Il giornale “L’ Unità “, finché poté prima di defungere, ogni 25 aprile faceva delle edizioni speciali con titoli in rosso e con apposite copertine straordinarie che consentivano ai militanti una vendita capillare porta a porta. Prima ancora della scomparsa di quella storica testata, scomparvero i militanti che in parte rimasero a cuocere salamelle al festival di quel giornale defunto. Il 25 aprile il giornale dedicava molte pagine alla ricorrenza in coerenza con la linea del Partito comunista di cui era organo ufficiale. Oggi che “L’Unità” è scomparsa da tempo per mancanza di lettori, a fare i numeri speciali per il 25 aprile ci pensa” La Stampa”, il giornale di Frassati di Burzio e Ronchey che ora è diretto da un giornalista del tutto estraneo alla storia di quel quotidiano e che lo ha reso una specie di seconda ” Unità ” anche negli altri giorni. Io mi limito ormai solo più a leggerne i titoli per non irritarmi contro il giornale che ho letto per una vita ed a cui ho collaborato con direttori molto diversi. Ieri, in dialogo con Mara Antonaccio, redattore capo di questa rivista, ho fatto una diretta zoom sulla Resistenza e sul 25 aprile.
Credo utile – rispetto alle tante commemorazioni tenute in tutta Italia – fare il punto su alcune riflessioni storiografiche emerse da quell’incontro da remoto.
Le commemorazioni correnti sono troppo ideologizzate, troppo celebrative ed acritiche ,troppo rosse e troppo poco tricolori, volendo sintetizzare.
La Liberazione segnò innanzi tutto la fine di una guerra feroce durata cinque anni e di una dominazione straniera che compì eccidi e misfatti sconvolgenti con l’aiuto dei militari della R.S.I. Imposta dalle armi tedesche. Questa Liberazione è festa condivisa da tutti gli italiani ed è festa patriottica che persino riprende un che di risorgimentale. Ma a questo aspetto si aggiunge anche la guerra civile, quella che Claudio Pavone ha definito esplicitamente come guerra fratricida fra Italiani che ha diviso persino le singole famiglie. Come disse il Presidente Napolitano nel 2006 in questa guerra ci furono “eccessi ed aberrazioni”: il terrorismo di via Rasella che portò alla strage delle Fosse Ardeatine fu un grave e inutile errore ,come fu una vergogna lo scempio dei cadaveri di Piazzale Loreto a Milano, tanto per citare gli esempi più clamorosi. Per fare di una guerra civile una festa nazionale occorrono molte decine d’anni ,ma soprattutto occorre umiltà e rifiuto di strumentalizzare politicamente il passato .Diversamente la spirale dell’odio continuerà all’infinito. Occorre tatto ed equilibrio.
I Sindaci italiani invece sono soliti delegare in toto il monopolio delle feste del 25 aprile all’ ANPI che rappresenta solo una parte dei 70.000 combattetti della Libertà ,quasi tutti morti. Quindi l’ANPI è oggi formata e diretta in larga parte da non partigiani, ma da attivisti politici della sinistra soprattutto la più estrema.
Viene tappata la bocca agli storici non di parte, ai rappresentanti della Federazione dei Volontari della Libertà che si scisse nel 1948 dall’ANPI perché raccoglieva resistenti non comunisti; vengono ignorati gli IMI, gli internati Militar Italiani in Germania, mezzo milione di soldati che fecero quella che lo stesso Alessandro Natta, anche lui internato, definì l’altra Resistenza; vengono ignorati gli Alleati Anglo – Americani – Franco – Marocchini il cui comportamento non fu sempre esemplare, ma che furono l’elemento determinante per cacciare tedeschi e fascisti. Fino a poco tempo fa venne persino ignorato l’apporto femminile alla lotta di Liberazione che Bruna Bertolo ha di recente portato alla ribalta.
Con manifestazioni di parte è ovvio che il 25 aprile sia travisato e molti italiani non possano partecipare volentieri ad una festa in cui persino la Brigata Ebraica venne fatta oggetto di attacchi e di derisione.
