La legislatura nata dal 25 settembre 22 è partita col botto. Prima ancora della formazione del Governo, prima persino delle consultazioni presidenziali. Fischio di inizio e gol. Senza troppi motivi di esultanza per nessuno, in realtà. L’elezione dei due presidenti della Camere ha infatti portato subito allo scoperto le conflittualità, che erano latenti prima delle elezioni, tanto nella maggioranza quanto nell’opposizione.  E ora tutti scontenti, tutti a dover affrontare una prova di maturità democratica prima ancora di inoltrarsi sul terreno concreto delle questioni politiche ed economiche del Paese. Solo il n. 10 di Downing Street, cioè il Governo inglese, ha dato in questi giorni maggiore prova di imperizia politica. L’elezione di La Russa a presidente del Senato senza i voti di FI e grazie ai franchi tiratori appartenenti alla futura supposta opposizione, è stata uno spettacolo che nessun regista avrebbe saputo sceneggiare meglio. E l’elezione a sorpresa di Fontana a presidente della Camera non è stata da meno. Il tutto condito dagli appunti di un Berlusconi in caduta libera, dagli anatemi davanti alla stampa estera di un Letta impotente, dalle reazioni tostissime della Meloni, dai commenti degli osservatori di parte centrosinistra che chiedono a gran voce che la maggioranza di destra uscita dalle urne faccia ora una politica di centrosinistra, come è buono e giusto che sia! Qui è chiaro che c’è un problema di maturità democratica. Qualcuno deve metabolizzare che l’esito delle elezioni in democrazia va rispettato anche quando si perde. Senza tentare di delegittimare l’avversario e i suoi elettori.