“Davanti alla casa del sindaco era accucciato il cane, accanto a lui Elsi. Guardò il bosco che ardeva, la parete di fuoco che divampava oltre alla gola aveva inghiottito gli abitanti del villaggio. Sorrise. Natale, bisbigliò. Il bambino fece un balzo di gioia nel suo ventre”. Finisce con una nota di speranza e di dolcezza l’ultimo amaro racconto di Friederich Dȕrrenmatt, dopo una scena da catarsi biblica, un fuoco purificatore che travolge tutto il male fisico e morale di una società che ha perso la direzione, prima ancora che la ragione. Il cane, Elsi, e il bimbo che nascerà, sono gli unici personaggi della storia che conservano sentimenti e comportamenti umani, vittime di una comunità travolta dalle lusinghe del denaro, delle ideologie, della trasgressione, dell’indifferenza. Nessuno può sottrarsi alla chiamata di correo, né ricchi né poveri, e tutto si mescola e diventa intercambiabile, i personaggi e le loro colpe. La vita di comunità, così come la natura di contesto, assume colori cupi, atmosfere pesanti, da caos post apocalittico. L’ultima valle montana dimenticata da Dio e dagli uomini ospita grotteschi esemplari umani appartenenti a categorie che a Dȕrrenmatt appaiono ormai senza possibilità di redenzione: i ricchi, i malfattori, i clericali, i moralisti, i governanti, i burocrati, i genitori … Solo un fuoco distruttivo e purificatore, di espiazione e di rinascita, potrà far recuperare, ai superstiti, quell’umanità di sentimenti e di ragione che sembra definitivamente perduta. Un auto da fè che ricorda ‘Fahrenheit 451’ (R. Bradbury), o ancor più la deflagrazione finale di ‘Zabriskie Point’ (M. Antonioni). E che lascia ai giusti, dopo tutto l’insensato male della vita, un barlume di speranza nelle possibilità di riscatto futuro.