Tutto iniziò a Biella, primi anni ‘70, quando il regista Peppo Sacchi fondò la prima tv privata italiana, Telebiella. Fu un articolo di Enzo Tortora che sulla Domenica del Corriere illustrava la novità dirompente in tempi di monopolio Rai, ad affascinare un certo Renzo Villa, “travet” al dazio di Varese ma grande sognatore: il suo desiderio, fino ad allora non realizzato,  era cantare e recitare. Vuoi vedere che –  così dovette pensare – se mi faccio una televisione tutta mia finalmente riuscirò a entrare nel mondo dello spettacolo? Un folle. Ma neanche tanto, se è vero che da perfetto signor nessuno andò a Biella, incontrò Sacchi che gli fece conoscere Tortora, si licenziò dal suo posto comunale sicuro e, senza alcuna solida base creò in Lombardia la prima tv libera via etere, Telealtomilanese, nel 1975. Era un’emittente palesemente illegale per le leggi del tempo, tanto è vero che la Rai la fece chiudere. Ma – sorpresa – un pretore “illuminato” diede ragione ai “ribelli” dell’etere. Da allora, grazie al coraggio di Villa anche le televisioni “libere”, sebbene solo in ambito locale, poterono trasmettere. La proliferazione della tv privata in Italia nasce così. Nel 77 Villa e Tortora (aggregatosi alla pazza avventura)  vollero fare le cose ancora più in grande. Lasciarono Telealtomilanese e fondarono a Legnano Antennatre Lombardia, quella che sarebbe diventata nei successivi dieci anni la più importante tv privata italiana prima dell’avvento dei grandi network. E anche qui il Piemonte ha un ruolo fondamentale, che da’ in fondo ragione a chi dice che tutto nasce sotto la Mole e poi ce lo scippano: il cinema, l’automobile e, appunto, la televisione. Peppo Sacchi fece “emigrare” da Telebiella  verso Legnano i suoi registi Beppe Recchia (che sarebbe diventato regista di Drive In) ed Enzo Gatta (futuro regista di Portobello). Villa nel ruolo di editore e proprietario della stazione televisiva e Tortora nelle vesti di direttore, li accolsero e grazie a queste professionalità giunte dal Piemonte avviarono  la nuova televisione. Negli studi allora più grandi d’Europa Villa poté finalmente cantare e presentare i suoi programmi, tanto da vincere l’ambitissimo premio del Telegatto.  Ma soprattutto, grazie al suo fiuto da talent scout, scoprì e lanciò numerosi personaggi dello spettacolo. Ricordiamo tra questi Donatella Rettore, Enrico Beruschi, Massimo Boldi, Teo Teocoli, Enzo Jacchetti, Giorgio Faletti. Questa storia che pare una favola è raccontata nel libro di Cristiano Bussola, giornalista torinese appassionato di televisione, “Una fetta di sorriso”, dal titolo di una canzone di Renzo Villa, edito da Paola Caramella. Nel volume è ripercorsa la vita  del visionario Villa, attraverso una quarantina di testimonianze di tecnici, registi, cantanti, telespettatori che vissero gli anni d’oro dell’emittente. Tra questi anche alcuni piemontesi: il già citato Peppo Sacchi ed Ettore Andenna, il noto conduttore di Giochi senza Frontiere (trasmissione ‘clonata’  dalla “Bustarella”, condotta sempre da Andenna su Antennatre) da anni cittadini di Graziano Badoglio. Ma gli intrecci piemontesi non finiscono qui. Va ricordato, ad esempio, che i programmi dell’emittente lombarda furono visibili anche a Torino negli anni ‘80, quando Villa acquisì la storica tv torinese Grp. E poi, la pubblicità. Fu proprio grazie a due sponsor piemontesi che Antennatre fece fatturati strabilianti (e grazie all’emittente li fecero a loro volta anche gli sponsor). Uno, il mobilificio Aiazzone, che investì massicciamente sulla tv di Villa e creò un nuovo stile di pubblicità. Il secondo, una grande azienda di pelletteria di un comune dell’Astigiano, ancora oggi attiva, la cui pubblicità su Antennatre ebbe una tale successo da intasare di auto le strade del paese e del circondario. Il declino di Antennatre iniziò con l’avvento dei grandi network, nella seconda metà degli anni 80. Berlusconi corteggiò Villa per mesi offrendogli fior di miliardi di lire per acquistare l’emittente e da lì’ creare il suo impero televisivo. Ma il patron di Antennatre rifiutò sempre. Il perché lo spiega nel libro Riccardo Miniggio, torinese, più noto come il  “Ric” del celebre duo comico Ric & Gian:  “Villa nella sua tv conduceva programmi di successo, cantava le sue canzoni, era riconosciuto per strada  dalla gente. Mi disse: se vendo Antennatre tornerei ad essere il Renzo Villa di prima. Cosa mi importa del denaro quando ho l’amore del mio pubblico?”.