Nell’era del consumo immediato e dell’obsolescenza rapidissima, molti spot pubblicitari ci invitano a “liberarci” di oggetti diventati inutili. Gli acquisti d’impulso mai utilizzati, i vestiti che non sono più alla moda, i giocattoli dimenticati – tutto può trovare una seconda vita in un circolo virtuoso che avvantaggia tanto chi vende quanto chi acquista di seconda mano. Un riuso che consente di risparmiare e contribuisce alla riduzione del consumismo, facendoci adottare il principio etico del “non sprecare risorse”. Alcuni di questi spot sono brevi sketch in cui, con ironia, vengono raccontate situazioni familiari: i genitori che, tra le lacrime per la partenza del figlio all’estero, cominciano a pensare a cosa rivendere dalla sua stanza, o la voce suadente che suggerisce a una ragazza di disfarsi dei regali dell’ex tramite un’applicazione dedicata. In tempi di crisi ambientale ed economica, riciclare, vendere e comprare usato diventa un atto pratico e necessario, e perfino il baratto torna a essere un’opzione vantaggiosa per tutti. Ma è davvero utile liberarsi, come suggerisce un altro spot, anche dei “Classici da leggere una volta nella vita”? Cosa ne penserebbe Calvino? La risposta alla paradossale proposta di sbarazzarsi dei grandi classici si trova nel suo celebre saggio “Italiani, vi esorto ai classici (1981)”, in cui lo scrittore spiega quanto possa essere utile e piacevole riscoprire testi intramontabili già letti in gioventù. Del resto, osserva, dei classici si dice solitamente: «sto rileggendo», non «sto leggendo». Leggerli da giovani è fondamentale, perché offrono modelli ed esempi destinati a plasmare le nostre esperienze future; rileggerli in età adulta è altrettanto importante, poiché permette di riscoprire i meccanismi interiori ormai consolidati, di cui spesso abbiamo dimenticato l’origine. I classici non esauriscono mai i loro insegnamenti: continuano a parlarci, stabilendo con il lettore un rapporto in qualche modo “personale”, utile a definirsi in accordo o in contrasto con essi. Ma come trovare il tempo per dedicarsi alla rilettura, immersi nel caos delle nostre vite sempre più frenetiche? Non è per forza necessario trovare una silenziosa “stanza tutta per noi”, nella quale poterci dedicare alle nostre amate letture con metodo, calma e devozione. I grandi testi senza tempo, spiega Calvino, possono anche essere letti con “nervosismo impaziente”, o con “insoddisfazione sbuffante”, perché sono in grado didonarci un po’ di quel sano respiro tipico dell’ “’otium umanistico” senza spezzare il ritmo serrato delle nostre concitate vite, che non conoscono più “tempi lunghi” e impongono stressanti e continue performance. Anche in una stanza invasa dal chiasso di una televisione accesa a tutto volume, la voce dei grandi classici sa farsi sentire, risuona come “un rimbombo lontano” che ci richiama a ciò che eravamo e chi siamo diventati. Evviva, dunque, il riuso e il riciclo di vestiti, elettrodomestici e persino dei regali degli ex. Ma i grandi classici, quelli no, non vanno rivenduti né dimenticati. Piuttosto, vanno tramandati come preziosi. Perché il tema non è lo spazio che questi testi occupano sugli scaffali, ma il valore che hanno nelle nostre vite.
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