La Val Bregaglia è la valle attraversata dal fiume Mera o Maira e, geograficamente, inizia dal Passo Maloja o Maloggia, in Svizzera, e termina a Chiavenna in Italia (Provincia di Sondrio). Qui è della parte svizzera che voglio parlare. Nel 1367 entrò a far parte della Lega Caddea contro gli Asburgo e in seguito si aggregò ai Grigioni, una repubblica indipendente che in epoca napoleonica diverrà parte della Svizzera, situazione confermata dal Congresso di Vienna nel 1815. Il principale motivo di divisione tra le due parti della Valle è, a mio avviso, di natura religiosa: in Svizzera la maggior parte degli abitanti aderisce alla Chiesa Riformata Grigionese, mentre in Italia sono cattolici. La Riforma è stata portata in Val Bregaglia da teologi perseguitati provenienti dall’Italia. Tra essi il grande umanista Pietro Paolo Vergerio, vescovo di Capodistria (città ove era nato nel 1498), che forse qualcuno ricorderà come protagonista del bel romanzo di Fulvio Tomizza, Quando Dio uscì di chiesa. Molti testi dottrinali protestanti italiani vennero pubblicati all’epoca e in quelle successive proprio nei Grigioni. E, per rimanere in argomento, una bella traduzione della Bibbia nella nostra lingua si deve proprio ad un Engadinese originario di Tschlin (in italiano Celino, toponimo ormai desueto), Giovanni Luzzi (1856 – 1948).

Nella parte italiana della Valle vi sono tre comuni, Chiavenna, Piuro e Villa di Chiavenna, mentre in Svizzera vi è un solo comune, Bregaglia, che unisce tutti i paesi della Valle (circa 1600 abitanti), la maggior parte dei quali davvero pittoreschi (i comuni soppressi erano Castasegna, Bondo, Soglio, Stampa e Vicosoprano). Si parla italiano, in particolare il dialetto bregagliotto: nella parte bassa della valle non si distingue molto dal chiavennasco, mentre nella parte alta il dialetto è più arcaico, si notano attinenze col confinante romancio (così come, da noi, in molte valli delle dolomiti bellunesi il dialetto assomiglia più al ladino che non al veneto vero e proprio). La lingua e la cultura italiane sono difese, oltre che dalle leggi federali e cantonali svizzere, anche dalla benemerita società Pro Grigioni Italiano, fondata nel 1918 a Coira, la capitale del Canton Grigioni e ove è tuttora la sede centrale dell’ organizzazione, mentre sezioni locali esistono in ogni vallata italofona dei Grigioni, in Engadina, in Ticino e in altre parti della Svizzera. Le sue pubblicazioni periodiche, i Quaderni Grigionitaliani e l’Almanacco del Grigioni Italiano, così come i libri editi dalla società, sono davvero di ottimo livello e di assoluta serietà scientifica: si vedono qui, armonicamente fusi, la passione italica ed il rigore elvetico.

Si passa il confine a piedi, oramai senza più il controllo del passaporto, attraversando un ponticello che unisce (unisce ho scritto, non divide) la frazione Dogana di Villa di Chiavenna a Castasegna. L’ultima casa italiana è la caserma dei Carabinieri, la prima casa svizzera è la caserma della locale Guardia di Frontiera. Le guide turistiche affermano che il villaggio “emana già una calda e piacevole italianità”.

A Castasegna (686 m, 191 ab.), che un tempo ospitava quello che era ritenuto il più grande castagneto d’Europa (la cucina bregagliotta è ancora molto influenzata dalla castagna e dalla sua farina) sono da vedere la chiesa della Santissima Trinità, che risale al 1660 (le chiese protestanti sono molto meno ricche di quelle cattoliche) e Villa Garbald, progettata dall’architetto Gottfried Semper, colui che progettò anche il Teatro dell’Opera di Dresda ed il Politecnico di Zurigo. In Bregaglia hanno soggiornato molti grossi nomi della cultura: il ricordato Semper, il grandissimo pittore Giovanni Segantini, Rainer Maria Rilke, il poeta e letterato Giovanni Bertacchi, originario della vicina Chiavenna, che qui si rifugiò per sfuggire ai rigori della giustizia in seguito ai moti del 1898 (era il suo un esilio quasi “in casa”…), e che in Bregaglia ebbe modo di leggere l’opera di Mazzini, appassionandosene, trasformando così il proprio pensiero politico da socialista a mazziniano.

