L’adolescenza è classificata e definita come periodo di transizione tra l’infanzia e l’età adulta: questo passaggio va dai 12 anni ai 18 anni circa. In realtà al giorno d’oggi questa transizione si sta allungando addirittura fino ai 25 anni per ragioni socio-culturali. Si tratta di un periodo in cui molte certezze vengono messe in discussione, in particolare dalla necessità di immaginare ed affrontare il proprio futuro. Risulta quindi importante la necessità di trovare una stabilità psico-fisica, rappresentata dalla propria identità. L’acquisizione di quest’ultima prevede: l’assunzione e la sperimentazione dei ruoli; la certezza stabile della percezione di se stessi; il sentirsi produttivo in contrapposizione al timore nei confronti del lavoro che comporta una riattivazione del senso di inferiorità dato dall’età scolare; l’acquisizione di un’identità sessuale; la consapevolezza dell’orientamento riguardo le idee personali e sociali. Gli individui attraversano quindi delle fasi per raggiungere tale identità che sono state definite dallo psicologo clinico James E. Marcia.
▪ Acquisizione dell’identità: chi è in questa fase ha svolto un’esplorazione delle varie alternative fra le quali poteva scegliere ed ha deciso di impegnarsi al fine di raggiungerne una di queste.
▪ Moratorium: è la fase in cui il soggetto sta esplorando le alternative ed è indeciso su quale impegno concentrarsi.
▪ Blocco dell’identità: si tratta di soggetti che sono impegnati in molti abiti (professionale, religioso, sociale, ideologico, ecc.) ma senza valutarli e metterli in discussione.
▪ Diffusione: in questo caso sono numerosi i tentativi di esplorazione ma non effettuati nella maniera completa e più approfondita. In questo caso la mancanza di impegno prende il sopravvento.
L’adolescenza è caratterizzata da numerosi stadi di esplorazione e crisi che variano sulla base dell’orientamento scelto dal soggetto sulla base delle valutazioni effettuate. Le numerose scelte devono comprendere sia cose futili che problemi ben più gravi, sono in successione e devono essere affrontati poco per volta, ma tutti. L’identità che si crea regola l’autostima e l’autoefficacia oltre all’aspettativa di essere accolto dagli altri. Durante i rapporti sociali l’individuo osserva ciò che gli altri pensano di lui, da qui si genera una sorta di dipendenza dagli altri, le loro valutazioni fungono come uno specchio nel quale il soggetto si auto-rispecchia. Gli adulti, soprattutto i genitori, sono di fondamentale importanza per la definizione dell’immagine di sé degli adolescenti; in età scolare sono gli insegnanti ad essere determinanti nella creazione di un’immagine, difatti, sulla base delle loro valutazioni gli adolescenti si sentiranno etichettati come individui di successo o di fallimento. Altre qualità come quelle fisiche, simpatia, coraggio, vengono bollate dai coetanei poiché con essi l’adolescente si interfaccia continuamente sentendosi su pari livello. In questo caso sarà importante per il soggetto conformarsi al modo di vestire, parlare, ma anche nell’ottenere successi nelle attività extrascolastiche. Sia lo studio che il rapporto con altri adulti al di fuori del nucleo familiare e con gli stessi coetanei, comporta ad ottenere delle proprie idee riguardo le teorie quali religione, relazioni affettive, istanze sociali, idee politiche, ecc. L’adolescente discute riguardo tali teorie, spesso in maniera provocatoria. Generalmente non è tanto importante discutere di tali argomenti, quanto esercitarsi in tale abilità, da egli scaturiscono mondi ideali, famiglie ideali, l’amore ideale, relazioni ideali ecc. Tale fase potrebbe essere affiancata ad un egocentrismo, difatti il quale il soggetto crede di essere chiamato a svolgere un’attività riformatrice nel futuro per realizzare i propri ideali. Non sempre però tali ideali vengono nella realtà seguiti dall’adolescente. Spesse volte infatti egli predica idee di amore e di relazione ideali, ma si comporta in maniera contraddittoria, duro ed insensibile. Il continuo scambio di esperienze e sentimenti fra coetanei, specialmente nel sesso femminile, individua il cambiamento tra fra l’amicizia infantile, fatta di giochi e di attività, con quella adolescenziale. Anche il rapporto dell’adolescente con la famiglia può essere suddiviso in diverse fasi. Queste vengono separate da eventi critici che la famiglia incontra durante il suo percorso. L’ingresso nell’adolescenza rappresenta uno di tali eventi ed è potenzialmente instabile per il nucleo familiare. La stabilità è minata dal senso di differenziazione e di autonomia dei membri, tale spinta si contrappone al senso di unione, di mantenimento dei legami affettivi tipico del nucleo familiare. Queste modificazioni non devono essere viste come ostilità per raggiungere il conflitto, ma come cambiamenti fisiologici. Tali conflitti si creano quando gli adolescenti non vedono più nei genitori gli unici esempi da seguire nel modo di vestire, nella scelta delle amicizie, in come passare il tempo libero, ecc. a loro si aggiungono infatti i coetanei. È comunque errato parlare di guerra generazionale nel considerare tali conflitti che nella maggior parte dei casi si risolvono con il tempo o con il dialogo, possiamo dire che i bisogni che emergono in tali conflitti sono riassunti:
▪ Nello sviluppo di una propria autonomia, che riguarda la libertà, la necessità di chiedere permessi, le telefonate, ecc.
