Sono oramai trascorsi molti mesi dal mio ultimo scritto, ed eccomi nuovamente ad abusare della benevolenza dei lettori del Pannunzio Magazine. Non ero infatti più riuscito a scrivere nulla per questa rivista, non tanto per mancanza di spunti (con tutto quello che è successo in quest’ultimo periodo) o di tempo, quanto perché ero solito condividere con mio padre Emilio le mie idee, ed anche i commenti e le critiche che i miei articoli potevano suscitare. Ora questo, purtroppo, non è più possibile, ma essendo oramai trascorso un anno e mezzo dalla mia grave perdita, anche per provare ad onorare in qualche modo la sua memoria – se sarò ancora bene accetto – mi piacerebbe continuare la collaborazione che interruppi quando mio padre venne a mancare.
Per questo mio ritorno, vorrei condividere con i lettori, alcune mie personali considerazioni su quanto sta accadendo in Israele e nella striscia di Gaza in queste settimane, anche alla luce delle manifestazioni pro Palestina organizzate in molte città italiane, ed in seguito a diverse prese di posizione contro la rappresaglia israeliana dopo l’aggressione subita.
Mi ha colpito uno dei tanti “post” che circolano in questi giorni su internet, ove si evidenzia come la Russia – invero con una stima assolutamente presuntiva, se non arbitraria – abbia causato un numero inferiore di vittime tra i bambini ucraini in un anno e passa di guerra, che Israele in poche settimane. Perché soffermarsi su questo inutile post? Probabilmente perché è l’emblema del modo di ragionare di alcuni nostri benpensanti di comodo, sempre pronti ad andare controcorrente, anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Ritengo comunque sia necessario, a questo punto, premettere una mia ferma posizione. Io sono sempre contro qualsiasi forma di guerra, sia essa preventiva che di rappresaglia, anche perché a rimetterci la vita sono quasi sempre gli innocenti. Civili, medici, bambini, che non possono decidere nulla, ma subiscono le decisioni e la violenza altrui. Tuttavia, è necessario effettuare un distinguo tra i due conflitti. Da una parte una potente nazione -la Russia- che ha deliberatamente attaccato ed invaso un paese sovrano, senza che sia mai stato fatto da quest’ultimo nulla che potesse giustificare tale aggressione. La cosiddetta guerra preventiva è spesso un pretesto dei potenti per dissimulare le loro reali ambizioni. Dall’altra parte una guerra quale conseguenza di una brutale aggressione effettuata con spietata crudeltà nei confronti di civili inermi. Due avvenimenti tragici, ma assai diversi da loro.
In Italia, paese molto strambo, pare quasi che questi accadimenti siano divenuti uno spunto per una nuova ondata di antisemitismo. Io vorrei dire a chi manifesta nelle piazze, di valutare sempre con pacatezza ed imparzialità gli accadimenti, soprattutto quando toccano argomenti di natura razziale. Sono infatti convinto che il popolo ebreo sia in enorme credito nei confronti del mondo intero. Un popolo senza pace, oggetto della più feroce e pazzesca persecuzione che la storia ricordi. L’ultima quella atroce ed inumana effettuata dai nazisti e, purtroppo, anche condivisa da qualche loro alleato di nostra conoscenza. Tuttavia, e qui il paradosso, probabilmente il popolo verso il quale vanta il minor credito, è proprio il popolo palestinese. Ricordiamoci che l’occupazione dei territori da parte dei coloni ebrei in Cisgiordania, è stata effettuata proprio a scapito della popolazione palestinese. Una delle tante ragioni di questo odio infinito tra i due popoli; e qualche volta anche strumentalizzato da qualche politico nostrano, ai fini di ottenere consenso di piazza.
Il popolo palestinese non è solo composto da terroristi. E’ tuttavia vittima degli stessi e del voto fasullo che ha portato Hamas al potere e lo ha accreditato come partito politico, e degli accadimenti della seconda metà del secolo scorso che lo ha visto soccombere nella spartizione della terra in Cisgiordania. Ed è anzi doppiamente vittima dei terroristi di Hamas, la cosiddetta ala militare, che localizza le proprie sedi/rifugi sotto scuole, ospedali ed edifici pubblici per utilizzare i bambini, i malati, la gente comune come scudi umani, tra l’altro impedendo loro di espatriare da Gaza che è sempre più simile ad un luogo di detenzione.
Nessuna di queste ragioni giustifica però l’orrendo massacro perpetrato ai danni degli abitanti dei Kibbuz posti nelle vicinanze del confine con Gaza. Non voglio porre l’accento sulle atrocità perpetrate dai militanti di Hamas verso la popolazione civile israeliana. Basti ricordare ai nostri manifestanti, i bambini decapitati e poi bruciati, come i civili trucidati con raffiche di mitra. Non vittime collaterali di attacchi di guerra, ma i reali obiettivi dell’assalto.
Consiglio a chi voglia passare qualche serata in casa davanti alla tv, una serie israeliana, “Fauda”, che in arabo significa caos. Naturalmente il punto di vista è più vicino alle posizioni ebraiche, ma se si guarda con attenzione, non vi è mai un vincitore. Non vi è il lieto fine delle serie tv americane. Vi è tanto dolore, distruzione e morte in entrambe le fazioni. E tanto, tantissimo odio; l’odio che spesso è alimentato, nutrito da chi ha interessi non dichiarati ad avere un’area perennemente destabilizzata e destabilizzante in Medio Oriente.
Io sono terribilmente dispiaciuto per il popolo palestinese e per quello che sta patendo oggi e da decenni; ma non posso condannare la reazione di Israele che è stato vittima di un attacco premeditato di una violenza e brutalità inaudite nei confronti della popolazione, in particolare di bambini, donne e ragazzi.
Purtroppo, è una guerra tra popoli sfortunati. Dispiace enormemente, e bisognerebbe assolutamente riuscire a predisporre veri corridori umanitari per permettere agli abitanti di Gaza di sfuggire ai bombardamenti. Ma i primi a non permetterlo sono i terroristi di Hamas che di fatto tengono la popolazione imprigionata nella città. Condannare a priori Israele, come fanno i nostri manifestanti (immemori dei campi di concentramento ove è stato decimato il popolo ebraico), serve solo a dare credito ai terroristi di Hamas, loro i primi nemici del popolo palestinese.