Mi piacerebbe poter toccare, ancora volta, un tema delicato come quello dell’immigrazione senza cadere nelle trappole della demagogia, senza eccedere in considerazioni di natura politica, se possibile con un’analisi la più distaccata possibile dal politically correct, che tanto detesto. Anche a costo di risultare sgradevole ai più. Ho già infatti scritto sull’argomento, su questo Magazine… due o tre anni fa. Ma poco è cambiato, anzi le cose stanno peggiorando esponenzialmente, tanto che l’argomento è ancora quantomai attuale, con le polemiche scaturite dall’attività di alcuni cittadini, oramai esasperati, che stanno documentando sul web il degrado nelle nostre città, e dall’atto di protesta di un’europarlamentare polacca – bella e tosta – dal cognome impronunciabile per noi italiani, che ha attaccato frontalmente sul tema la impresentabile e purtroppo rieletta Ursula von der Leyen.
Ci troviamo di fronte ad un fenomeno che sta diventando incontrollabile, e non può essere risolto né chiamando in causa la carità cristiana né, tantomeno, col buonismo demagogico.
E’ vero, l’Europa ha debiti “coloniali” pesanti con l’Africa, ed è giusto prestare assistenza a chi ne ha bisogno, ma nel rispetto di alcune norme morali e giuridiche che dovrebbero essere dettate anche e soprattutto dal buon senso, spesso sopraffatto dagli interessi di alcuni e dalla solita demagogia di una certa componente politica. E comunque, l’immigrazione non è solo africana.
Il lettore si starà preparando, a questo punto, ad un manifesto di destra sull’argomento, che però non vuole esser tale, da parte di chi scrive, che in realtà di destra non è…
E’ invece uno sfogo di un moderato, stufo, che non ritiene corretta la politica dello struzzo, che di fronte ai problemi mette la testa nella sabbia, perché quello che non vede – o non vuole vedere – non c’è.
Innanzitutto, esistono delle leggi che dovrebbero essere rispettate, ma che sono bellamente baipassate dall’ipocrisia e dalla demagogia. Forse anche dall’interesse?
L’ingresso in un paese da parte di un soggetto extracomunitario, la permanenza nello stesso, sono permesse solo a chi ne ha diritto, nel rispetto delle normative vigenti. Con visto turistico, con permesso di lavoro, ovvero per chi “gode”, purtroppo per lui, dello status di rifugiato politico o rifugiato di guerra.
Stiamo parlando di una percentuale meno che irrilevante rispetto alla realtà. Quasi risibile.
Le normative europee relative ai cosiddetti salvataggi in mare impongono, giustamente, che sia dato riparo, assistenza e cura nei porti più vicini al rinvenimento di naufraghi, o di bisognosi; ma questo è un dovere temporaneo, che non supera ed abroga le norme relative all’accesso in un paese. All’assistenza ed alla cura deve poi seguire il rimpatrio, a meno che, come detto, non si tratti di rifugiati. Veri.
Da noi è invece il metodo – illegale – più semplice per entrare nel nostro paese. Per poi disperdersi.
Io accolgo chi entra nel mio paese nel rispetto della legge, e non chi la viola.