▪ Nel distacco emotivo dai genitori.
▪ Nella necessità di tenere nascosta la propria privacy, la propria identità poiché ancora in fase di elaborazione.
Il processo di separazione non colpisce solo gli adolescenti bensì tutta la famiglia, compresi i genitori. L’ansia e l’ambivalenza caratterizzano anche la loro condizione fino a portarli a percepire un senso di inutilità poiché i figli non necessitano più di loro. Al conflitto con i genitori si contrappone il rapporto dell’adolescente con i pari che generalmente soffrono dei medesimi problemi. Proprio tali sono il motivo dell’avvicinamento fra adolescenti, e la ricerca di soluzioni comuni coadiuva il rapporto. Il gruppo che si crea può avere due nature differenti, formale e informale. Mentre il primo è formato per motivi sportivi, religiosi, politici, culturali, ecc. ed è più accentuato nella prima adolescenza. Questi gruppi presentano sempre un adulto con funzione stimolante. Il gruppo informale prevede la presenza di adolescenti con età compresa fra 15 e 17 anni, i luoghi di incontro sono la piazza, il bar, i giardini pubblici, i pub ed altri. Si instaura una attività comunicativa e la coesione del gruppo si fonda sulle esperienze vissute singolarmente ed assieme. Gli aiuti da parte del gruppo informale sono a livello emotivo, psicologico, comportamentale, tali da risultare fondamentali nei casi di difficoltà. L’esperienza scolastica può incidere notevolmente sullo sviluppo della personalità e dell’identità del soggetto, a partire dall’infanzia per poi continuare nell’adolescenza. L’età scolare porta ad una continua verifica delle proprie abilità cognitive e sociali e nella transizione fra i cicli di studio, in particolare con il passaggio alla scuola superiore, l’adolescente ha la possibilità di verificare le sue capacità cognitive, abilità nel superamento delle difficoltà. Ciò lo porta ad aumentare l’autostima e la fiducia di essere in grado di affrontare i compiti successivi. Altro compito importante è quello di scegliere se continuare con gli studi od interromperli, entrano quindi in gioco le esperienze passate, le attività personali e le influenze degli altri (famiglia, tipologia di scuola frequentata, insegnanti ed amici). Si tratta di una fase importante per prevenire abbandoni o insuccessi scolastici. L’interazione prolungata con gli insegnanti ed il confronto con i “colleghi” rappresentano variabili che influiscono sulla creazione dell’identità individuale. Le esperienze scolastiche problematiche o caratterizzate da insuccessi porta a svalorizzare potenzialmente l’identità. Se tali problematiche non riescono ad essere superate, il soggetto considera la sua abilità non adeguata al superamento di esse e di quelle che si presenteranno in futuro. Cosa ancor più grave è che il soggetto considererà gli insuccessi frutto della casualità, della fortuna e non dovuti alle sue capacità. L’esperienza scolastica può quindi influenzare non solo l’adolescenza del soggetto ma l’intero progetto di vita. Questo perché solo il soggetto convinto delle proprie capacità intenderà investire tempo ed energie nello studio e nelle attività lavorative per raggiungere il proprio progetto. Tra i fattori che rendono problematica l’esperienza scolastica troviamo: l’aspetto didattico-metodologico (stile di insegnamento, metodo di studio, carico di lavoro, ecc.) e gli aspetti relazionali e di comunicazione con gli insegnanti in particolare. Tra i sintomi maggiormente espressi dall’adolescente compaiono lo stress psicologico dovuta alle prestazioni scolastiche, angoscia, insicurezza, aumento di problemi comunicativi