Il solo fatto di lasciare spazio ai centri sociali e di sbarrare l’accesso ai palchi a personalità non appartenenti all’ ANPI, preclude la condivisione di una data che dovrebbe trovare il consenso degli Italiani . La vigliaccheria di molti Sindaci si nota anche nel centro – destra dove per quieto vivere il tutto viene delegato all’ANPI e a personaggi dell’estrema sinistra come oratori ufficiali.
La Resistenza fu opera di partigiani di ogni orientamento politico, di militari inquadrati nel Regio Esercito ricostituito al Sud agli ordini del principe Umberto di Savoia, dagli internati militari in Germania. Fu guerra patriottica e come tale andrebbe ricordata, lasciando da parte gli eventi divisivi che pure ci furono. Ci furono anni in cui si era violentemente contestati se veniva ricordato l’apporto decisivo alla Liberazione da parte degli Alleati per odio verso gli USA. Io, quando fui oratore ufficiale, evitai ogni elemento politico contingente e remoto. Ma gli oratori scelti dall’ANPI ,dal vivo o da remoto, non rispettano la storia e le idee diverse che connotarono la Resistenza. Vogliono imporre, a volte anche con prepotenza ,la propria vulgata e la FIVL e la FIAP ,le altre organizzazioni partigiane alternative all’ ANPI, non sono in grado o non vogliono steccare nel coro. Soprattutto la FIVL fondata dal generale Cadorna ha gravissime responsabilità in proposito. Ecco perché una parte di Italiani non può sentirsi rappresentata nelle manifestazioni del 25 aprile. E non c’è da scandalizzarsi perché le adunate obbligate erano proprie del fascismo e degli altri regimi autoritari o totalitari. E’ un fatto fisiologico in una libera democrazia un quid di dissenzienti. Non si può trasferire l’antifascismo per via endovenosa. Se tutti la dovessero pensare alla stessa maniera saremmo al regime. E questo non va mai dimenticato. Lo dicevano fior di antifascisti come Salvemini ed Ernesto Rossi che patirono esilio, carcere e confino. Molti antifascisti vorrebbero sentire parlare anche di Montezemolo, di Perotti, di Fusi, di Martini Mauri, di Luraghi, di Cadorna, di Mattei, di Pannunzio e non solo dei capi comunisti. Ma la storiografia che con Pavone aveva preso un’altra piega rispetto alla vulgata indigesta di Battaglia, sta tornando indietro perché la giovane Colombini ha pubblicato un libro che riporta indietro gli orologi della storia , per non parlare dei giustificazionisti delle foibe che negano di fatto i lavori di Gianni Oliva. Se mi trasformate il 25 aprile nella “rossa primavera” di cui parlava Davide Lajolo che pure fu fascista e volontario in Spagna, molti di noi non vi degneranno di attenzione.
Saranno grati ai Caduti e ai combattenti della Guerra di Liberazione, se credenti diranno una preghiera per loro, ma non potranno essere gli utili idioti per una strumentalizzazione della storia in chiave politica contingente. E insieme all’ex comunista Luciano Violante che parlò dei “ragazzi di Salò” avranno anche un pensiero per i caduti della parte sbagliata perché le persone civili hanno rispetto per tutti i morti ,senza distinzioni ideologiche. Solo i barbari si identificano con il “Vae victis”. Era anche un ‘idea del capo morale dell’antifascismo Benedetto Croce. Ma questi signori non sanno neppure chi sia stato Benedetto Croce e si esaltano per l’omicidio di Giovanni Gentile di cui non hanno letto neppure un rigo. Magari i loro genitori furono fascisti sfegatati e scelsero la parte vincente molto tardi. La retorica è impedita anche dalla “zona grigia” che fu maggioritaria ed a volte fece il doppio gioco. Questa è la verità storica. Può’ infastidire alcuni fanatici, ma è così. Fare gli antifascisti in democrazia, tra il resto, risulta essere una scelta indolore molto facile. Nessuno di quei signori è un eroe. E questo è un altro dato di fatto altrettanto indiscutibile.
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