Voglio però entrare in argomentazioni ancor più pericolose, non toccate nel mio precedente scritto, argomentazioni che dai benpensanti salottieri con la “r” moscia e dai loro “parenti sporchi” dei centri sociali potrebbero essere erroneamente considerate come non inclusive, se non addirittura razziste. Vi sono grosse differenze culturali (si badi bene all’interpretazione di questa parola), sociali e comportamentali tra popoli diversi (se dico etnie apriti cielo…), che non possono essere cancellate proprio perché esistono. E negarle è da demagoghi imbecilli. Si deve lavorare nella direzione di smussare il più possibile queste differenze, proprio in vista di un’accoglienza meno traumatica per il paese ospitante e per l’ospitato. Ma intanto mettiamo un freno all’invasione incontrollata. Si accoglie rispettando, in primis la reale possibilità di farlo, quindi la cultura, la religione, le idee dell’ospitato, ma senza rinnegare la cultura, la religione, le idee, i costumi E LA STORIA del paese ospitante. Evviva la multicultura, la libertà religiosa, le differenze date dalle diversità, l’integrazione, ma io pretendo il rispetto della mia cultura, dei miei costumi e della mia religione, visto che ti sto ospitando. E questo rispetto mi viene negato anche se rinneghiamo la nostra matrice cattolica, derivata dalla nostra storia, togliendo i crocifissi dalle aule scolastiche, ovvero come è indegnamente accaduto in una recita di Natale, censurando il nome di Gesù. Per non offendere qualche suscettibile musulmano. Vorrei poter personalmente prendere a schiaffi l’idiota che ha avuto questa bella pensata; e lo dice chi, in verità religioso lo è assai poco, e che più che un credente, si definisce uno sperante, ma che pretende che i propri, futuri nipoti possano ancora credere a Gesù Bambino, al bue ed all’asinello nella grotta di Betlemme.
La cultura occidentale, così come la società, è in crisi perché non è difesa dalla propria classe politica. In Francia, per poter sconfiggere la destra – e mantenere la poltrona – Macron si è alleato con l’estrema sinistra, che appoggia l’immigrazione selvaggia e che sta contribuendo ad islamizzare il paese, badate bene, non favorendo il pluralismo religioso, ma contribuendo a rafforzare la cultura radicale, quella intransigente e integralista di una frangia non più tanto sparuta. La cultura occidentale, così come la religione cristiana, è sempre più debole, così come la nostra società, contrapposta ad una politica di aggressione religiosa, dove la diversità, l’inclusività, non è né accettata né preventivata. La miopia politica dell’occidente, legata al politically correct di facciata, considera razzista chi non accoglie e rispetta chi per primo non rispetta le nostre carte costituzionali, la parità tra uomo e donna, chi considera l’omosessualità un reato, chi considera legittimo un matrimonio tra un adulto ed una bambina. Quindi io sono un razzista, un “non inclusivo”, se non accolgo o se rifiuto, chi è razzista, intollerante religioso, omofobo, e magari anche pedofilo. Non è una crociata, ma è la difesa dei nostri valori costituzionali e morali. In un’intervista passata in tv poco fa ad alcuni giovanissimi francesi di etnia nordafricana e di religione musulmana, è stato chiesto come dovrà essere la propria futura moglie. “Non potrà vestirsi con abiti corti”, “non potrà guidare la macchina”, “non potrà uscire dopo le 19”, “non potrà avere amici maschi”, “non potrà andare nei locali pubblici senza il marito”, “non potrà andare all’università”. Queste alcune delle risposte. Ma sono io che voglio difendere i valori costituzionali dell’occidente ad essere razzista, se rifiuto un’invasione che vuole portarci a tutto ciò? Sono razzista perché rifiuto il razzismo? Attenzione, siamo una società debole, decadente, miope e vulnerabile. Sì all’inclusione, all’accoglienza, ma nel rispetto dei nostri valori, e rimpatrio immediato per chi non li accetta e per chi delinque.
Permettetemi ancora due parole sull’argomento.
Abbiamo le nostre principali città, Roma in primis, afflitte da tendopoli, ove nel degrado più intollerabile vivono esseri umani che fanno i loro bisogni per strada, fanno sesso, così davanti agli occhi di tutti. Spesso si drogano, si ubriacano e diventano pericolosi per i passanti e per gli abitanti, costretti a dover subire tutto questo. Questa non è accoglienza. Questo è lasciare entrare tutti per una politica demagogica, per poi lasciarli lì, nell’indigenza e nella sporcizia. E’ mortificante per chi deve subire questa convivenza forzata, ma è soprattutto una mortificazione ed una mancanza di rispetto per chi si trova in quella situazione, per chi è costretto a vivere come un animale, senza dignità, senza assistenza, abbandonato a se stesso e costretto a rifugiarsi nell’alcol e nelle droghe. E che per disperazione finisce poi per ingrossare le fila della manovalanza della criminalità organizzata.
