Molto più della Germania, fu la Francia, nella seconda metà del diciannovesimo secolo, la nazione più antigiudaica d’ Europa, quella in cui il brodo di cultura antiebraico (preferiamo qui non usare l’ impreciso termine “antisemitismo”) fu particolarmente virulento e pernicioso, e ciò ben prima del famigerato Affaire Dreyfus.
Prima che Alfred Dreyfus fosse destituito, processato sotto falsi capi d’ accusa e condannato alla deportazione all’ Isola del Diavolo, e che si mobilitasse in suo favore col J’ Accuse uno dei più grandi scrittori europei, Emile Zola, si era già propalata in Francia un’ endemica cultura antiebraica destinata a mettere radici profonde, fondata non su basi biologiche come nella perversione nazista ma su pretestuose motivazioni cultural-religiose.
La France Juive di Edouard Drumont e altre pubblicazioni del genere avevano contribuito a cavalcare la tigre e a fomentare sentimenti antiebraici destinati a divenire tristemente radicati.
L’ antiebraismo francese del tempo si poggiava spesso su argomentazioni sofisticamente ma sottilmente svolte e se, decenni dopo, nell’ Italia fascista Giovanni Preziosi fu di certo, con parole di Sergio Romano, il più intelligente razzista italiano, Drumont fu di sicuro il più acuminato razzista francese del suo tempo.
E’ forse poco noto che esistette a Parigi in quel torno di tempo una Librairie Antisémite dedita alla pubblicazione esclusiva di pamphlets antigiudaici.
Particolarmente singolare, fra i libelli sfornati da questa scellerata casa editrice, fu il “Napoléon antisémite” (1900) di André de Boisandré (1859-1910), vero e proprio specialista della pubblicistica antiebraica, autore anche, fra le altre cose, di un “Petit catéchisme antijuif” il cui titolo è gia eloquente in sé, e di veementi attacchi contro Jean Jaurès e Alexandre Millerand, da lui tacciati di essere asserviti al consorzio ebraico internazionale.
Siamo già ai prodromi dei Protocolli dei Savi di Sion, manca solo una più estesa e globale architettura del complotto entro cui calare la cospirazione giudaica per il dominio del mondo.
Nel “Napolén antisémite” Boisandré utilizza con grande disinvoltura i fatti storici, strattonandoli nella propria direzione per fare dell’ Imperatore un antesignano della “France juive” di Drumont.
La politica profondamente ambivalente e contradditoria che Napoleone seguì verso gli Ebrei, concedendo e poi restringendo i loro diritti civili ed economici, viene dirottata da Boisandré a senso unico verso un’ interpretazione di Bonaparte come di un acceso antigiudaico e la recrudescenza del nazionalismo francese serve come arma da sferrare contro la “nation juive”.
I benefici dapprima concessi da Napoleone agli Ebrei di Francia con la convocazione del Grand Sanhédrin vengono visti come un puro tentativo assimilazionistico e come delle elargizioni fornite per tutelare la restante popolazione francese dall’ usura.
Boisandré vede Ebrei dappertutto: Ebrei dietro la disfatta di Napoleone a Waterloo, Ebrei dietro la débacle di Sédan nella Guerra Franco-Prussiana.
La sua è una tipica storiografia (anzi, converrebbe chiamarla pubblicistica) della paranoia, con l’ ossessione costante per la massoneria e per i Rothschild, “cette coulisse juive qui ravage notre bourse”.
Egli non fa che attingere, senza nominarlo, a un precedente pamhplet del 1846, firmato con lo pseudonimo Satan (dietro cui si celava Mathieu Georges Dairnwaell), in cui dietro a ogni macchinazione economica e politica del mondo venivano indicati come responsabili i membri della ricchissima famiglia di banchieri ebrei.
Le immense fortune dei Rothschild sarebbero state accumulate da Nathan venendo a conoscenza in anticipo dell’ esito della battaglia di Waterloo e scommettendo in borsa in base ad esso.
Improbabili e strampalate teorie cui rispose lo stesso James Mayr de Rothschild nel suo “Grand procès entre Rothschild Ier, Roi des Juifs, et Satan dernier, roi des imposteurs”.
Le stesse teorie, semplicemente rivisitate e aggiornate, infiorettano il libello di Boisandré come molta altra bibliografia odierna del complotto, con l’ eterna paranoia dei Rothschild come grandi burattinai di ogni malefatta dell’ orbe terracqueo.
La teoria popperiana della cospirazione sociale, che affonda le sue radici negli Dei dell’ Olimpo, viene costantemente corroborata da questa deleteria pubblicistica, autentica benzina sul fuoco dell’ antigiudaismo.
Tornando a Boisandré, egli riprende il Drumont de “La tyrannie maçonnique” e se la prende in lungo e in largo contro la “Juiverie cosmopolite”, estrapolando poi brani dalle lettere di Napoleone per distorcerli in chiave prettamente antisemita.
Come si vede nihil sub sole novum e il veleno della propaganda antiebraica camuffata da storiografia non accenna a cessare.
Naturalmente ben altra cosa, e ben distinta, è il giudizio sull’ attuale politica israeliana e sui fatti cui stiamo assistendo.
La condanna di un’ amministrazione o di una politica attuale nulla ha a che vedere con il piano della falsificazione intenzionale dei documenti storici che i più agguerriti fautori dell’ antigiudaismo seguitano a perpetrare ancora oggi, con distorsioni e disinvolture molto simili a quelle esibite da Boisandré in questo singolare libello.