L’onere della prova, di Pier Franco Quaglieni

La violenza contro le donne va condannata nella maniera più ferma e senza giustificazionismi di sorta. Le donne restano il sesso debole, secondo un’antica espressione che pensavamo superata in nome di una parità, sia pure faticosamente raggiunta. Oggi tuttavia, nel rapporto uomo-donna, esse non sono solo la parte debole: a volte sono la parte forte, anche nel momento di un divorzio. Lo sostiene una paladina delle donne come l’avvocato Anna Maria Bernardini de Pace, che della battaglia contro la violenza sulle donne è un presidio attivo e giuridicamente straordinario e insuperabile.

Ieri mattina ho partecipato, come socio, all’assemblea dell’associazione “Marco Pannella”, un altro grande presidio di libertà, in una società dove ogni forma di violenza e di odio, in primis quello antisemita, minacciano la libertà di pensare e di vivere. L’aggressione al giornale “La Stampa” rivela un impazzimento collettivo molto preoccupante.

Nel mio intervento di ieri ho affermato che la legge contro la violenza sulle donne, nel punto relativo al consenso “libero e attuale” dell’atto sessuale, va chiarita e precisata giuridicamente. Così come è formulata adesso è fonte di condanne aprioristiche e ingiuste. Non si può andare a letto con il telefonino o con un contratto da aggiornare magari in itinere: si tratta di qualcosa di grottesco e persino ridicolo. Ricorda un’espressione odiosa di tempi lontani: le marchette, il gettone che le prostitute ricevevano ad attestare le loro prestazioni. Il sesso contabilizzato ne distrugge il valore vitale. È strano che se ne siano accorti solo i leghisti, anche se la presenza di una giurista come Giulia Bongiorno fa la differenza.

L’onere della prova di innocenza è giuridicamente inconsistente, perché il principio giuridico è esattamente l’opposto: l’onere della prova spetta alla parte che fa valere un diritto in giudizio e non viceversa.

Immemori delle improvvise denunce, vecchie di anni, che hanno riempito le pagine dei giornali dedicate a registi, attori ed attrici, coloro che hanno perseguito una legge con un voto unanime non hanno considerato che l’unanimità, su un tema così delicato, sacrifica la complessità dei problemi semplificando in modo draconiano la realtà.

Ho detto, con una battuta un po’ semplicistica ma vera, che a dettar legge è l’on. Boldrini, eroina di un manicheismo spesso settario e sempre ideologico. A me piacerebbe leggere un testo proposto dall’avvocato Bernardini de Pace, che ha accumulato un’esperienza unica nel corso di una lunga carriera in rapporto costante con le donne.

Inoltre, la violenza nei rapporti non credo sia limitata solo al rapporto eterosessuale, come dimostrano le cronache.

La verità è che l’amore è anche passione, seduzione e gelosia: tre sentimenti che nessun leguleio potrà facilmente regolamentare con certezza assoluta. Il problema si può tentare di risolverlo con l’educazione, ma non con quella degli improvvisati cultori di discipline che non conoscono: sociologi, psicologi, tuttologi, apprendisti stregoni. L’Eros resta un aspetto vitale, carico di misteri, di piaceri e di sofferenze che ciascun essere umano deve affrontare o rinunciare a vivere.

“Sotto le coperte non valgono leggi”, dicevano i vecchi liberali contro i moralisti bacchettoni.

Ho un’età tale da poterne parlare con il distacco che viene dalla pace dei sensi e dall’esperienza di vita.

Certe Erinni non possono stravolgere la vita umana. Ripeto: tuteliamo le donne con leggi severe, ma esse debbono essere chiare e giuste. Direi: umane. Io sono convinto che Marco Pannella avrebbe condiviso questo discorso, anche se non è mia intenzione “usarne” il nome, che resta legato a un contesto storico diverso da un oggi in cui prevale la deriva irrazionalistica degli estremisti. Ma certo, Marco Pannella è stato anche un maestro libertario di vita.