Oggi le nostre strade sono divenute insicure, le nostre stazioni pericolose, le nostre abitazioni minacciate. A Roma vi sono i latinos, specializzati nei borseggi, oltre che una microcriminalità creata dalla disperazione, a Napoli la mafia nigeriana, divenuta alleata e/o rivale della camorra locale, a Milano spadroneggiano le bande sudamericane. In alcune zone di certe città non si può più entrare. E’ questa l’inclusione che predica qualche politico fazioso e miope?
Se decidi di accogliere, (non di subire un’invasione incontrollata) devi essere in grado di poterlo fare. Permettendo all’accolto di vivere con un minimo di dignità ed evitando che diventi una minaccia per il cittadino.
L’accoglienza deve essere regolamentata secondo la possibilità di ricezione del paese ospitante. Noi non possiamo permetterci un’immigrazione selvaggia perché non abbiamo i mezzi per poterla mantenere e controllare prima che diventi pericolosa. Perché sta diventando pericolosa. I cittadini sono già abbondantemente spremuti dallo stato e non possono essere gravati da altri costi. Una provocazione. Magari destinare i fondi ricavati dalle multe estorte agli italiani tramite gli autovelox per creare centri di accoglienza attrezzati potrebbe essere un’idea. Così magari si otterrebbe il duplice risultato di poter offrire un’accoglienza più dignitosa, ed allo stesso tempo evitare il proliferare delle tagliole vergognose che i comuni piazzano indiscriminatamente sulle nostre strade per far cassa.
La nostra capacità ricettiva è comunque colma. Anzi, è già traboccata. Ed urgono quindi provvedimenti. Nelle grandi città una donna non può girare da sola, e non che gli uomini possano farlo con tanta tranquillità. Ma ad una certa parte politica questo non interessa, perché vede negli extracomunitari un futuro bacino di voti, mentre l’altra parte sta mantenendo poco o nulla di quanto sbandierato in campagna elettorale. Riforma fiscale? E quando mai. Nuove leggi sull’immigrazione? Stiamo aspettando. Intanto parole, parole, parole da entrambe le parti politiche, giusto per riprendere il testo di una famosa canzone di Mina, di tanti anni fa, di quando si stava meglio…
Mi rendo conto di come queste parole possano risultare, ad una lettura superficiale, assai simili al pensiero di un filosofo e scrittore francese, della destra non lepeniana, acerrimo oppositore del “melting pot” che vedeva nel “crogiolo” una possibile minaccia alla cultura ed alla sicurezza sociale d’oltralpe, mi riferisco ad Alain de Benoist, che in maniera un po’ spiccia e lapidaria definiva il fenomeno, riguardo soprattutto all’immigrazione arabo/musulmana: “ l’immigrazione è un fenomeno negativo, in quanto è lei stessa il frutto della miseria e della necessità, e i seri problemi che pone sono ben conosciuti. E’ quindi necessario cercare, se non di sopprimerla, almeno di rimuovere il carattere troppo rapido e troppo massiccio che la caratterizza attualmente”. Non la penso proprio così. L’integrazione è obiettivo più auspicabile che la soppressione del fenomeno, ma nel rispetto dei nostri valori occidentali; tuttavia, un fondo di verità in questo pensiero così “tranchant”, visto come siamo messi ora non può non essere ravvisato; e lo scrive chi non riesce a non accostare la parola “destra” ad un ventennio terribile del secolo scorso.
Questa situazione, che sta degenerando in un fenomeno non inclusivo, ma in un’inclusione fasulla, di sola facciata, tanto invocata dai nostri benpensanti in malafede potrebbe, con un po’ di immaginazione, essere accostata alle regole che disciplinano una formula chimica. Gli elementi nuovi che si includono/inseriscono, debbono essere compatibili agli altri elementi già presenti, e nella misura consentita, altrimenti l’intruglio, alla faccia dell’inclusione, potrebbe anche esplodere. Pensiamoci bene.