L’assalto alla Casa Bianca, vale a dire alla sede istituzionale del massimo organo rappresentativo della democrazia americana, si è svolto nei modi conclusivi di una vera e propria rivoluzione: l’occupazione violenta della sede del potere da parte del popolo in rivolta. Ma è stata cosa ben diversa da una rivoluzione vera e propria! Le motivazioni politiche di tanta impresa, spiegano infatti come soltanto apparente la coincidenza delle fasi attuative del grossolano progetto trumpiano con tradizioni storiche di ben altro conio ideale. Innanzitutto, limitando qui la nostra analisi a precedenti storici di destra , vale a dire ad un campo di proselitismo politico del quale Trump è stato un campione di rilievo mondiale, c’è da distinguere storicamente fra destra liberale parlamentare e destra nazional populista. È ai trascorsi ideologici di quest’ultima, alla quale nettamente si richiamano le ragioni della vittoria di Trump alle elezioni presidenziali dell’8 novembre 2016 (elezioni -valga rilevarlo parenteticamente- nelle quali Trump riportò pochi voti… in meno rispetto alla sua antagonista H. Clinton: il sistema elettorale statunitense consente nelle sue complicate regole di conteggio che tanto possa accadere). Egli temette ad un certo punto dello spoglio dei voti che questo potesse essere il suo destino e subito dichiarò che si stava preparando dolosamente un tale risultato a suo danno e che avrebbe reagito nei modi…dovuti. Le cose andarono poi diversamente e la differenza dei voti a vantaggio del suo avversario divenne cospicua. Disse allora implacabile che tanto avveniva perché c’erano brogli materiali nel conteggio e che non avrebbe accettato il risultato e che infine, al limite , si sarebbe fatto valere con la forza. E’ ciò’ che ha fatto dopo aver nettamente perduto le elezioni. Ha riversato una massa di suoi fans ( non è il caso di dire …addottrinati!) a Washington, per recare vergogna ai simboli più alti di uno Stato federale che nacque nel segno di una guerra sanguinosa , la quale portò alla condanna della schiavitù ed alla affermazione della libertà di tutti i suoi cittadini, quale che fosse il colore della loro pelle. La destra populista europea quale più sopra l’abbiamo definita, ha trovato finora un riferimento fondamentale, traducendo il suo “l’America agli americani “con il sostituire la parola americani con l’indicazione ogni volta dei singoli Stati europei da…restituire a se stessi. E c’è stato per altro verso come un ricalco, nel trumpismo, di tutti i temi salienti del nazionalismo populista europeo. Se mai arricchendoli di espressioni quali” fuori immediatamente tre milioni di clandestini, a calci” e lanciando l’idea di erigere muri di confine anche di centinaia di chilometri contro la immigrazione clandestina(una sorta di muraglia cinese non difensiva, ma repressiva!). E la sua politica estera, è idealmente molto vicina alla “ nazione delle patrie” vigente in Ungheria e…desiderata anche altrove in Europa. Significativa ,una volta giunto al potere ,fu la sua richiesta alla Gran Bretagna di inviargli a Washington, quale ambasciatore inglese, Nigel Farage, notissimo demagogo e leader … ideologico del brexismo. La risposta fu di fine ironia britannica: “ sorry, il posto è già molto bene coperto”.
Dall’Europa si ricomincia ora a riguardare gli USA con le speranze dell’ ante – Trump, ma ci vorrà tempo per cancellare ogni segno… Confidiamo in ogni caso in quanto ebbe a dire Franklin D. Roosevelt: ”noi americani, siamo un arsenale della democrazia”.
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