppie omosessuali, delle riforma della Giustizia e la promessa da parte del Capo del governo di procedere alla riforma dell’elezione del Capo dello Stato, facendo dell’Italia una repubblica presidenziale, con la scusa che non ce la fa a essere una Repubblica parlamentare.. 

Chiarito tutto questo, non è arrogante il popolo che protesta e chiede conto di quanto succede. Arrogante rischia di esserlo, in un clima di legittimo sospetto, chi si offende davanti a una richiesta di spiegazioni che sono semplicemente dovute e che non arrivano mai, nel senso che sono frettolose e si concludono con l’affermazione che “evidentemente il governo ha ragione”, conclusione che, per non nascere da un confronto palese, lascia perplessi. Voglio dire che le spiegazioni, una volta date, vengono accettate da qualsiasi oppositore che sieda in Parlamento o che protesti nelle piazze con un doveroso ringraziamento per avere fugato ogni dubbio, fino (perché  no?) a mettere a nudo le eventuali maldicenze dovute a pregiudizi di parte. Il gioco delle parti, per dirla con Pirandello, reso trasparente dalla chiarezza dei fatti. L’opposizione serve anche a questo, per dare agio al governo di chiarire come mai possano accadere fatti che turbano la coscienza dei cittadini.