Poco più avanti c’è Bondo (823 m, 204 ab.), ai piedi del Pizzo Badile e del Pizzo Cengalo, molto amati dagli alpinisti. Un villaggio davvero suggestivo, purtroppo negli ultimi anni minacciato da pericolose frane dal Cengalo che hanno costretto parte degli abitanti a trovare rifugio altrove. E’ patria dell’insigne dantista Giovanni Andrea Scartazzini (1837 – 1901), pastore della Chiesa Riformata: una targa lo ricorda sulla modesta casa ove ebbe i natali. Secondo me la migliore lezione della Commedia e il migliore commento di essa si devono proprio a lui. Tra il 1896 ed il 1899 pubblicò una formidabile enciclopedia dantesca in due volumi, compilata tutta da solo: bisognerà aspettare circa 80 anni prima che l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, con ben altri mezzi ed uno stuolo di illustri professori, pubblicasse un’altra opera del genere in sei volumi. Scartazzini ebbe anche il merito di diffondere ed accrescere gli studi danteschi in Germania e nel mondo di lingua tedesca in generale. E’ curioso notare come, tra la gente comune della Valle, lo Scartazzini sia ricordato più come uomo di Chiesa (“il parroco Scartazzini” viene chiamato) mentre la sua opera di dantista passi quasi in secondo piano. Il 2021 sarà l’anno di Dante, ed anche il centenario della morte dello Scartazzini (morì a Fahrwangen, nel Cantone di Argovia ove svolgeva la propria missione pastorale, il 10 febbraio 1901 e lì è sepolto): spero che sia la Società Dante Alighieri, sia la Pro Grigioni Italiano, che in passato tanto ha fatto per onorare la memoria del grande dantista, ne approfitteranno per ricordarlo degnamente ancora.

Sempre di Bondo, ove era nata il 1° febbraio 1924, una donna a dir poco eccezionale, Elda Simonett-Giovanoli. Maestra elementare, diplomata a Firenze nel 1942, l’anno successivo tornerà in Svizzera ove eserciterà la professione d’insegnante a Bivio, nel Canton dei Grigioni. Bivio, così chiamata perché alla biforcazione delle strade che portano rispettivamente al Passo del Giulio e del Settimo era, fino al 2005, una comunità italofona, fu fondata infatti da bregagliotti e si trova al di là dello spartiacque alpino. Da qualche anno non è più comune autonomo, ora fa parte del comune di Surses ed era l’unico comune svizzero italofono a nord delle Alpi. Il 16 dicembre 2005 il comune decise di adoperare solo la lingua tedesca negli atti ufficiali. Contro questa decisione si batté con tutta l’anima la coraggoosa maestra, che nel 1978 era stata insignita dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana, così come verrà insignita di una grande onorificenza grigionese per lo stesso motivo, ossia la difesa dell’italianità culturale della sua terra. Molto belli i suoi numerosi libri sulla storia e il folclore di Bivio e commoventi le sue memorie, pubblicate a Milano nel 2012. Morì a Bivio il 20 febbraio 2018 e nella chiesetta protestante tenne un’orazione funebre uno degli alunni che più aveva amato, ricambiata dello stesso affetto: padre Mauro Joehri, divenuto Generale dei Capuccini. Egli la commemorò assieme al pastore riformato Peter Wydler: un bell’esempio di ecumenismo pratico, un altro piccolo/grande miracolo compiuto dalla combattiva maestra.

Di fronte a Bondo troviamo, abbarbicato sulla montagna, Soglio (1090 m, 167 ab.) che ha conservato un antico centro medievale e vi si possono ammirare parecchi antichi palazzi, tra cui il Palazzo Salis, oggi adibito ad albergo. Il suo dialetto, ci informa una ricerca condotta da un’équipe di linguisti italo-elvetica, è l’unico della Valle (ed uno dei pochi dell’intera area linguistica italica ove si parlano dialetti gallo-italici o retormanzi) a presentare consonanti geminate, fenomeno più tipico dei dialetti dell’Italia centro-meridionale. Nella chiesa di San Lorenzo fu parroco il già ricordato Scartazzini, da cui sarebbe stato allontanato perché non era certo il tipo che le mandava a dire, né ai fedeli, né ai confratelli, né ai superiori. Mi sono fatto l’idea, interessandomi alla sua biografia, che sia stato una sorta di Don Camillo protestante…

Torniamo a fondovalle, tocchiamo Promontogno, attuale sede del Comune di Bregaglia e arriviamo a Stampa (994 m, 595 ab.). Nel villaggio vi è il più importante museo della Valle, la Ciasa Granda, costruzione del 1581. Vi sono condensate storia, cultura, costumi, arte, flora, fauna e geologia della valle. La biglietteria funge anche da libreria e sono in vendita numerosi libri di argomento bregagliotto. Mi permetto di consigliare la preziosa antologia, curata da Klaus Reinhardt, Leggere la Bregaglia, (pp. 240), edita dalla locale Fondazione Centro Giacometti, prezioso spaccato di storia non solo letteraria della Bregaglia.