anche dal punto di vista familiare dovute pressioni per il rendimento scolastico e alle aspettative deluse, tensione che si manifesta con l’assunzione di sostanze ed eccessi (alcool, fumo, droghe leggere, tranquillanti). Non bisogna pensare che un percorso scolastico difficoltoso comporti sempre insuccesso o problematiche non superabili, può quindi incidere sulla vita dell’adolescente ma non in maniera totalmente esclusiva: un adolescente può trovare gratificazioni e conferme in altri campi (sportivo, relazioni, rapporto di coppia) che lo aiutano a superare problematiche su altri campi. Per quanto riguarda la sessualità adolescenziale bisogna mettere dei punti fermi e chiarire alcuni aspetti. In questo periodo si ha un’esplosione di vita dato che il corpo umano va incontro ad una serie di maturazioni, e quella più evidente è rappresentata dalla pubertà anche conosciuta come periodo di maturazione sessuale. In questo periodo il bambino si trasforma in adulto maturo, da un punto di vista biologico e quindi capace di riprodursi. Durante la fase di crescita diviene molto rapida e si ha un graduale sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Possiamo notare variazioni nell’età di inizio e nel ritmo di tale processo: diverse ragazze raggiungono questa tappa ad 11 anni, altre anche a 17 anni, i ragazzi, invece, maturano due anni più tardi delle ragazze. Durante questo periodo adolescenziale vi sono rapidi cambiamenti che portano ad inquietudine, turbamento interiore, perdite di certezze e ribellione. La psicologia ha studiato questi comportamenti spesso non duraturi se non in gruppi molto ristretti. Tra gli aspetti più critici consideriamo lo sviluppo troppo precoce o troppo tardivo: le ricerche psicologiche dimostrano insoddisfazioni nei confronti del proprio aspetto e della propria immagine, tra i maschi, infatti, chi raggiunge la maturità sessuale prima tende ad avere meno autocontrollo e stabilità emotiva rispetto a chi matura più tardi, quest’ultimo si giudicherà negativamente. Le femmine sono caratterizzate invece da effetti opposti: chi matura precocemente tende ad essere più depressa o ansiosa e risulta avere un’autostima meno funzionale, non sono soddisfatte dell’immagine del proprio corpo. Le ricerche hanno evidenziato una maggiore probabilità in queste ragazze di sviluppare conflitti con i genitori e problemi emotivocomportamentali anche se l’adolescenza precoce nella maggior parte dei casi è relativamente serena. Molti genitori sono preoccupati dai comportamenti di distacco da parte degli adolescenti che cercano di essere indipendenti dal padre e dalla madre. I genitori vedono mancare la loro posizione e temono di perdere il loro ruolo all’interno del nucleo familiare, poiché prima venivano considerati come punti di riferimento per il proprio figlio costantemente. Questo processo spinge i genitori a controllare ancora di più la vita dei propri figli, ponendo regole rigide, ma tutto questo comporta un maggior distacco da parte dell’adolescente nei loro confronti, proprio perché si allontana dai propri “guardiani”. I genitori dovrebbero imparare a lasciare il proprio figlio libero di prendere decisioni e libero di sbagliare, poiché solo così un ragazzo diventa uomo a tutti gli effetti. Come diceva Oscar Wilde: “È con le migliori intenzioni che il più delle volte si ottengono gli effetti peggiori”. È buona norma da parte dei genitori quindi, evitare di inasprire il conflitto naturale che si crea in tale momento, così da poter evolvere questo periodo in una situazione più stabile fra genitori e figli, che diventeranno più collaborativi.