Stampa e il limitrofo Borgonovo sono la culla della famiglia di artisti Giacometti: il pittore Giovanni (1868 – 1933), grande amico di Segantini, i suoi figli Alberto (1901 – 1966), pittore e scultore e Diego (1902 – 1985), scultore e designer, mente Augusto (1877 – 1947), cugino di Giovanni, sarà pittore d’avanguardia e protagonista, tra l’altro, della mitica epopea del caffè Giubbe Rosse prima della Grande Guerra.

Poco distante Palazzo Castelmur, invero piuttosto kitsch, sede dell’archivio storico bregagliotto, costruito da Giovanni Castelmur. Vi è una mostra permanente dedicata ad un aspetto particolare dell’emigrazione grigionese (non solo bregagliotta): quella che portava i Grigionesi a girare per l’Europa ad aprire pasticcerie, alcune delle quali destinate a diventare famose. Anche a Roma, ove erano chiamati dal volgo “i Griggi”. L’ultimo bellunese ad essere eletto Papa prima di Albino Luciani (Giovanni Paolo I), fu Mauro Cappellari (Gregorio XVI), eletto nel 1831. Si è già detto di dialetti bellunesi che assomigliano al ladino, allora la vicinanza era ancora più marcata e la plebe romana, nulla sapendo delle sue origini, dopo averlo sentito parlare andava dicendo che avevano fatto Papa un Griggio

Più avanti Vicosoprano (1067 m, 445 ab.), l’antica capitale delle Bregaglia. Anch’essa è ricca di antichi palazzi e da visitare è il Pretorio antica sede del tribunale, ove venivano processate le streghe. Di qui era Giovanni Andrea Maurizio (1815 – 1885), glottologo e landamano (una carica simile a quella del nostro Prefetto, anche se il sistema amministrativo svizzero, di tipo federale, non è perfettamente sovrapponibile al nostro), colui che pubblicò a Bergamo nel 1875 il dramma nazionale bregagliotto, La Stria, ossia i stingual da l’amur (La strega, ossia gli scherzi dell’amore), opera poi ristampata altre volte. Con molte libertà cronologiche, il dramma illustra l’arrivo della Riforma in Valle e rappresenta tutti i dialetti bregagliotti dell’epoca. Credo sia stato il primo a concepire un’opera letteraria nel dialetto della Bregaglia.

Casaccia (1458 m, 68 ab.), si trova ai piedi delle strade che portano al Maloggia e al Passo del Settimo. La frazione è entrata nella storia perché nel marzo del 1799 le truppe del generale francese Massena sconfissero gli austriaci. Durante e dopo la battaglia i soldati pensarono bene di alleggerire gli abitanti dei numerosi problemi derivanti dalla cura e dalla gestione dei beni materiali, non solo di quelli superflui.

Arriviamo infine a Maloja (310 ab.), che i bregagliotti, parlando italiano, si ostinano a chiamare col toponimo originario di Maloggia, e all’ omonimo passo, sito a 1815 m e donde inizia l’Engadina. Tutto il passo, che è un confine geognostico della nostra penisola, fa parte della Bregaglia, anche una parte al di là dello spartiacque con la minuscola quanto deliziosa frazione di Isola.

A Maloggia, ove la scuola è bilingue (da altoatesino la invidio, sono decenni che ci battiamo per una scuola bilingue e non siamo mai riusciti ad ottenerla!) visse Segantini, qui è stato sepolto e vi sono ancora molti suoi ricordi. Il lago che incontriamo, in parte nel comune di Bregaglia con la già ricordata frazione di Isola, è il lago di Sils (Segl in romancio, Seglio in italiano, toponimo ormai desueto anche se ancora attestato agli inizi del XIX secolo) e poco distante vi è Sils Maria, ove visse e scrisse alcune delle sue opere maggiori colui che, filosofeggiando col martello, mise in crisi molte delle cosiddette certezze dell’ottimismo progressista ottocentesco: Federico Nietzsche. La sua casa è adibita a museo. Mi reco a portare omaggio ad uno dei miei filosofi preferiti e, perdonate la fin troppo facile rima, con questo omaggio termino il mio viaggio.

ACHILLE RAGAZZONI